‘All’improvviso si levò un grido dalla folla, e cento braccia si protesero ad indicare il mare. Con un sussulto vidi che uno dei pescatori si era arrampicato sul petto del gigante e si sbracciava a chiamare. Un fremito di sorpresa e di trionfo percorse la folla, che si precipitò come una valanga’. Lo scrittore di fantascienza James Ballard inizia così la descrizione dell’ evento inusitato dello spiaggiamento di un gigante, nel suo racconto ‘Il gigante annegato’ (The Drowned Giant).

All’eccitazione ed allo stupore della gente comune che assiste al fatto, segue l’intervento degli scienziati della vicina università, esperti di anatomia e di biologia marina a cui tocca il compito di svelare l’enigma della strana creatura. Costoro esaminano l’enorme corpo, facendosi tra loro cenni d’assenso come se si trovassero di fronte ad un oggetto banale, completamente all’interno della loro dottrina scientifica, poi ritornano ai loro consueti affari accademici. Questo è il segnale che dà il via alla dissacrazione, l’enorme corpo del gigante smette di emanare meraviglia e stupore, di interrogare l’animo dei presenti, e viene smembrato per essere destinato agli usi più vari, dalla produzione di fertilizzanti alla costruzione di decorazioni dalle sue enormi costole.rn

L’uso sistematico della scienza per l’affermazione della bruttezza nel mondo, con la conseguente desacralizzazione dei luoghi che vengono valutati solo per l’utile immediato negandone l’unicità e la meraviglia, è il peccato capitale della modernità da cui discendono tutti gli esiti disumanizzanti che purtroppo ben conosciamo, dal crimine generalizzato, alle droghe, alla tristezza devastante degli uomini, alla loro abulia. Ma quale scienza si è prestata a questo uso ignobile ? Non certo la scienza di Galileo, di Mendeleeev, di Heisenberg, di Einstein, di Fermi (si legga ad esempio un meraviglioso inno alla bellezza del cielo stellato dello scienziato italiano riportato nel sito del DISF) e delle migliaia e migliaia di scienziati creativi che si sono succeduti nei secoli. Questa scienza ha sempre coltivato come valore supremo, e riconosciuto come principale fonte di innovazione, proprio lo stupore nei confronti del mondo, il senso di meraviglia mai sopito, anche per quegli eventi che la gente normale dà per scontati. Personalmente quasi tutti gli scienziati che conosco (e ne conosco tanti) appartengono a questo tipo di persone aperte alla meraviglia, anzi desiderose di stupore. Esiste però una caricatura accademica dello scienziato, che purtroppo infesta le nostre Università ed ha occupato proditoriamente il ruolo dello ‘scienziato parametro’ nel teatrino mediatico che, sorrisetto scettico a mezza bocca, ha come scopo quello di convincere il prossimo a rassegnarsi al lutto ineluttabile della perdita di ogni possibilità di stupore e che tutte le cose fondamentali sono già state scoperte e che quindi ogni cosa è ipso facto catalogabile nel già noto.

Mi è capitato di incontrare qualche esecutore testamentario della scienza di questo genere e ne ho ricevuto una raggelante sensazione di disagio, la vasta letteratura pseudo-scientifica che via via ci aggiorna sul gene che spiega la bontà, sul vantaggio evolutivo di essere miliardari o sull’area del cervello preposta alla religiosità, di solito proviene da questi tipi di scienziati terrorizzati intimamente dall’ignoto che vengono chiamati ad esaminare il gigante spiaggiato (in alcuni casi meno luciferini invece quelle amenità sono scritte da simpatici furbacchioni in cerca di finanziamenti facili..).

E’ facile comprendere come il pensiero scientifico sia avvelenato da questi scienziati che trovano banale un gigante su una spiaggia e di come lo stupore e le domande senza risposta, che il mondo intorno a noi invariabilmente ci suscita, per il carattere stesso della nostra natura umana, vengano in questo modo malamente distorte. Così è esperienza comune che persone in grado di usare prodotti tecnologici che incorporano al loro interno una scienza avanzatissima, consultino maghi e astrologi per alleviare le loro ansie. E già perché la fede, l’altra grande apertura verso il mistero è sorella della scienza creativa, in quanto come lei implica una dichiarazione di umiltà e di apertura alla meraviglia, al sentirsi creature con gli occhi sgranati sull’ignoto, laddove la pseudoscienza arrogante e la magia fondano la loro falsa sicurezza sulla volontà di potenza e l’illusione del dominio assoluto. 

Sempre nel bellissimo libro del mio amico Antonio Scacco ‘La fantascienza umanistica’ Bari, 2002, da cui ho tratto il riferimento al racconto del gigante, trovo:

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Fatima, 13 Ottobre 1917, appena Lucia disse ‘Chiudete gli ombrelli’ la pioggia cessa immediatamente, le nubi si squarciano e appare il disco solare che gira vorticosamente su sé stesso, simile ad una ruota di fuoco, proiettando in ogni direzione fasci di luce gialla, verde, rossa, azzurra, viola [ ]. Un grido unico, immenso, erompe da ogni petto; esso traduce il terrore e la meraviglia di tutti.

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La descrizione di un cronista dell’epoca di un evento che coinvolse circa sessantamila persone, credenti, non credenti, intellettuali e contadini analfabeti ci riporta alla necessità di conservare uno sguardo aperto sul mondo, sulla realtà del mistero (che non può essere confinato nel carcere dei racconti di Harry Potter ma che esiste qui nel nostro mondo) che accomuna il grande scienziato e la pastorella portoghese, ma lascia fuori i superbi.

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