“Quando le donne si sono impegnate nelle battaglie le vittorie sono state vittorie per tutta la società. La politica che vede le donne in prima linea è politica d’inclusione, di rispetto delle diversità, di pace”.
“La presenza femminile in politica, nei posti cosiddetti ‘di potere’, non serve, soltanto alle donne, ma serve a migliorare la qualità della società. Per tutti” (Tina Anselmi).
Ho scelto di iniziare il mio editoriale con queste bellissime parole di Tina Anselmi che ci lasciato poco più di 2 anni fa, all’età di 89 anni. Come molti ricordano nel 1976 diventa la prima donna ministro in Italia, assumendo il dicastero del Lavoro nel terzo governo Andreotti. Per due volte è ministro della Sanità ed è protagonista della riforma che introduce il Servizio Sanitario Nazionale; a lei si deve la legge sulle pari opportunità.
La storia di Tina Anselmi è la storia di una donna animata da una grande passione civile, coraggiosa ed integra. Una donna che può essere ancora un importante punto di riferimento per le Acli e per chi si impegna in ambito sociale e politico.
In questo senso è significativo che lo scorso 1 febbraio, presso il Senato della Repubblica, il Coordinamento donne delle Acli nazionali abbia organizzato un convegno dal titolo: “Le prime donne della Repubblica. L’esperienza delle costituenti parla al presente “. Una scelta che segnala la volontà di fare memoria del ruolo che alcune donne hanno avuto nella storia della nostra Repubblica.
In origine le donne in Parlamento erano 21 su un totale di 556 deputati. Ma grazie alla presenza e all’attività delle donne elette nel 1946 all’Assemblea Costituente, le cittadine italiane escono dalla minorità civile e politica ed si vedono riconosciuti importanti diritti.
L’attività delle costituenti è decisiva per fare della Carta costituzionale lo strumento di parità tra i sessi e di garanzia di emancipazione per le donne italiane. Pur provenendo da culture politiche diverse, queste donne mostrano una forte consapevolezza del proprio ruolo nelle istituzioni e si considerarono rappresentanti di tutte le donne italiane, condividendo lo scopo di promuovere l’uguaglianza delle donne di fronte alla legge, nel lavoro e nella società.
La loro intesa consente di gettare le basi per compiere progressi indispensabili a vantaggio di tutto l’universo femminile. Quell’esperienza di volontà politica comune parla al nostro presente, chiedendo di essere rinnovata in vista di una nuova stagione di protagonismo femminile.
Queste considerazioni ci aiutano a comprendere l’urgenza e la necessità di un lavoro intelligente e tenace teso a promuovere e tutelare le donna nella società promuovendo condizioni che rendano effettivo il diritto al lavoro e la pari dignità sociale senza distinzioni di sesso, dando in questo modo attuazione a quanto previsto dagli articoli 4 e 3 della Costituzione.
E’ proprio sul diritto al lavoro, sulla necessità che vengano date parti opportunità e adeguata dignità sociale alle donne che lavorano, vogliamo incentrare questo nostro focus. Non ci interessa solo fotografare la situazione attuale, i ritardi e le discriminazioni che ancora oggi le donne subiscono in ambito lavorativo, ma anche e soprattutto segnalare la necessità di agire, di un potare avanti una battaglia culturale anche in ambito lavorativo.
Nel documento del Coordinamento donne delle Acli nazionali che accompagna la ricorrenza dell’8 marzo, giornata internazionale della donna, si afferma significativamente: “Nella realtà dei fatti, la transizione delle donne verso il mondo del lavoro continua a rappresentare una criticità, cui si aggiungono le condizioni di lavoro, solitamente sfavorevoli all’universo femminile, specie se oltre al genere si unisce la generazione. Sono, infatti, le giovani donne il gruppo sociale a sperimentare in assoluto le peggiori condizioni. Non solo le giovani affollano le schiere dei disoccupati e, ancor più, degli scoraggiati nella ricerca di lavoro, ma anche la qualità della loro occupazione è scarsa: è di ‘corto respiro’, temporanea e precaria, e definisce un rapporto più fragile e discontinuo con il lavoro da parte delle donne. (…) Tutto ciò mostra non solo che la battaglia verso la parità di opportunità nel mercato del lavoro non è ancora finita e che la strada da percorrere sembra essere molto lunga. Evidenzia anche la necessità di andare oltre il mero dato quantitativo osservando dall’interno quanto avviene per le donne nel mondo del lavoro”.
In questa prospettiva abbiamo chiesto a numerose esperte, di ragionare attorno ad alcune questioni: Come mutano le condizioni di lavoro per le donne nel nuovo scenario di Industria 4.0? Quali sono i limiti e le potenzialità del nuovo contesto? Si stanno producendo trasformazioni favorevoli al lavoro delle donne, o il quadro resta il medesimo conosciuto finora? Quali sono gli svantaggi che l’universo femminile sconta nel mondo del lavoro e quali nuove attenzioni nei loro confronti possono scorgersi? Quali politiche di welfare, fiscali e del lavoro possono finalmente rendere esigibile alle donne (ma anche agli uomini) il diritto a conciliare i tempi di vita e di lavoro? Quale apporto può dare il lavoro femminile ad un sviluppo equo e sostenibile del nostro Paese?
