Il messaggio di papa Benedetto XVI per la 46ª Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, che si terrà il 20 maggio, ha un’attualità tale da superare l’ambiente ecclesiale per entrare direttamente nelle dinamiche della moderna comunicazione interpersonale. In un’epoca caratterizzata dalla velocità, dalla valanga di informazioni che ci investono ogni giorno, dalla crescente virtualità dei rapporti, il tema scelto dal papa dimostra la grande attenzione all’odierno contesto sociale.

“Silenzio e parola: cammino di evangelizzazione” è il titolo del messaggio reso pubblico, come da tradizione, il 24 gennaio nella memoria liturgica di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, illustrato da monsignor Claudio Maria Celli, presidente del Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali.
L’attenzione di Benedetto XVI va a posarsi su quel vero e proprio "ecosistema" che deve saper "equilibrare silenzio, parola, immagini e suoni".
Un equilibrio che può rappresentare la solida base per tessere e alimentare proficui rapporti interpersonali, la contemplazione e la ricerca della verità.
Il messaggio arriva dritto al cuore dell’attuale sistema comunicativo, offrendo una chiave di lettura – e magari un antidoto – utile a riflettere e ad arginare i frequenti sconfinamenti della marea di informazioni nella nostra sfera personale.
“Silenzio e parola" ci richiama a una seria valutazione sull’attuale saturazione comunicativa, sul "brusio dell’insignificante" con cui il sociologo americano Todd Gitlin ha efficacemente descritto tutti quegli stimoli che arrivano a lambire in ogni istante la nostra vita. Anche perché uno dei problemi dell’oggi è, paradossalmente, quella infinita quantità di notizie che ci raggiungono indipendentemente dalla nostra volontà: "spesso l’uomo contemporaneo – scrive il papa – è bombardato da risposte a quesiti che egli non si è mai posto e a bisogni che non avverte".
Ecco dunque l’importanza del silenzio "per favorire il necessario discernimento tra i tanti stimoli e le tante risposte che riceviamo" e, ancor prima, per ascoltare e conoscere noi stessi, i nostri interlocutori e aprire un dialogo con Dio.
Mentre tutti viviamo una vita reale affiancata e spesso succube di quella virtuale, mentre aumentano i casi di dipendenza dalle nuove tecnologie che fanno "vittime" soprattutto tra i giovani, il papa lancia un invito a riappropriarsi dei propri spazi, in primis del silenzio e della parola. Proprio silenzio e parola che sembrerebbero divenuti semplici accessori della comunicazione moderna: il primo bandito dalle nostre giornate e persino temuto, la seconda moltiplicata a dismisura proprio per scongiurare quei momenti di vuoto comunicativo in cui si rimane soli con se stessi.
Ma cosa sono il silenzio e la parola?
"Il silenzio è parte integrante della comunicazione e senza di esso non esistono parole dense di contenuto – scrive papa Benedetto -. Nel silenzio ascoltiamo e conosciamo meglio noi stessi, nasce e si approfondisce il pensiero, comprendiamo con maggiore chiarezza ciò che desideriamo dire o ciò che ci attendiamo dall’altro, scegliamo come esprimerci".
Non solo, "tacendo si permette all’altra persona di parlare, di esprimere se stessa, e a noi di non rimanere legati, senza un opportuno confronto, soltanto alle nostre parole e alle nostre idee". Un passaggio da manuale di comunicazione, e prima ancora di rispetto, da diffondere nei tanti talk show televisivi dove si assiste a una continua prevaricazione di voci, slogan e offese dietro alle quali si cela spesso la carenza di pensieri e di idee. Dunque il silenzio come strumento "essenziale per discernere ciò che è importante da ciò che è inutile o accessorio".
È anche vero che le nuove tecnologie forniscono risposte alle tante domande di ognuno, da qui l’importanza di "siti, applicazioni e reti sociali che possono aiutare l’uomo di oggi a vivere momenti di riflessione e di autentica domanda".
Un passaggio che riconosce l’importanza dei nuovi spazi di socializzazione, come del resto Benedetto XVI aveva fatto nel messaggio dell’anno scorso, dedicato interamente alla comunicazione digitale e ai social network. Nel nuovo messaggio il papa si sofferma anche sulla tipologia di linguaggio propria di questi strumenti e appare chiaro il riferimento a Twitter quando scrive che "nella essenzialità di brevi messaggi, spesso non più lunghi di un versetto biblico, si possono esprimere pensieri profondi se ciascuno non trascura di coltivare la propria interiorità".
Un presupposto questo che non è negoziabile e che va preservato dall’intensità e velocità degli attuali flussi comunicativi. Per conservare quella capacità critica e quel desiderio di equilibrio tra silenzio e parola, tenendo presente che "educarsi alla comunicazione vuol dire imparare ad ascoltare, a contemplare, oltre che a parlare".
Significa tornare a "navigare" tra le parole e i silenzi, per ristabilire un proficuo dialogo con se stessi e con gli altri. "Quando parola e silenzio si escludono a vicenda, la comunicazione si deteriora, o perché provoca un certo stordimento, o perché al contrario, crea un clima di freddezza".
Il nuovo messaggio del papa allunga dunque il passo rispetto all’attuale modus communicandi, non limitandosi a individuare potenzialità e limiti dei nuovi media ma invitando a quella riscoperta e valorizzazione della propria interiorità spesso sommersa da un eccesso di comunicazione.

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