Parlare di San Francesco in poche righe è impresa impossibile. Possiamo tuttavia tentare di delineare alcuni tratti, che ci sembrano salienti per la riflessione della Chiesa.
Francesco è stata una persona che si è nutrita di Dio. L’esperienza mistica di Francesco risulta dai suoi scritti pienamente trinitaria. In lui è prepotente l’attrazione verso il Padre, il Dio creatore oltre il creato. Ma Dio Padre, comprende Francesco, è arrivabile e conoscibile solo attraverso le missioni del Figlio e dello Spirito.
Il suo atteggiamento spirituale verso Dio è stato sempre orientato dall’adorazione e dalla lode in una espressione che esalta il timore di Dio, il sentirsi di fronte a Lui come nulla e che costituisce il primo passo per ciascun uomo verso la vera conversione.
Una via privilegiata per tentare di capire Francesco ed il suo messaggio passa attraverso la lettura meditata della sua regola che sin dalla prima lettura, risulta immediatamente estendibile a tutti i cristiani e non solo ai frati.
La Regola prevede, nel primo capitolo della versione senza Bolla, una vita in obbedienza, castità e senza proprietà.
In particolare l’obbedienza, definita come “vera e Santa obbedienza del Signore nostro Gesù Cristo”, si traduce nel fatto che “nessun frate faccia del male a un altro o lo calunni; anzi siano ben volentieri servi uno dell’altro mediante la carità dello Spirito e vicendevolmente si obbediscano”. La castità è fondamentale e la sua perdita, a seguito della fornicazione, implica che al frate gli “sia tolto l’abito [..] e lo abbandoni del tutto e sia assolutamente espulso dall’Ordine. E poi faccia penitenza dei suoi peccati”. L’abbandono del bene mondano per i frati implica una vita in povertà, nel senso che il sostentamento dei frati deve venire dal lavoro, purché onesto, senza possibilità di detenere proprietà o amministrare denaro e, “se sarà necessario” i frati si sosterranno con l’elemosina, in un rifiuto totale del reddito e del denaro. Questo perché la vita di Cristo, e quindi quella di Francesco, ha i suoi punti di riferimento non nel mondo, nei suoi valori e nei suoi beni, ma in Dio e nell’eterno. In analogia alla vita di Cristo, la condizione di Francesco è equiparata a quella di “persone di poco conto, i poveri, i deboli, gli ammalati, i lebbrosi, i mendicanti della strada. [..] L’elemosina è guadagnata per noi dal Signore nostro Gesù Cristo”. La povertà è richiesta all’interno di un discorso spirituale, dal quale risulta evidente che causa del vivere del frate con Cristo e nel seguire Cristo non è la povertà ma Dio stesso, ed in particolare l’incarnazione del Verbo ed il crocifisso.
In una vita in cui digiuno e preghiera costituiscono due orientamenti caratterizzanti, insieme all’ortodossia, ossia alla richiesta per i frati e ministri di rispettare la fede e la morale, la predicazione riveste il ruolo di attività fondamentale prevista dalla Regola per evangelizzare il popolo cristiano e anche gli infedeli. La predicazione deve essere svolta portando con sé “nulla per il viaggio, né sacco né bisaccia né pane né denari né bastone. E in ogni casa nella quale entreranno, dicano innanzitutto: Pace a questa casa. E rimano in questa casa mangiando e bevendo quello che loro hanno”.
Affrontare il mondo per la predicazione espone l’umo ad un duplice pericolo: il mondo e Satana. Il nemico che può colpire il corpo non è temile come Satana che “vuole strapparci l’amore di Gesù Cristo”. Per questo è necessario prestare estrema attenzione alla “malizia” ed alla “sagacia di Satana” che “desidera annientare il cuore dell’uomo prendendo il posto di Dio”. Il rimedio è l’Amore divino. Amare i nemici e “pregare sempre”, cioè lasciarci così penetrare dalla vita divina per adorare il Padre “in Spirito di Verità”, ossia con la mediazione dello Spirito divino e nella realtà del Verbo, che è Verità.
Amante di Dio e amato da Dio, Francesco ha voluto portare al fratello l’Amore gratuito di Dio per il tramite della predicazione svolta non solo con le parole, ma attraverso una concreta e costante vicinanza all’uomo, specialmente ai più bisognosi, a quei malati del corpo e dello spirito ai quali, in via prioritaria, si è rivolta la predicazione di Cristo.