Iniziamo con Agnese Ranghelli (Responsabile nazionale del Coordinamento Donne delle ACLI) che osserva come “l’assenza di lavoro rappresenta di per sé un problema, non solo perché nega sostentamento e autonomia, ma anche perché non consente a molte donne di cimentarsi in questa attività, di fornire il proprio contributo, di realizzare pienamente se stesse, ma pure di mettere a disposizione del Paese le risorse umane di cui avrebbe bisogno. Tuttavia il lavoro rappresenta un problema per le donne anche quando c’è, perché spesso non ha i connotati di un lavoro dignitoso e astrae dalla vita reale delle persone, che hanno esigenze familiari non azzerabili dal lavoro e prevalentemente a carico delle donne, stante l‘asimmetria di genere nelle responsabilità di cura”.
Per Federica Volpi (Dipartimento Studi e Ricerche Acli nazionali ed esperta del Coordinamento Donne delle ACLI) “i sistemi di protezione sociale, la formazione, le misure di conciliazione, le politiche, sono fondamentali per orientare il cambiamento realmente nella direzione della parità, precedendo e accompagnando i processi in atto, anziché contare totalmente su di essi, che da soli non potrebbero che riprodurre i divari esistenti. (…) La parità di genere non dipende dall’avvento di un nuovo paradigma produttivo, perciò non va affidato alla tecnica ma ancora e sempre alle scelte collettive e della politica l’obiettivo di portare parità di genere nel mondo del lavoro”
Elena Vulpiani (Volontaria del servizio civile nazionale presso il Coordinamento donne delle Acli) dopo aver ragionato sul Gender Pay Gap, ossia il divario salariale di genere, sostiene che “al di là delle politiche bisognerebbe cambiare gli stereotipi a partire dall’infanzia per evitare che sia dato per normale e scontato che la donna rinunci alla realizzazione dei propri sogni per accudire la famiglia. Aumentare le possibilità per le donne significa aumentare il capitale umano di un Paese e investire sulla sua crescita. Un Paese che rende così difficoltosa la genitorialità ed in particolare la maternità, tanto da farne un fattore di discriminazione, manifesta una palese contraddizione tra l’interesse dichiarato verso la famiglia e le concrete scelte politiche, compromettendo seriamente il proprio futuro”.
Maria Grazia Fasoli (Docente incaricata “ad annum” presso la Pontificia Facoltà Teologica del “Marianum”) osserva come “le donne debbono fare una sorta di doppio salto, nella direzione dei ruoli apicali, ancora troppo lontani dalle donne, e al contempo una loro ri-qualificazione e ri-conversione da una logica individualistica, oggi largamente dominante, ad un autentico sentimento del bene comune. Nell’economia, nella politica, nel mondo produttivo. Senza velleità palingenetiche, senza presunzioni di superiorità morale, senza forzature dettate dal “mito” di un femminile che salva il mondo. Basterebbe umanizzarlo, questo mondo. E guardarlo da una posizione centrale, e non più marginale”.
Irene Gatti (Esperta del settore educativo e collaboratrice di Enaip nazionale) nota come “per ora la femminilizzazione della formazione scolastica non universitaria, non sembra abbia prodotto un cambiamento qualitativo, rispetto alle aspirazioni femminili. Sarebbe utile una riflessione che coinvolga attivamente il mondo delle professioniste dell’educazione per meglio contrastare la perdurante marginalità delle donne nelle stanze del potere politico e culturale”.
Barbara De Micheli (Coordinatore, per la Fondazione Giacomo Brodolini, del Master in Gender Equality e Diversity Management e collaboratrice di Ingenere.it) osserva come “in questi ultimi anni le tecnologie stanno cambiando radicalmente il nostro modo di lavorare rendendo sempre meno rilevante lo spazio fisico in cui lavoriamo a favore di una progressiva digitalizzazione non soltanto dei processi ma anche degli spazi di lavoro“. E si chiede: “questo tipo di cambiamento organizzativo é neutro rispetto al genere? Che tipo di impatto ha per uomini e donne?”
Nel mese di aprile il focus si arricchirà dei contributi di: Simonetta De Fazi (Dipartimento Studi e Ricerche Acli nazionali e Osservatorio giuridico Acli); Luisa Rosti (Docente di Politica Economica dell’Università di Pavia) Emiliana Alessandrucci (Presidente del Colap nazionale).
Una nota di conclusiva sul titolo scelto per il focus. Lo scorso 8 marzo è uscito l’ultimo album di Luciano Ligabue “Start” che contiene una canzone dedicata alle donne, “Certe donne brillano”, il cui video è uscito proprio l’8 marzo. Un omaggio alle donne del grande cantante emiliano che noi leggiamo non solo come riconoscimento della bellezza e dei talenti di cui sono ricche le donne ma come auspicio: le donne devono poter essere sempre messe nelle condizioni di brillare, di mostrare le loro qualità professionali, alla luce del sole…
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