Papa Francesco nell’enciclica Laudato si’ ha rivolto un invito a ripensare i fondamenti del modello di economia di mercato oggi dominante. Come ha scritto, a commento dell’enciclica, Stefano Zamagni: «C’è un mercato che riduce le diseguaglianze e uno che invece le fa lievitare. Il primo si chiama civile, perché dilata gli spazi della civitas mirando a includere virtualmente tutti; il secondo è il mercato incivile, perché tende a escludere e a rigenerare le “periferie esistenziali”».
Il problema oggi è che ormai diamo per scontato che sia il mercato incivile l’inevitabile forma dei rapporti economici e che il compito, soprattutto del mondo caritativo, sia quello di tamponare le ferite che l’economia produce. Da tempo e costituivamente il mondo cattolico si è impegnato nel scongiurare le conseguenze negative, ma anche nel rimuovere in radice le cause delle diseguaglianze: la sfida si fa sempre più complessa e globalizzata e, per questa ragione, abbiamo dato vita alla campagna “Chiudiamo la forbice”.
Siamo infatti convinti che in gioco non ci siano soltanto alcune misure economiche, ma il futuro dell’umanità: a soccombere di fronte all’attuale forma di mercato non sono solo gli scambi, ma la democrazia e la stessa sostenibilità del nostro vivere.
A testimoniarlo – da ultimo – sono i dati del recente rapporto Oxfam, pubblicato in prossimità del vertice mondiale di Davos. Nel rapporto si registra un aumento della disuguaglianza a livello mondiale che raggiunge un ormai insostenibile iniquità nella distribuzione dei redditi e della ricchezza a livello mondiale. Il sistema economico (e finanziario) – come ha messo in luce Giuseppe Notarstefano, Vicepresidente dell’Azione Cattolica – a livello mondiale si conferma come un dispositivo che favorisce inesorabilmente la concentrazione della ricchezza prodotta nelle mani di pochi: l’82% della ricchezza generata tra il 2016 e il 2017 è posseduto dall’1% dei percettori di reddito. Mentre il lavoro salariato incrementa il valore delle retribuzioni, ossia la remunerazione al fattore lavoro assegnata nella fase di distribuzione primaria del processo globale di formazione del reddito, del 2%, l’incremento della ricchezza finanziaria risulta almeno nove volte superiore.
Da questi dati muove la Campagna Chiudiamo la forbice: dallo stretto collegamento che rileviamo tra la situazione dell’economia globale e le implicazioni sulla vita delle persone, dei popoli e dell’ambiente. È stata, come detto, l’enciclica Laudato si’ che ha ispirato i primi passi del nostro lavoro comune, in particolare quell’idea di ecologia integrale che implica una visione unitaria dei problemi ecologici ed economici: «Non ci sono due crisi separate, una ambientale e un’altra sociale, bensì una sola e complessa crisi socio-ambientale» (Ls 139). È per questa ragione che il nostro cammino comune è cominciato simbolicamente nel giorno del terzo anniversario della pubblicazione della Laudato Si’, per indicare l’ispirazione e il traguardo: un mondo più giusto e solidale.
La campagna: chi, cosa, perché
La Campagna è nata nel 2018 dall’iniziativa di Azione Cattolica Italiana, ACLI, Caritas Italiana, CTG-Centro Turistico Giovanile, Coldiretti-Fondazione Campagna Amica, Comunità Papa Giovanni XXIII–Condivisione fra i popoli, Earth Day Italia, FOCSIV-Volontari nel Mondo, Fondazione Missio, MCL-Movimento Cristiano Lavoratori, Pax Christi Italia. Essa affondava le radici sulla precedente esperienza di “Cibo per tutti”, mobilitazione che aveva visto i soggetti promotori impegnati a dare concretezza ai temi di Expo 2015.
Di fronte all’ennesima mobilitazione è giusto chiedersi: perché un’iniziativa sulla diseguaglianza? Ha senso spendersi per questa causa?