Nelle due dimensioni della povertà, fisica e spirituale, Francesco si è dedicato in maniera forte ai bisogni dei degli ultimi, dei diseredati. Il rispetto e l’amore per l’uomo, come per tutto il creato, è stato assoluto. Si narra che durante una quaresima, in un tempo di duro digiuno, un suo frate non resistendo, sia scappato per andare a mangiare. Francesco, saputolo, gli è corso dietro per condividere il pasto con lui, non volendo che in quella sua debolezza il frate si sentisse solo, reietto della comunità. I sacrifici non sono mai fini a se stessi e non avvicinano a Dio se allontanano dall’uomo. E’ atto di carità e attenzione rimanere vicino al fratello bisognoso e sofferente.
Il Papa, la cui azione probabilmente coniugherà l’attenzione ai poveri ed ai bisognosi, sulle orme del poverello di Assisi, con la grande cultura volta a favorire l’evangelizzazione, come fece Francesco Saverio, instancabile missionario gesuita, tenuto anch’egli ai voti di povertà, castità e obbedienza, cosa intende comunicare alla Chiesa, cioè a tutti i fedeli? Il richiamo a Francesco riguarda solo il Santo Padre oppure interessa tutta la Chiesa?
Appare indubbio che il messaggio sia rivolto ad ogni credente, specialmente ai più disorientati.
Sull’esempio della vita e della Regola di Francesco, la prima riflessione attiene a chi sia Dio e che posto occupi nella vita. Siamo invitati a riconoscerlo come Padre misericordioso, come Agnello che si immola per l’uomo e come Spirito di Verità. Siamo invitati a riconoscerlo come Signore del tutto che ha donato tutto se stesso senza pretendere nulla.
Da questa risposta, se coerente con quella di Francesco, segue che nella vita non possiamo più prostrarci ad altre divinità. La vita dunque non può intendersi come scambio, mera compravendita di tutto ciò che di più sacro possediamo purché soggetto a valutazione monetaria o, in generale, ad interesse economico.
La Chiesa è chiamata ad una povertà ricca, ad abbandonare il superfluo che spesso non solo non aggiunge nulla ma sottrae qualcosa all’uomo, la su dignità, accumulando il vero Tesoro che dona reale ricchezza: Cristo il cui Volto è costantemente rivolto all’uomo. Al povero e al sofferente, specialmente in questo tempo di crisi spirituale ed economica, deve essere rivolto lo sguardo del credente, trasfigurazione dello sguardo di Cristo. Uno sguardo fattivo che conduca all’azione, secondo i carismi personali.
E’ richiesto alla Chiesa di rimettere al centro del suo agire l’uomo, rendendo consapevoli anche i non credenti dell’amore instancabile ed inesauribile di Dio.
Gli altri elementi delle regola sono importanti per entrare in rapporto con Dio e con gli altri, sfuggendo alle insidie del mondo e dell’accusatore. La Preghiera. Il Digiuno. L’Obbedienza. La Castità. L’Ortodossia.
Concludo, come richiesto da Papa Francesco, invocando la benedizione di Dio su di lui e su tutta la Chiesa richiamando un atto di fede di San Francesco (Regola NB, 23,17).
“Dappertutto, in ogni luogo, in ogni ora, in ogni tempo, ogni giorno e ininterrottamente, noi tutti crediamo in verità e in umiltà e custodiamo tutti nel nostro cuore, e amiamo, onoriamo, adoriamo, serviamo, lodiamo e benediciamo, glorifichiamo e sovraesaltiamo, magnifichiamo e ringraziamo l’altissimo e sommo Dio eterno, la Trinità, l’Unità, il padre, il Figlio, e lo Spirito Santo, creatore salvatore di tutti coloro che in lui credono e sperano e lui amano, che è senza inizio e senza fine, immutabile, invisibile, inenarrabile, ineffabile, incomprensibile, inaccessibile, benedetto, laudabile, glorioso, sovresaltato, sublime eccelso, soave, amabile e piacevole, e compiutamente sopra ogni cosa desiderabile nei secoli. Amen”.