Il messaggio di papa Benedetto XVI per la 45ª Giornata mondiale della pace, che sarà celebrata il prossimo 1° gennaio, è un atto di amore e di fiducia verso i giovani, verso il loro diritto e la loro capacità di costruire un mondo più giusto.
rn“Educare i giovani alla giustizia e alla pace” è il tema e la missione che il papa propone ai responsabili dell’educazione, dal nucleo primario della famiglia, ai rappresentanti delle istituzioni, ai mass media.

Un messaggio che risuona ancor più forte nell’attuale fase di incertezze economiche e sociali che, proprio per questo, rendono maggiormente necessaria l’individuazione di un percorso da seguire per giungere a quella pace che, ricorda il papa, “non è la semplice assenza di guerra e non può ridursi ad assicurare l’equilibrio delle forze contrastanti”.
Una pace che non è una firma su un trattato bensì una lezione sui valori della vita che deve essere trasmessa alle nuove generazioni, basata sui principi di giustizia, compassione, solidarietà, perseguimento del bene comune.
È decisamente significativo, anche sul piano sociale, che il papa dedichi in questo preciso momento storico parole di incoraggiamento per riconquistare una fiducia sul domani che sembra disperdersi giorno dopo giorno.
“È vero – scrive Benedetto XVI – che nell’anno che termina è cresciuto il senso di frustrazione per la crisi che sta assillando la società, il mondo del lavoro e l’economia; una crisi le cui radici sono anzitutto culturali e antropologiche. Sembra quasi che una coltre di oscurità sia scesa sul nostro tempo e non permetta di vedere con chiarezza la luce del giorno”.
Una china che è possibile risalire scommettendo proprio sui giovani, non solo come atto dovuto di amore ma anche come futura guida di un mondo in affanno e minato da gravi disuguaglianze sociali.
Per questo il papa manifesta, ancora una volta, l’affetto e la vicinanza della Chiesa verso i giovani, riconoscendo anche che “essi, con il loro entusiasmo e la loro spinta ideale, possono offrire una nuova speranza”.
Ma è anche evidente che sensibilità e passione meritano e necessitano di una adeguata educazione – intesa come una “formazione integrale della persona, inclusa la dimensione morale e spirituale dell’essere” – che non richiede tanto “dispensatori di regole e di informazioni” quanto “autentici testimoni” che sappiano vivere in prima persona, con coerenza e coraggio, quanto propongono.
Ad essere chiamati in causa sono quindi i genitori, considerando che la famiglia “è la prima scuola dove si viene educati alla giustizia e alla pace”.
Ci sono poi i responsabili delle istituzioni perché “veglino con grande senso di responsabilità affinché la dignità di ogni persona sia rispettata e valorizzata in ogni circostanza”.
I responsabili politici, esortati a sostenere concretamente le famiglia e le istituzioni educative perché possano portare a compimento le loro funzioni.
Infine il mondo dei media che hanno ormai assunto un ruolo non solo informativo ma anche formativo, con un evidente e delicato surplus in termini di responsabilità educativa e sociale.
Ma anche “i giovani – scrive il papa – devono avere il coraggio di vivere prima di tutto essi stessi ciò che chiedono a coloro che li circondano. È una grande responsabilità quella che li riguarda: abbiano la forza di fare un uso buono e consapevole della libertà. Anch’essi sono responsabili della propria educazione e formazione alla giustizia e alla pace”.
Ecco dunque, in questa ricerca di pace, la centralità della scalata verso la verità, la libertà e la giustizia.
Il primo passo sta nella verità e nella consapevolezza che l’uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio per cui la vita di ognuno è un dono che “conduce a scoprire la propria dignità profonda e l’inviolabilità di ogni persona”.
In questa relazione con Dio – sottolinea il pontefice – si può comprendere il senso della propria libertà che “non è l’assenza di vincoli o il dominio del libero arbitrio, non è l’assolutismo dell’io”. Dito puntato dunque contro il relativismo che “non riconoscendo nulla come definitivo, lascia come ultima misura solo il proprio io con le sue voglie, e sotto l’apparenza della libertà diventa per ciascuno una prigione, perché separa l’uno dall’altro, riducendo ciascuno a ritrovarsi chiuso dentro il proprio io”.
Papa Benedetto dice chiaramente come “il retto uso della libertà è centrale nella promozione della giustizia e della pace, che richiedono il rispetto per se stessi e per l’altro, anche se lontano dal proprio modo di essere e di vivere”. Tradotto nella ordinaria convivenza ciò significa fiducia, dialogo, perdono, carità, compassione e disponibilità al sacrificio.
Da qui il passo verso la giustizia è breve in quanto è “la visione integrale dell’uomo che permette di non cadere in una concezione contrattualistica della giustizia e di aprire anche per essa l’orizzonte della solidarietà e dell’amore”.
Dunque un invito ad adoperarsi in prima persona per costruirla questa pace, ad “essere attivi all’interno della comunità e vigili nel destare le coscienze sulle questioni nazionali ed internazionali e sull’importanza di ricercare adeguate modalità di ridistribuzione della ricchezza, di promozione della crescita, di cooperazione allo sviluppo e di risoluzione dei conflitti”. Perché – sottolinea il papa – “la pace per tutti nasce dalla giustizia di ciascuno e nessuno può eludere questo impegno essenziale di promuovere la giustizia, secondo le proprie competenze e responsabilità”.
E, in conclusione del messaggio, ancora un appello ai giovani per restituire loro quel coraggio e quella fiducia spesso soffocati nei problemi contingenti: “siate coscienti di essere voi stessi di esempio e di stimolo per gli adulti, e lo sarete quanto più vi sforzate di superare le ingiustizie e la corruzione, quanto più desiderate un futuro migliore e vi impegnate a costruirlo. Siate consapevoli delle vostre potenzialità e non chiudetevi mai in voi stessi, ma sappiate lavorare per un futuro più luminoso per tutti”.
 

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