Ad ispirarci ancora una volta sono state le parole di Francesco che in Evangelii Gaudium ha scritto: “l’iniquità è la radice dei mali sociali” (n. 202). Abbiamo deciso dunque di metterci insieme per raccogliere in un percorso comune questa sfida all’iniquità che genera ferite profonde, malcontento sociale, rabbia, paura e rassegnazione; sentimenti di chi è e si percepisce escluso e che, nonostante i propri sforzi, vede le proprie condizioni diventare sempre più fragili, vulnerabili, precarie.
L’amara presa d’atto che la diseguaglianza segna sempre più profondamente tutte le società del pianeta ci ha condotti a prendere sul serio il lavoro sulle cause strutturali di un sistema economico che uccide, esclude, scarta uomini, donne e bambini. Si tratta di un impegno che completa e supera quello sui soli temi della povertà e dell’esclusione sociale: significa infatti interrogarsi circa le cause e le conseguenze concrete dei meccanismi attraverso cui la povertà stessa si produce e si riproduce.
Abbiamo deciso di dotarci di strumenti operativi per creare questo network di riflessione e azione. Innanzitutto abbiamo stabilito un’ampia alleanza tra i soggetti promotori, aderenti e media partner; inoltre abbiamo realizzato un sito, un documento base, tre concorsi nazionali, materiali per approfondimenti… strumenti per azioni diffuse sui territori che hanno già contribuito all’impostazione della campagna che si caratterizza per un approccio partecipativo e inclusivo.
La campagna non vuole avere però solo un approccio di analisi o di denuncia, ma un approccio positivo, di proposta a partire dalle buone prassi, dalle esperienze concrete sui territori. Ecco perché al titolo “Chiudiamo la forbice” abbiamo aggiunto il sottotitolo “dalle diseguaglianze al bene comune perché siamo una sola famiglia umana”: guardare a tutta l’umanità a tutti gli uomini, nessuno escluso, vuole essere in qualche modo il tratto caratterizzante di questa campagna che nella sua costruzione ha avuto un percorso molto ampio di partecipazione dei territori, delle diocesi, delle realtà locali. La campagna è il tentativo di stabile un raccordo permanente tra la miriade di iniziative che ciascuna realtà realizza, ma che rimangono a volte isolate e non vengono fatte emergere e coordinate (… un’impresa non facile!). È il tentativo dunque di far emergere quel “bene comune” che il vero presidio contro le diseguaglianze.
Tre ambiti di impegno
Il tema della diseguaglianza verrà declinato in tre ambiti, campi di interazione in cui i fenomeni della diseguaglianza si manifestano in maniera significativa e pervasiva:
– l’ambito della produzione e del consumo del cibo, già oggetto della campagna “Cibo per tutti”;
– l’ambito della pace e dei conflitti, in particolare i molti conflitti dimenticati, che danno vita alla “terza guerra mondiale a pezzi”, più volte stigmatizzata dal pontefice;
– l’ambito della mobilità umana, oggetto di numerose campagne tra cui quella “Condividiamo il viaggio”, proposta a tutte le comunità per una cultura dell’incontro e della condivisione.
Tra questi, due sono stati oggetto di approfondimento nei primi mesi e si presentano all’ordine del giorno delle politiche nazionali e globali.
Il primo è quello delle migrazioni: la mobilità umana è la punta dell’iceberg di un sistema globale iniquo in termini di aggregazione sociale, di polarizzazione delle posizioni, di mancanza di capacità di un dialogo costruttivo su temi complessi. Come ha scritto Andrea Stocchiero nel nostro blog infatti, le disuguaglianze sono uno dei fattori fondamentali per spiegare le migrazioni. Le disparità di trattamento non possono essere riassunte solo in termini di differenze di reddito, ma di promozione e rispetto dei diritti umani, sociali, politici, come l’accesso alla salute, all’istruzione, alla sicurezza personale, alla libertà di esprimersi e di essere creativi, di partecipare alla vita politica. Insomma, rispetto a tutte quelle condizioni e opportunità di vita e lavoro dignitoso, di realizzazione personale, di prospettive per la famiglia, che sono drammaticamente assenti o molto limitate dove si è nati.
