Le nuove parole d’ordine sono quelle lanciate dallo scienziato inglese David MacKay : numeri e leggi di natura, non chiacchiere. Parole subito adottate ed opportunamente interpretate dai nostri "nuclearisti". Non possiamo che accettare l’invito del collega e fargli notare che se partiamo da un modello di consumo fisso, come quello attuale, basato sui bisogni dell’europeo o dell’americano medio, e confrontiamo ogni singola fonte rinnovabile con le esigenze richieste, è difficile non bocciarle tutte per sposare la causa del nucleare. E’, come dire, un matrimonio forzato.
Il problema vero è che con i numeri si può fare tutto ed il contrario di tutto se non ci si mette d’accordo su quale scenario li stiamo valutando. L’energia, come espressione globale dello stile di vita di una società, mal si presta ad essere "calcolata" senza essere prima valutata in termini strategici. Questo significa diverse cose. Innanzitutto decidere che direzione dare alla ricerca: in questi ultimi anni le rinnovabili hanno conosciuto successi scientifici e miglioramenti tecnologici significativi. Vorrei ricordare qui l’attività in ISEM e del polo fotovoltaico siciliano sui nuovi pannelli a polimeri fotovoltaici, anche di origine organica, strutture a film economiche e facilmente adattabili, la cui efficienza è aumentata regolarmente e che sono in grado di abbattere sensibilmente il prezzo del silicio. E non bisogna dimenticare che il grafene, materiale costituito da strati monoatomici di carbonio, è già passato dalle celebrazioni Nobel del 2010 ad una serie di straordinari prototipi per lo sviluppo di nuovi pannelli ad altissima efficienza.
Una caratteristica delle rinnovabili è il ciclo di sviluppo estremamente rapido dalla teoria alle applicazioni. Altro fattore strategico richiesto dalle rinnovabili sono i modelli di diversificazione ed integrazione. Il mito della fonte unica va abbandonato a favore dell’idea che ogni tipo d’energia ha una sua "vocazione", territoriale e d’uso. Del resto ogni forma di energia può essere scambiata. Ecco che entra in gioco il concetto fondamentale di rete ed il ruolo del legislatore. In Germania esistono intere comunità che producono energia e vendono l’eccedenza al sistema nazionale, da noi il produttore fai-dai-da-te è abbandonato ad uno stato di semiclandestinità in assenza di regolamenti.
Infine, c’è il risparmio. Che non significa "privazione" ma razionalizzazione di un sistema integrato di consumi. Lo stesso MacKay è stato chiamato a far parte della commissione che deve guidare il Regno Unito verso una nuova politica energetica da qui al 2050 ed ha messo l’accento sugli sprechi del sistema dei trasporti e del riscaldamento.
Ancora una volta, questo significa ripensare politicamente e culturalmente questi sistemi. Curiosamente, invece, si magnificano "generazioni" teoriche di centrali nucleari senza preoccuparsi di fare due conti spiccioli su quali tempi, costi ed impatti abbia realmente una politica nucleare .Possibilmente seria.
Se lo si facesse, sarebbe facile rendersi conto-di possibilità inesplorate. Permettetemi di parlare della mia terra,la Sicilia. Ancora una volta sembra essere il precipitato dell’intera situazione nazionale. Che si tratti di ospitare siti nucleari o di investire in energie alternative, pare che non si riesca a sfuggire alla colonizzazione forzata nel primo caso o al malaffare fra amministratori locali ed aziende di vecchi pannelli al silicio; senza contare la lunga mano delle “economie anomale” sull’eolico. Ma bisogna chiedersi se l’energia, come la politica, è soltanto un business che debba vivere di passività “gattopardiane” o la ricerca collettiva mirata ad identificare ed attivare risorse nuove. Facendo davvero quei due famosi calcoli “oggettivi”, ci si renderebbe conto che la Sicilia non ha nessuna delle caratteristiche virtuose per il nucleare- rischio sismico, reti orografiche, densità di popolazione- ma è un formidabile laboratorio naturale per le energie rinnovabili: sole, vento, mare e calore della terra non sono soltanto vivaci colori camilleriani.
Perché, alla fine dei “conti“, l’energia è soprattutto una scelta culturale. E una sfida politica.