Come sarebbe stato oggi il mondo senza i 27 anni di Pontificato di Giovanni Paolo II, il Grande?

rnPer chi crede che la storia la conduca la Provvidenza ma anche per chi non lo crede, Giovanni Paolo II ha modificato il corso degli eventi storici.

Chi avrebbe scommesso nel 1978, in piena guerra fredda, che con l’elezione del papa polacco, il Comunismo sarebbe crollato in modo incruento? Chi nel 1978 avrebbe scommesso che il processo di secolarizzazione sarebbe stato arginato e che il ruolo pubblico dei cattolici avrebbe ricevuto nuovo vigore? Chi avrebbe immaginato che il papa venuto dall’Est avrebbe unificato profondamente un mondo allora profondamente diviso.
 
Ho ancora negli occhi le immagini della grande emozione che la morte di Giovanni Paolo II ha suscitato nel mondo, delle file interminabili di chi voleva rendergli omaggio, dei tantissimi giovani che avevano trovato in lui un padre autentico, dei numerosissimi capi di Stato che con la loro presenza in occasione dei funerali rendevano evidente il ruolo del primo papa globale. Senza dubbio il crollo dell’impero sovietico e’ da addebitare a una complessa molteplicità di fattori. Ma è la prima volta che una dittatura crolla senza generare un bagno di sangue. E il grande papa seppe frenare a Nova Huta i suoi amati operai di Solidarnosc proprio per evitare ogni bagno di sangue. Ma la sapiente tessitura di libertà condotta senza sosta nei primi 10 anni di Pontificato hanno dato un contributo decisivo al crollo
del muro di Berlino. E come non vedere che il germe di libertà che ha reso possibile questo autentico miracolo storico sta nelle essenziali parole del suo primo discorso programmatico: “Spalancate le porte a Cristo”. E Cristo ha portato con se l’ansia di libertà, l’anelito alla giustizia sociale, la salvaguardia del creato, lo spirito di pace. La più grande sconfitta per questo papa è stata a mio parere la guerra in Irak. E solo ora qualcuno comincia a dare ragione alle profezie di Giovanni Paolo (dopo che il numero di morti americani ha superato quota 4.000 mentre le vittime civili irakene di attentati terroristici continuano a crescere a dismisura).
Eppure vedere Clinton, Bush padre e Bush figlio rendere omaggio alla salma del grande papa ha pur voluto significare qualcosa. Ed è tutto merito di Giovanni Paolo II e della sua caparbia ostilità alla guerra se questo inutile conflitto non è stato interpretato e vissuto come una crociata contro l’Islam. E come dimenticare lo spirito di Assisi e il dialogo tra le religioni?
Come non ricordare che l’acuto teologo francese Chenu, proprio nel 1978 aveva cantato il “de profundis” alla Dottrina Sociale della Chiesa” (considerata una inservibile ideologia della terza via tra capitalismo e comunismo) e che proprio Giovanni Paolo II, ha rilanciato e rinnovato prima a Puebla di fronte all’episcopato latino-americano e poi con ben tre encicliche sociali (Laborem Exercens, Sollicitudo rei socialis, Centesimus Annus)?
Senza dubbio dietro questo ciclone mediatico vi erano qualità soprannaturali e una grande sensibilità mistica. Il papa polacco era un uomo di preghiera e un uomo di misericordia.
Giovanni Paolo II è stato uno dei papi più amati e che più ha saputo dialogare coi giovani. Ma è stato anche il papa della vita e della questione antropolgica. Fu lui ha denuciare, proprio nella enclica sulla vita, la Evangelium vitae, il totalitarismo subdolo che nasce quando la democrazia si sposa col relativismo. Giovanni Paolo II ha lasciato un grande vuoto nei nostri cuori e nelle nostre menti.
Ma ha lasciato anche un mondo meno diviso e più sensibile ai richiami forti alla pace, alla giustizia sociale, al dialogo tra le religioni, alla salvaguardia del creato. E ha lasciato una Chiesa meno ripiegato su se stessa, meno rinunciataria, meno arrendevole nei confronti della secolarizzazione, meno disposta a scomparire dalla scena pubblica. Anzi ha fatto della Chiesa la protagonista della scena pubblica quando sono in gioco i grandi valori dell’uomo. Più dell’ONU questo straordinario uomo di Dio ha saputo con la sua stessa persona, coi suoi gesti, con la sua sofferenza e con la sua agonia dire al mondo che c’è una unica famiglia umana di fratelli. E che togliere Dio dal mondo significa calpestare la dignità umana.
Ora che sono passati alcuni anni, possiamo dire serenamente che il vuoto è stato colmato dalla Spirito Santo che (caso abbastanza singolare) ha voluto evitare ogni “rupture” e ci ha donato un successore in perfetta continuità con Giovanni Paolo II.
Se il papa polacco aveva esordito dicendo “Spalancate le porte a Cristo”, il suo successore ci ha ricordato “Non abbiate paura”.
Se il papa polacco ci ha insegnato a difendere la dignità della persona dagli attacchi del relativismo e in nome della “ecologia umana”, Benedetto XVI ha preso saldamente in mano il testimone e non ha avuto peli sulla lingua denunciando con vigore la “dittatura del relativismo”. Ma dovremmo tornare sulle encicliche sociali e sul pensiero di questo papa di cui talora abbiamo saputo apprezzare più il vigore comunicativo e i gesti che il pensiero. Ecco, tornare a riflettere sul magistero di Giovanni Paolo II, sulle sue intuizioni profetiche, sulla sua antropologia, sulla sua spiritualità e sui suoi messaggi profondi è un modo per rendergli omaggio, nella ricorrenza del 2 aprile ma anche per rendere feconda la sua straordinaria eredità.
 
 
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