Secondo il comunicato della Corte cade il divieto di creare fino a tre embrioni. Inoltre, mentre prima la scelta del numero di embrioni da creare (comunque non superiore a tre) era legato a “quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto”, ora cade quest’ultima parte della norma e, dunque, il numero di embrioni da creare (anche superiore a tre) si legherà a ciò che è “strettamente necessario”. Viene da chiedersi che significato abbia l’espressione “strettamente necessario” se è disancorata dal fine dell’ “unico e contemporaneo impianto”. Si intende “necessario” rispetto al raggiungimento della gravidanza? Vuol dire che si potranno creare più di tre embrioni perché si immagina, nell’atto della loro produzione, che una volta deposti nella sede uterina non tutti si impianteranno e, quindi, è opportuno trasferirne più di tre?
Tutto questo ci riporta ad un altro problema legato al richiamo della Corte e relativo al rifiuto della donna motivato da “pregiudizio della salute”. In concreto, significa che in punto di partenza si potrebbe creare un certo numero di embrioni ritenuti dal medico “necessari” per ottenere la gravidanza in rapporto alle condizioni cliniche e di età della donna e, dunque, anche superiori a tre, ma poi, nella fase di trasferimento nella sede uterina doverne scartare alcuni per il rischio di compromettere la salute a causa di un’eventuale gravidanza plurigemellare.rn
Mi pare apparente la contraddizione tra l’ammettere che si possano creare più di tre embrioni e l’evidenza che con il trasferimento in utero di più di tre, potremmo arrivare a gravidanze quadrigemine sicuramente rischiose per la salute della donna.
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Il rischio di una deriva eugenetica risiede nella possibilità che si verifichi “una doppia fase valutativa”: una attinente alla fase della produzione degli embrioni e al numero astrattamente necessario per la gravidanza, e una attinente alla fase del trasferimento, dove la salvaguardia della salute della donna potrebbe consigliare di trasferire un numero di embrioni minore di quelli prodotti. Davanti a più di tre embrioni prodotti e la pericolosità di trasferirli tutti, si finirebbe per sceglierne alcuni, scartando gli altri. Gli embrioni scartati sarebbero presumibilmente crioconservati, come già avviene oggi per gli embrioni che non sono stati trasferiti “per causa di forza maggiore”. Si realizzerebbe proprio ciò che in principio si voleva evitare con il limite dei tre embrioni, che comunque avrebbero al massimo comportato gravidanze trigemine, che oggi si possono affrontare.
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Certamente il discorso cambierebbe se, ad una lettura diversa, l’eliminazione del tetto dei tre embrioni fosse un atto di fiducia nella scienza e si prevedessero in futuro, senza particolari rischi per la donna, anche gravidanze quadrigemine e oltre.
La decisione, in effetti, non tocca altre parti della legge che pur erano state impugnate, a cominciare dal divieto di “riduzione embrionaria di gravidanze plurime”. Dunque parrebbe corretto ritenere che già nella fase della scelta del numero di embrioni da produrre (apparentemente libero, secondo il comunicato della Corte) si soppesi tale decisione con il grado di pericolosità di gravidanze plurigemellari sulla salute della donna. Il che allora porterebbe a dire che in concreto, almeno fino a nuove certezze scientifiche, il numero limite di embrioni producibili in provetta sia ancora al massimo tre, in vista appunto di possibili gravidanze trigemine oggi affrontabili. Peraltro è auspicabile che, considerati i progressi delle tecniche in atto e dei lusinghieri risultati, gli embrioni prodotti siano uno o al massimo due.