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La diffusione dei dati dell’ultimo rapporto Pisa-OCSE ha suscitato reazioni di sorpresa, di indignazione, e di allarme, in quanto ha fatto emergere l’immagine di un’Italia sempre più ignorante e involuta.

Questi rapporti Pisa (Programme for International Student Assessment) sono indagini molto serie, promosse dalla Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, al fine di accertare le competenze degli studenti quindicenni nelle diverse discipline. Nel 2000 si verificarono le competenze nella lettura, nel 2003 in matematica, nel 2006 nelle scienze, e nel 2009 si tornerà alla lettura.
 
Leggendo l’ultimo Rapporto, un voluminoso elenco di tabelle, grafici, e numeri vari, lungo ben 465 pagine, salgono alla mente due ordini di considerazioni. Le prime concernono lo stato della scuola in Italia, mentre le seconde toccano più in generale le concezioni filosofiche e pedagogiche, del tutto insufficienti, che animano questo tipo di indagine statistica.
 
Sul primo livello c’è poco da dire. L’Italia risulta una frana. Sui 29 paesi dell’Ocse, ai quali vanno aggiunti 12 paesi esterni, risultiamo al 33° posto nella lettura, al 36° nella cultura scientifica, e al 38° in matematica. Precipitiamo anche rispetto all’indagine del 2003, nella quale avevamo guadagnato almeno il 27° gradino in scienze. Se il punteggio medio degli studenti dei paesi dell’Ocse è 500, in Italia risulta 475, con punte negative di 432 nelle Isole. Il 62% dei nostri quindicenni non sa perché sulla terra c’è il giorno e la notte, non conosce cioè il movimento di rotazione della terra intorno al proprio asse, a Sud questa ignoranza tocca 7 ragazzi su 10, e nei licei 6 su 10.
 
Le cause sono certamente molteplici. Ma anche nella scuola italiana saltano agli occhi sprechi e assurdità di ogni tipo. Nei 13 anni di formazione scolastica spendiamo mediamente 100 mila dollari per alunno a fronte di una media europea di 77 mila. Abbiamo una media di 18 alunni per classe contro una media Ocse di 21,5. 11 alunni per insegnante contro una media Ocse di 13,3. Però abbiamo solo 33 settimane e 674 ore di lezioni contro le 37 settimane e le 1019 ore di lezioni nell’Unione Europea.
I nostri professori sono tra i peggio pagati e tra i più vecchi: ci sono solo 2 docenti di matematica sotto i 31 anni, e la media è di 50 anni. E siamo infine al penultimo posto per numero di laureati: l’11% , mentre il Giappone arriva addirittura al 37%.
E non dovremmo parlare di declino dell’Italia? E come dovremmo definire questo collasso dell’intelligenza fin dalla più giovane età?
 
Ma devo dire che secondo me il problema è molto più profondo e radicale. Questo tipo di scuola, che misura la sua funzionalità con i test e il problem solving, mi sembra interamente inadeguata e sostanzialmente una delle cause del degrado culturale e della depressione psicologica che tocca tutto il pianeta, al di là delle differenze di percentuali sulle specifiche competenze. I ragazzi viaggiano ormai in dimensioni abissalmente lontane dalla scuola. Per riappassionarli veramente alla cultura avremmo bisogno innanzitutto di una cultura che possa appassionare. E invece domina ancora una cultura nichilistico-tecnica, fatta appunto di grafici e di tabelle, e un sapere umanistico senza nessuna visione, stantio, morto.
 
Internet sta diventando per milioni di ragazzi un surrogato della cultura viva e una simulazione dei rapporti umani. La pedagogia, e quindi la scuola, non può che riprodurre l’antropologia che ogni società esprime. E noi edifichiamo scuole, più o meno efficienti, che educano uomini e donne squilibrati, scissi, pronti ad essere utilizzati come rotelline nel grande meccano del mercato globale, ma incapaci di esprimere i propri sentimenti e di sognare un’azione politica in grado di rovesciare un mondo che li soffoca.

rnNon basteranno i 5 milioni di Euro, stanziati dal ministro Fioroni, per rinnovare la scuola. Attendiamo che irrompa e contribuiamo a preparare una grande rivoluzione culturale.

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