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L’idea che nella scienza siano possibili affermazioni precise ed incontrovertibili sui fenomeni del mondo reale, e cioè che esistano delle “verità scientifiche”, è molto diffusa. Gli spettacolari successi delle teorie fisiche nel fornire spiegazioni coerenti e previsioni affidabili su alcuni fondamentali fenomeni naturali e l’applicazione di tali teorie matematiche per la progettazione di nuove e potenti tecnologie, sono sotto gli occhi di tutti.

L’esempio più impressionante di questa incredibile impresa umana è forse il progetto Manhattan: sulla base di “astruse” nuove teorie atomiche, un gruppo di fisici, matematici e ingegneri è riuscito in poco tempo a progettare e a costruire un’arma di distruzione così potente da suggellare una volta per tutte il dominio completo dell’uomo sulla Natura. Si tratta – naturalmente – dello stesso dominio che possiede un uomo che punti una pistola alla tempia di un altro uomo, ma di dominio si tratta, indubbiamente. E’ la storia di un successo di così grande portata che ancora oggi, e per molti secoli a venire, resterà probabilmente la fonte di maggior speranza per l’umanità di risolvere qualsiasi problema mediante la scienza e le sue applicazioni. Basterà – si potrebbe credere – intraprendere un nuovo progetto Manhattan per le malattie o la povertà e quindi raggruppare i nuovi “fisici, matematici e ingegneri” della medicina, dell’economia o della politica, i quali, equipaggiati con nuove e sofisticate teorie matematiche, troveranno prima o poi soluzioni complete e definitive. E’ difficile sostenere che tale credenza sia infondata, nel senso che certamente esistono delle buone ragioni per credere che si tratti di una concreta possibilità e che quindi sia solo una questione di tempo e di denaro. Ma quali sono queste “buone ragioni”? Innanzitutto è necessario ricordare che il termine “scienza” è usato con moltissime accezioni diverse e da comunità che differiscono in modo profondo e sostanziale sia nei metodi che nelle interpretazioni dei fenomeni che esse studiano. Non sorprende quindi che, biologi come Ernst Mayr, rivendichino una totale indipendenza concettuale e metodologica dalla fisica e che essi non la ritengano più un modello di riferimento. Il tema di maggior dibattito è certamente quello del ruolo della matematica. Infatti, la caratteristica principale delle scienze fisiche consiste nella presenza di un sofisticato apparato matematico. La matematica è l’elemento chiave dell’irresistibile fascino del progetto Manhattan. Essa riesce a mettere insieme in modo perfetto l’esigenza di definire in modo non ambiguo gli elementi del discorso (gli assiomi), il rigore formale nel ragionamento umano (la logica) e la necessità di previsioni quantitative per verificare la corrispondenza fra le idee astratte ed il mondo reale (esperimenti). La bomba atomica è quindi la prova più convincente e definitiva del grande potere che la scienza matematica può dare a chi la possiede. Eppure, in tutte le scienze non fisiche, il ruolo della matematica è oggi considerato certamente un utile supporto, ma assolutamente inessenziale alla comprensione profonda ed alla interpretazione della disciplina. Basti prendere, ad esempio, un qualsiasi libro di testo di biologia molecolare e constatare l’assoluta mancanza di qualsiasi formula matematica che vada oltre le quattro operazioni. A questo punto, appare chiaro che le “verità scientifiche” traggono fondamento ed autorevolezza a partire da fonti molto diverse tra loro e che la credibilità delle scienze non fisiche (cioè biologia, medicina, economia, …) non può derivare in alcun modo dal successo e dalla credibilità che la scienza ha ottenuto nella fisica mediante l’uso sostanziale e inevitabile della matematica e dei suoi metodi. Il progetto Manhattan ha certamente funzionato bene per costruire una bomba, ma non c’è alcuna “buona ragione” per credere che esso rappresenti uno schema vincente per costruire soluzioni scientifiche ai problemi dell’umanità.

rn

 
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