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Nell’epoca dei media il vecchio adagio pirandelliano del “così è se vi pare” va riadattato. Gli avvenimenti esistono soltanto se vengono raccontati e il loro peso ed importanza dipende dall’attenzione che ad essi dedicano televisioni e carta stampata.

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Un delitto estivo per elementi oggettivi di mistero e per l’incontro con i gusti dei lettori può diventare un tormentone. Un delitto altrettanto efferato può essere trascurato e sparisce dalle cronache.

Il dramma dello tsunami per alcune sue caratteristiche (l’onda anomala, l’aver colpito luoghi simbolo delle nostre vacanze) raccoglie una quantità di aiuti quattro volte superiore alle valutazioni dei danni effettuate dalle organizzazioni internazionali, mentre il successivo dramma del terremoto nel Kashmir, con un maggior numero di morti, non smuove quasi nessuno.
Figlia dello stesso atteggiamento è la scarsa rilevanza data in questi giorni alla grave alluvione dei Carpazi che ha provocato 22 morti tra Ucraina e Romania.
Agenzie stampa risicate, poche immagini e scarso rilievo sulla stampa. Niente a che vedere con il rilevo dato ad un evento simile di qualche estate fa in Germania. Molto più importanti le diete (riuscite o meno) e gli stati di salute veri o desunti dalle ultime foto scattate a divi e divetti del mondo dello spettacolo. Così gli italiani sotto il loro ombrellone possono stare tranquilli: il monitoraggio sui loro personaggi preferiti continua assiduamente e non ci sono confusioni tra i buoni (che restano buoni) e i cattivi (che restano cattivi).
Tra i paesi meno amati dagli italiani ci sono sicuramente Romania ed Ucraina.
Sugli stranieri, che stanno diventando la spina dorsale del nostro paese in tanti mestieri da noi disprezzati e che pagano un costo sociale altissimo con l’emigrazione che spesso rischia di distruggere le loro famiglie anche se migliora la loro situazione economica, concentriamo tutti i nostri rancori per aver subito la rivoluzione della globalizzazione senza averla ancora capita e senza aver ancora organizzato una risposta in grado di ridarci fiducia nel futuro.
Verifichiamo personalmente che la domestica o badante, nostra o di nostri familiari è una bravissima persona ma leggiamo sulla stampa che i “romeni” e gli “ucraini” sono dei poco di buono. Forse c’è qualcosa che non quadra…
E la stampa asseconda questo desiderio di trovare capri espiatori con risultati talvolta comici. Qualche giorno fa è uscita su tutti i giornali la notizia che è stata comminata la prima multa per fumo all’aperto in un parco giochi a seguito dell’entrata in vigore dell’apposita regolamentazione. Il titolo di un primario quotidiano italiano recitava pressappoco così “prima multa per fumo all’aperto. E’ un rumeno”.
Nessuno avrebbe mai scritto un titolo del genere si fosse trattato di un calabrese o di un altoatesino… Nei paesi anglosassoni, dopo una storia di integrazione dolorosa ma molto più lunga e arrivata ad uno stadio di maturità, nessuno si sognerebbe di fare dei titoli così politically incorrect anche se probabilmente questo era quello che accadeva agli italoamericani all’inizio del ventesimo secolo.
L’impegno lodevole di molte associazioni italiane ed europee che lavorano sul campo in questi paesi (numerosissime quelle italiane di matrice ecclesiale) per risanare assieme alla popolazione locale pezzi di tessuto sociale distrutto impegnandosi per il riscatto dei minori abbandonati o per lenire l’impatto sociale delle migrazioni nei paesi di origine non esiste. Le persone di fiducia che vivono nelle nostre case non esistono. I morti e i calamitati per l’alluvione nei Carpazi non esistono (chissà qualcuno potrebbe commuoversi per un rumeno facendo saltare i clichè popolari e confondendo i lettori). Però il primo che ha violato il divieto di fumo nei parchi è un rumeno.
Invece di rinfocolare la paura dello straniero cominciamo a costruire una cultura della tolleranza e della convivenza. In questo i media hanno un ruolo cruciale e possono e devono fare la loro parte.
 
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