Si celebra la Madre del Signore che , completato il corso della sua vita terrena, è assunta anima e corpo nella gloria celeste. Una verità di fede che dopo un percorso secolare (risale al VII secolo e alla volontà dell’imperatore bizantino Maurizio la celebrazione della Dormizione della Vergine, che già anticipava il carattere straordinario e misterioso della conclusione della vicenda terrena di Maria, celebrazione estesa all’Occidente dal papa Sergio I nello stesso secolo), approda alla formulazione dogmatica nell’Anno Santo 1950, con papa Pio XII. Un filo teologico corre tra il dogma che quasi un secolo prima sanciva l’Immacolata Concezione e quello dell’Assunzione. Entrambi collocano Maria in una sfera di pienezza della redenzione che dalla singolare grazia della preservazione dal peccato giunge al parallelo trionfo sulla morte.
Morte e peccato, i due nemici del genere umano, sono sconfitti dalla Madre di Gesù in intima unione con il Figlio. La nuova Eva accompagna il nuovo Adamo nell’anticipazione della salvezza escatologica. L’ assunzione è la glorificazione del corpo di Maria, del “luogo” in cui umano e divino si sono incontrati nell’evento inimmaginabile dell’ Incarnazione.
La partecipazione del corpo alla vita celeste (Assunzione) unisce la vittoria sul peccato (Immacolata Concezione) alla vittoria sulla morte e fa di Maria l’unica creatura che vive la pienezza escatologica della redenzione.
Nel tempo del Ferragosto si fronteggiano così il vuoto e il pieno, il tempo vuoto delle vacanze ( vacare è in latino il verbo del vuoto) e quella sorta di Capodanno agricolo che ritma i lavori nelle campagne, da un lato, e la grazia che investe il corpo di Maria e lo riempie dello Spirito della vita , dall’altra.
La Festa di Maria Assunta nel cuore dell’estate ci ricorda che siamo fatti per la vita e non per la morte. Ce lo ricorda la più straordinaria donna della storia, che è storia di salvezza nella quale il suo “fiat”ha avuto un ruolo decisivo. Il tempo della storia perciò non è mai un tempo vuoto, anche quando i riti del calendario mimano la “morte” delle stagioni, delle nostre opere e dei nostri giorni.
Per questo non abbiamo bisogno dell’euforia del Ferragosto che esorcizza la paura del vuoto, ma possiamo sulla sequela di Maria Assunta pregustare la gioia promessa dalla pienezza della redenzione. Di ciascun uomo, di tutto l’uomo.