Quale può essere il nostro compito – oltre a proseguire le attività di accoglienza quotidiana – di fronte a questa enorme sfida?
Per rispondere alla domanda si può far riferimento alla paradigmatica vicenda del Global Compact che, strumentalizzato da parte di alcuni governi, è stato osteggiato con slogan semplicistici. Ci siamo impegnati a diffondere e a informare circa i principi, gli impegni e le azioni che il Global Compact chiede per la salvaguardia dei diritti dei migranti (ancorché insufficienti) e per il riconoscimento e il sostegno a una vita dignitosa per tutti i migranti, in qualsiasi Stato sia concesso ad essi di risiedere, a partire dai gruppi più vulnerabili, donne e bambini.
Un secondo ambito di impegno e proposta che in forma nuova incide sulle diseguaglianze è quello del debito. Il debito e l’instabilità finanziaria – come ha rilevato Massimo Pallottino – sono tra i fenomeni che condizionano in maniera più significativa la vita delle donne e degli uomini che abitano il nostro pianeta e, in particolare, quelli delle comunità più povere e vulnerabili.
Se la crisi del debito degli anni ’80 e ’90 si era abbattuta principalmente sui paesi del sud globale, la storia degli ultimi dieci anni ha reso evidente come non esistano zone franche. Non solo i paesi impoveriti del sud del mondo, ma anche i paesi ricchi e industrializzati del nord del mondo si trovano a fronteggiare fenomeni di indebitamento, sui quali è necessario riflettere a fondo, sia in merito al modo in cui questi fenomeni sono emersi, sia per quanto riguarda le loro conseguenze sull’economia, la politica, la società. La situazione del debito che sperimentiamo negli ultimi quindici anni ha però caratteristiche diverse e, per certi aspetti, ancora più preoccupanti rispetto alla crisi del debito che scosse le economie di tutto il pianeta a partire dagli anni ottanta. Nonostante però il chiaro impatto delle dinamiche finanziarie e del debito in termini distributivi, questa connessione è rimasta relativamente poco esplorata fino ad un tempo relativamente recente.
Quali sono infatti i meccanismi che collegano la stabilità finanziaria alla distribuzione del reddito, dei servizi, dell’accesso alle risorse? Esiste una relazione tra il debito e la diseguaglianza?
Sono queste le domande su cui stiamo lavorando poiché il debito non è una questione di tecnica, ma una questione di giustizia: il suo aumento in un contesto di finanza non regolata ha degli effetti nefasti su tutta la società e, soprattutto, sulle fasce più deboli della popolazione del pianeta.
Conclusione
La campagna sta per compiere un anno e già molte cose sono state fatte: dall’animazione del blog, alle iniziative locali e nazionali tra cui l’incontro di dicembre 2018 sul tema «Da Katowice 2018 (COP24) al Sinodo dell’Amazzonia 2019». È proprio il prossimo Sinodo che ci impegnerà nei mesi avvenire perché nella questione che sottende pone in evidenza tutti i temi che ci stanno a cuore: l’ambiente, le diseguaglianze, le migrazioni.
L’obiettivo che ci siamo posti con la campagna è alto e inedito; reso ancora più complesso dall’ambizione di non guardare ad un singolo aspetto della questione, ma dal tentativo di guardare alla complessità delle cause delle diseguaglianze. Non poteva che essere così visto che il nostro fondamento è prendere sul serio le sfide che Laudato si’ ci ha posto. Un’ “enciclica delle interdipendenze, della mondialità dove il tema sociale e il tema economico sono individuati come estremamente collegati fra loro”, come ha ricordato Paolo Beccegato segretario e vice direttore di Caritas italiana.
Vogliamo proseguire nel prossimo triennio sulla strada imboccata, esercitando il nostro “potere di influenza” per mobilitare le coscienze e le azioni di fronte ad un sistema economico che genera iniquità.
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