Si è concluso con un incontro non programmato ma atteso il viaggio di papa Benedetto XVI in America Latina: il faccia a faccia con Fidel Castro, il lider maximo protagonista della rivoluzione cubana e simbolo di un marxismo che ha fatto di questa isola una roccaforte ideologica. Quattordici anni fa il viaggio del predecessore Giovanni Paolo II che incontrava per la seconda volta Castro, dopo la visita in Vaticano di due anni prima. L’arrivo del papa polacco assunse un grande valore storico, brandendo per la prima volta i simboli e i messaggi del cattolicesimo nelle piazze di uno stato in cui era stato imposto l’ateismo e bandita ogni forma di professione religiosa.

Una prima, modesta ma significativa, spallata all’arroganza dittatoriale che si proiettava persino sulle scelte spirituali del suo popolo. Non che il lider maximo, che nell’occasione aveva riposto la divisa militare sfoggiando giacca e cravatta, abbia poi dato una repentina svolta al Paese, illuminato da quella presenza. In questi quattordici anni ci sono state ancora persecuzioni contro gli oppositori del regime tanto che lo stesso Benedetto XVI ha consegnato a Raul Castro, succeduto al fratello, un elenco di nomi di detenuti politici, dando così un chiaro segnale della premura della Santa Sede riguardo al tema dei diritti umani.
Il viaggio di papa Benedetto riservava per questo molte aspettative, anche sul piano politico. In fin dei conti il ruolo del pontefice ha in sé questa duplice valenza: da una parte la componente spirituale e dall’altra quella politica. Proprio per questo si sono scatenati, in questi giorni, anche i commentatori esperti in materia internazionale, talvolta criticando il papa per il mancato incontro con i dissidenti o per non aver dato un segnale più forte contro il regime.
Niente di più affrettato. Benedetto XVI è il papa dall’immagine fragile che mostra però tutta la sua forza nel senso più profondo delle parole.
Non ci si doveva attendere alcun duello o braccio di ferro sul piano politico, papa Ratzinger privilegia la strada della Verità.
Appena giunto a Leon in Messico, prima tappa del viaggio, in occasione del bicentenario dell’indipendenza di molte terre latinoamericane, papa Benedetto aveva dato il senso del suo viaggio: un pellegrinaggio della fede, della speranza e della carità.
Una definizione che, giorno dopo giorno, mostrerà tutte le sue implicazioni anche di natura politica. Non a caso papa Benedetto ha fatto ripetutamente riferimento al concetto di dignità di ogni persona, sottolineando come "questa dignità si manifesta in modo eminente nel diritto fondamentale alla libertà religiosa, nel suo genuino significato e nella sua piena integrità". Numerosi i risvolti legati ai problemi dei Paesi visitati di cui il papa ha parlato anche nel consueto incontro in volo con i giornalisti: il dramma del narcotraffico che negli ultimi cinque anni ha causato cinquantamila morti, l’ideologia marxista non più rispondente alla realtà, la secolarizzazione che porta ad un progressivo allontanamento da Dio e poi il tema della morale pubblica che di certo non rappresenta esclusivamente un problema latinoamericano.
Benedetto XVI ha rimarcato la necessità di "educare non solo a una morale individuale ma ad una morale pubblica, e questo cerchiamo di farlo con la Dottrina sociale della Chiesa perché, naturalmente, questa morale pubblica deve essere una morale ragionevole, condivisa e condivisibile anche da non credenti, una morale della ragione".
Il papa ripeterà anche nella cerimonia di congedo dal Messico che "la Chiesa esorta tutti i suoi fedeli ad essere anche buoni cittadini, coscienti della loro responsabilità di preoccuparsi per il bene degli altri, di tutti, sia nella sfera personale sia nei diversi settori della società".
Una compartecipazione al bene comune che i cattolici si vedono preclusa a Cuba e per questo il papa, nel corso dell’omelia nella celebre piazza della Rivoluzione a L’Avana, si è rivolto alle autorità presenti (immancabile Raul Castro) perché i credenti siano messi nella condizione di offrire "un contributo all’edificazione della società" in quanto "il vero progresso necessita di un’etica che collochi al centro la persona umana e tenga conto delle sue esigenze più autentiche, in modo speciale della sua dimensione spirituale e religiosa". Non un privilegio, come ha voluto sottolineare il papa, ma l’abc della democrazia. Ed ecco i riferimenti più espliciti alla necessità di una transizione morbida dal regime a un assetto pienamente democratico: "sono convinto che Cuba sta guardando già al domani e per questo si sforza di rinnovare e ampliare i suoi orizzonti", la stigmatizzazione di quanti "si rinchiudono nella loro verità e cercano di imporla agli altri", la coltivazione di un patrimonio etico "che può avvicinare tutte le culture, i popoli e le religioni, le autorità e i cittadini, e i cittadini tra loro, e i credenti in Cristo con coloro che non credono in Lui".
Ancora una volta papa Ratzinger ha ribadito il dualismo fede e ragione, "necessarie e complementari nella ricerca della verità. Dio ha creato l’uomo con un’innata vocazione alla verità e per questo lo ha dotato di ragione. Certamente non è l’irrazionalità, ma l’ansia della verità, quello che promuove la fede cristiana".
Due le parole non pronunciate espressamente dal papa: l’embargo, da cinquant’anni imposto dagli Stati Uniti, e i dissidenti perseguitati dal regime. Benedetto XVI non ha chiamato per nome questi due drammi del popolo cubano ma i riferimenti sono stati molto evidenti. "Misure economiche restrittive imposte dal di fuori del Paese pesano negativamente sulla popolazione" ha ricordato nella cerimonia di commiato da Cuba e nell’omelia a L’Avana, "ho pregato la Vergine Santissima anche per le necessità di coloro che soffrono, di coloro che sono privi di libertà, lontani dalle persone care o vivono grandi momenti di difficoltà".
Per il resto, il papa della Parola e della Verità, ha affidato le sue intenzioni alla Madonna del Cobre, molto venerata dai cubani, la cui statuetta lignea fu trovata nel 1606 da alcuni pescatori.
Prima della partenza, come detto, l’incontro di mezz’ora in Nunziatura con Fidel Castro che ha voluto incontrare il papa. Un dialogo tra due ottantacinquenni, tra chi la Verità l’ha trovata e chi continua a cercarla, illuminato dai bagliori degli studi in un collegio gesuita. C’è chi si aspettava, come in un coup de theatre, una plateale conversione. Ma la fede è anche un percorso a tappe. Solo il tempo saprà dire se la soddisfazione espressa per la beatificazione di Madre Teresa di Calcutta e di Giovanni Paolo II, l’interesse per il papa e per le novità nella liturgia hanno un richiamo che va più nel profondo. Di sicuro c’è il fatto che papa Benedetto consiglierà al suo coetaneo rivoluzionario letture sulla fede.

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