In soldoni, mentre l’anno scorso, seppur con risultati inadeguati (anno della nomina della nuova responsabile del Dipartimento per la Cooperazione allo Sviluppo- ndr), c’erano stati segnali di rilancio della cooperazione italiana, le ultime scelte dell’attuale esecutivo in materia economica "destano grande preoccupazione" (testuale dal rapporto – ndr).
Continua a diminuire la percentuale di aiuti destinati all’Africa sub-sahariana, che dal 2005 ha perso progressivamente peso fino al minimo del 18 per cento dell’assistenza bilaterale 2008, contro una media europea del 34 per cento. La risposta alle emergenze umanitarie, come ampiamente pronosticato dagli operatori del settore al palesarsi della crisi economica internazionale,
è inadeguata.
Di fatto, anche i tagli previsti dalla Finanziaria non fanno pensare a un miglioramento per il futuro: sul rapporto si legge "a meno di un ripensamento, la riduzione programmata delle risorse porterà all’ulteriore ridimensionamento della politica pubblica di cooperazione allo sviluppo, trasformandola in un elemento residuale".
E’ ormai arcinoto a tutti gli operatori del settore che al Ministero degli Affari Esteri verrà tagliato il 56 per cento dei fondi per la cooperazione, pari a 400 milioni di euro: "si toccano dunque i livelli minimi dal 1997 e per la prima volta il ministero disporrà meno risorse finanziarie per la cooperazione di quelle che da sole raccolgono le Ong". In tal senso, la manovra potrebbe assestare un colpo fatale agli aiuti ai Paesi in via di sviluppo, e non servirebbe a risanare il bilancio nazionale, visto che la cooperazione gestita dagli Esteri incide sulle spese dello Stato per lo 0,09 per cento.
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L’Italia raggiunge così il livello di Paesi come l’Irlanda, Lettonia ed Estonia, e il taglio è in realtà troppo esiguo per essere giustificato da risparmi di spesa nazionale e dunque si configura più come una scelta precisa di politica economica dell’attuale Esecutivo. Consideriamo anche che quello precedente aveva però assunto diversi impegni in sede internazionale mai mantenuti, come quello di approvare un decreto legge che autorizzasse lo stanziamento di 2,6 miliardi di euro sui quali l’Italia si era già impegnata entro l’anno 2010 con banche e fondi di sviluppo internazionale.
E’ utile, a questo punto, introdurre il concetto che la cooperazione allo sviluppo sia uno strumento indispensabile per incidere sull’equilibrio mondiale, strategico, soprattutto in un momento di forte richiesta di sicurezza interna.
E’ certamente riconosciuto da quasi tutti gli attori presenti nel settore che sotto la direzione della dott.ssa Belloni, la Direzione generale alla cooperazione ha rafforzato il suo attivismo, soprattutto relativamente all’efficacia degli aiuti stanziati, attivismo che da solo non può evidentemente bastare in assenza di fondi.
Appare utile una proposta di razionalizzazione della molteplicità degli attori, degli strumenti e degli obiettivi esistenti, al fine di rafforzare l’efficacia delle poche risorse disponibili. Da tempo, infatti, viene auspicata una riforma che determini un coordinamento nazionale di queste molteplicità per poterle mettere a sistema, la quale chiarisca, inoltre, il ruolo dello Stato nell’ampia galassia della cooperazione.
In ultimo, appare singolare che proprio nell’anno di Presidenza italiana del G8, il nostro Paese non rispetti gli impegni presi proprio in sede UE e nei precedenti G8 in materia di aiuti e cooperazione, quali la campagna per la remissione del debito dei Paesi del cosiddetto terzo mondo, della rete di Ong "Link 2007" o la campagna "Crea un Clima di Giustizia", di recente proposta. Prova ne sono i recenti dati che vedono gli Stati Uniti, il Giappone ed il Canada che vanno verso, o addirittura superano, i loro impegni. Purtroppo la Francia e l’Italia non stanno facendo altrettanto. Apparentemente, rappresentano l’80% del deficit dei sussidi promessi. In particolare, gli sforzi dell’Italia sono descritti da Bob Geldof come “un guaio assoluto”.