La grande colpa è stata quella di non approfittare di questo evento drammatico per “abbattere” il muro di Berlino, ovvero per smembrare quell’immensa concentrazione di potere economico che gestisce in modo assolutamente opaco alcuni dei gangli vitali più delicati della finanza globale (dal mercato dei derivati regolamentati e non, a tassi guida come il Libor). Il salvataggio delle banche è costato caro agli stati che hanno visto salire vertiginosamente i loro debiti pubblici. Approfittando di questa nuova debolezza degli stati sovrani la speculazione, rinvigorita dal salvataggio e dall’abbondante liquidità messa in circolazione per realizzarlo, si è concentrata sull’obiettivo di far saltare l’euro. Inventando lo spread, cioè un cuneo la cui diabolicità sta proprio nell’esasperare la differenza di interessi tra i cosiddetti paesi virtuosi e quelli che non sarebbero tali. Indebolendo lo spirito comunitario e l’interesse dei primi a dare una soluzione al problema. Che tale differenza sia clamorosamente gonfiata lo testimoniano i dati e le dichiarazioni stesse del governatore della banca d’Italia Visco sull’esagerazione dello spread italiano. Assurdo pensare che esistano quasi 600 punti base di differenza tra la Spagna e la Francia (se guardiamo ai fondamentali di debito e deficit su PIL il primo paese è messo meglio del secondo e la crisi bancaria, peraltro indotta, non basta certo a rovesciare in modo così abnorme il rischio dei due paesi). I dati degli studi scientifici più recenti testimoniano d’altronde come tra il 2010 e il 2011, all’improvviso e senza alcun motivo derivante dai fondamentali, si alza il maestrale della speculazione (i fattori di rischio globale, i rischi di liquidità e di default incorporati nelle aspettative sui fondamentali non cambiano granché ma gli spread s’impennano).
La crisi è diventata l’occasione per i sacerdoti dei tagli alla spesa per rilanciare i loro programmi palingenetici di rigenerazione del paese. Dobbiamo però fare attenzione a non finire come quella poveretta che per eliminare il grasso superfluo e rimettere a posto la linea precipitò nell’anoressia. L’Italia non ha affatto una spesa pubblica al netto degli interessi sul debito superiore a quella degli altri paesi europei (siamo al 32 percento tra i più bassi con Irlanda e Regno Unito che superano il 40 percento) ma siamo purtroppo zavorrati dagli oneri del nostro debito. Questo vuol dire che non dobbiamo esagerare nell’autocensura e nella mitologia dello spreco per non rischiare di distruggere, come ha acutamente sottolineato De Rita, quella ricchezza “orizzontale” di società civile e di democrazia partecipata che è la linfa vitale del nostro paese.
Se la crisi nasce nel settore della finanza gli strumenti finanziari sono indispensabili per risolverla. Il nostro premier si è forse accorto che non può fare la parte dell’”uomo che sussurra ai cavalli” della speculazione. I cavalli della speculazione vanno gestiti e domati con molta maggiore energia. Fondamentale pertanto l’abbinamento tra scudo anti spread, tassa sulle transazioni finanziarie e riforma dei mercati finanziari (ottimo colpo quello della CFC negli Stati Uniti che è finalmente riuscita a mettere mano al settore dei derivati non regolamentati). Lo scudo anti spread va costruito con intelligenza: inutile sprecare risorse sul mercato secondario facendo felici gli speculatori. L’Esm deve usare le sue risorse limitate per creare un ombrello per i paesi in linea con il sentiero di risanamento, acquistando per due anni i loro titoli in emissione allo spread ragionevole compatibile con i fondamentali (attorno ai 200 punti base). Abbandonando il proprio status di creditore privilegiato per evitare di svalutare i titoli acquistati dai privati. Punto. In questo modo gli speculatori si faranno una ragione che paesi come Italia e Spagna, pagando il dovuto per il rifinanziamento del debito, potranno avviare una fase di riduzione del rapporto debito/PIL che eliminerà la causa del contendere.
La tassa sulle transazioni (troppo timidamente annunciata ma non ancora applicata) sarà inoltre fondamentale non solo per raccogliere risorse preziose ma anche per eliminare alla radice la convenienza del trading ad alta frequenza spostando i giocatori d’azzardo che usano algoritmi automatici su altri lidi.
Abbiamo perso troppe battaglie sino ad oggi per non aver capito di essere in guerra. Quando supereremo le nostre incertezze e timidezze e affronteremo con coraggio la lotta alla finanza fuori controllo avremo messo mano al problema più serio e grave che come comunità mondiale ci troviamo a fronteggiare. Il muro di Berlino deve cadere per rimettere la finanza al servizio dei cittadini, delle imprese e del bene comune.