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Il parto di questa nuova versione monstre della manovra è stato chiaro. Berlusconi, disperato per essere raffigurato come il vampiro che succhia sangue agli italiani e che passa dallo slogan di meno tasse a quello di meno soldi per tutti, ha improvvisamente un colpo di genio. Se qualcuno deve pagare facciamo pagare chi non vota per noi (e ovviamente non il sottoscritto): il settore delle fonti rinnovabili, le cooperative e i dipendenti pubblici non i grandi patrimoni e gli evasori. Nasce così la manovra partigiana.

Ma vediamo quali sono gli aspetti più problematici di questa manovra.

Di fronte al problema ambientale i paesi del Nord Europa hanno congegnato una serie di tasse verdi in grado di riprendere il famoso principio della tassa di Pigou, ovvero di tassare gli effetti negativi dell’inquinamento fornendo in questo modo uno stimolo decisivo all’innovazione tecnologica in direzione di una maggiore sostenibilità ambientale.
È arcinoto che il settore dell’innovazione ambientale sta generando molti posti di lavoro e fa parlare di una vera e propria green revolution. Con la finanziaria si va esattamente in direzione opposta colpendo i profitti e gli investimenti nel settore delle energie rinnovabili di piccole e grandissime imprese (come ha sottolineato anche l’Authority dell’energia), cioè tassando di più chi contribuisce a ridurre e di meno chi contribuisce ad aumentare l’inquinamento. Si è insomma deciso di raccogliere risorse attraverso una tassa sui profitti (e meno male che bisognava scegliere misure per il rilancio della crescita) scegliendo inizialmente un solo settore (adesso esteso alle telecomunicazioni) e, tra tutti, uno nevralgico perché al centro di un cambiamento trasversale in grado di generare effetti economici positivi su tutti gli altri. Evidentemente il settore della produzione di armi è più socialmente utile dei due citati.
Trasformare Robin Hood, da qualcuno che toglie ai ricchi per dare ai poveri, a qualcuno che toglie a chi cerca di ridurre l’inquinamento e, così facendo, mette le premesse per inguaiare proprio i più deboli che sono le prime vittime delle catastrofi ambientali, è un vero capolavoro che farà rivoltare il nostro nella tomba.

Altri spiccioli arrivano da un provvedimento punitivo nei confronti del sistema cooperativo. Un modello d’impresa virtuoso con una governance che si propone di riequilibrare il rapporto tra diversi portatori d’interessi. Per non parlare del modo in cui si agisce sulle pensioni colpendo retroattivamente e vanificando la spesa di chi ha riscattato anni di pensione (più oneste le proposte precedenti relative alle pensioni di anzianità e ad un graduale aumento dell’età pensionabile). Il vero capolavoro è però l’idea di togliere la super-IRPEF solo sui privati e non sui dipendenti pubblici scatenando l’ira, tra l’altro, dei non amati magistrati. La campagna di umiliazione del pubblico raggiunge i suoi vertici.

I pilastri della manovra dovevano essere completamente diversi e su alcuni di essi abbiamo verificato in questi giorni una convergenza tra tutte le opposizioni (inclusi i centristi). Una tassa sui grandi patrimoni in grado di aggredire il debito e ridurre la spesa per interessi, green taxes e tassa sulla speculazione, contrasto più duro nei confronti dell’evasione. Nell’ambito della pubblica amministrazione non riduzione della democrazia ma degli sprechi aggredendo i consumi interni e tagliando gli inutili sussidi alle imprese.
Al contrario viaggiamo sempre di più verso un sistema fiscale che invece di colpire ciò che è socialmente nocivo punisce ciò che è socialmente utile. Lo spirito cooperativo, la scuola, la ricerca, la capacità dello stato di produrre beni e servizi pubblici, la famiglia (perché senza quoziente cinque è uguale a uno, ovvero un padre unico percettore di reddito con tre figli vale come un single).
Al di là di queste considerazioni resta il fatto politico che un tale pasticcio ha avuto l’effetto controproducente di avvelenare il clima aumentando le proteste. Tassare i valori vuol dire distruggere le premesse per il funzionamento del sistema socioeconomico, altro che crescita!

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