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Una tesi di laurea di un giovane studente dell’Università di Roma Tre che ha preso in esame l’impatto mediatico di Benedetto XVI ha messo in evidenza che le prime pagine dei quotidiani  sono dedicate al papa in modo più intenso e continuativo quando fa discorsi "politicamente scorretti". Il primato spetta al discorso di  Ratisbona (con ben 8 giorni consecutivi di prime pagine).

Seguono a  ruota il ritiro della scomunica ai vescovi lefevriani e la battuta sui preservativi che non sono la panacea per combattere l’AIDS in Africa. Come si comporterà la stampa in occasione del viaggio in Terra Santa? Per ora aspetta la gaffe o la battuta politicamente scorretta. Che per il momento  non è arrivata. L’ufficio stampa vaticano è diventato più scaltro. Ma quello che va detto con chiarezza è che papa Ratzinger va prima di tutto ascoltato per quello che dice e che pensa, poi va  capito per essere interpretato. E chi non lo capisce o si basa sui vecchi stereotipi del papa conservatore o peggio "oscurantista" si priva della possibilità di cogliere il carattere sapienziale dei suoi messaggi.

Il viaggio in Terra Santa non è un "viaggio politico". E chi cerca di cogliere messaggi politici resterà deluso. Dopo quello del 1964 di Paolo VI (per il quale Il Corriere scomodò come editorialista Montale) e quello del 2000 di Giovanni Paolo II, questo viaggio si pone nella dimensione, non facilmente accessibile a chi si affida alle letture supeficiali, della profezia.

"Verrò tra voi come pellegrino di pace. Il mio primo desiderio è di visitare i luoghi resi santi dalla vita di Gesù e pregare per il dono della pace e dell’unita’ per le vostre famiglie e per tutti coloro per i quali la Terra Santa e il Medio Oriente sono la propria casa" ha detto il papa prima di partire.

E’ atterrato a Amman l’8 maggio ha ribadito: "La libertà religiosa è certamente un diritto umano fondamentale ed è mia fervida speranza e preghiera che il rispetto per i diritti inalienabili e la dignità di ogni uomo e di ogni donna giunga ad essere sempre più affermato e difeso non solo in Medio Oriente ma in ogni parte del mondo" giungendo a chiedere (smentendo i cultori dello scontro di civiltà) "una alleanza di civiltà tra il mondo occidentale e quello musulmano".

E la risposta del sovrano di Giordania Abdallah II si muove nella stessa linea: "Dobbiamo offrire il nostro aiuto per allontanare le ombre del conflitto attraverso accordi negoziali che soddisfino il diritto dei palestinesi alla libertà e a una nazione e il diritto degli israeliani alla sicurezza".

Ma il viaggio del papa sarà lungo. Ben 8 giorni tra Giordania e Israele per visitare il Monte Nebo, (dove Mosè che non entrò nella terra promessa guidò il suo popolo per gettare lo sguardo sulla Terra Santa), Betania, dove Battista predicò e rese testimonianza a Gesù, Gerusalemme, Betlemme,
Nazareth.

La segreteria di Stato ha assicurato che tutti i discorsi del papa, memori delle esperienze del passato "sono stati calibrati alla lettera".
Ma questa saggia prudenza diplomatica non impedirà a qualcuno (è una facile previsione) di strumentalizzare a fini politici un viaggio che ha solo scopi spirituali.

È bene saperlo e restare vigili e capaci di discernimento. Gerusalemme, come ha scritto il card. Ravasi commentando il viaggio del papa, è la "sposa contesa", la città citata 656 volte nella Bibbia,
sognata dal profeta Sofonia verso la fine del VII secolo a.C. come il luogo escatologico in cui "tutti i popoli invocheranno con labbro puro il nome del Signore e lo serviranno tutti spalla a spalla".

Allora guardiamo con trepidazione con l’animo di colombe a questo viaggio di pace.

Ma stiamo all’erta, con l’astuzia di serpenti per cogliere le interpretazioni mediatiche distorte  di questo viaggio benedetto. Preghiamo  col Salmo 122, con la passione della storia e lo sguardo al
nostro destino eterno " Chiedete pace per Gerusalemme…sia pace sulle tue mura…per i miei fratelli e i miei amici io dirò: su di te sia pace".

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