In futuro, se vogliamo evitare catastrofi sociali ed ambientali, dobbiamo creare valore economico i modo sempre più socialmente ed ambientalmente sostenibile e le nostre aziende devono imparare a ragionare a tre dimensioni creando valore sociale, economico e ambientale.
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Trilussa era un grande critico ante litteram del PIL pro capite. La storiella nota a tutti che dietro la rasserenante notizia della disponibilità media di un pollo a testa ci potessero essere individui senza pollo ed altri che ne consumavano due è ben nota. Il noto poeta dialettale in realtà non ce l’aveva con tutta la statistica ma con il concetto, implicitamente propinato nelle classifiche del PIL pro capite, voleva svelare tutte le informazioni sulla media (e le sue implicazioni in termini di diseguaglianza).
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La mediana consentiva di identificare il livello di benessere che divideva il cinquanta percento più ricco della popolazione da quello più povero. Applicando la distribuzione di Trilussa ad un gruppo molto numeroso di persone con una piccola differenza (metà più uno senza pollo e metà meno uno con due polli) la mediana sarebbe stata zero e ci avrebbe immediatamente resi edotti del problema di povertà di metà della popolazione. La mediana di una popolazione dove tutti hanno un pollo è invece uno e quindi mette implicitamente davanti il paese con una distribuzione più egalitaria. L’esempio coincide con il caso dell’ eguaglianza assoluta che ovviamente non è un buon traguardo perché eliminerebbe molti incentivi a migliorarsi e mortificherebbe troppo le differenze, il vero obiettivo dunque è la lotta alle eccessive disuguaglianze.
Avendo precisato ciò, perché le disuguaglianze eccessive sarebbero da evitare? Non sono forse il trionfo di una società meritocratica ? Gli studi di Wilkinson e Pickett che confrontano indicatori di disuguaglianza con vari indicatori sociali per diversi paesi danno risultati impressionanti. Esiste una correlazione molto forte tra disuguaglianza ed un’ampia serie di indicatori di disagio sociale quali l’obesità, il numero di crimini, il numero di detenuti, il disagio dei teenager, il numero di gravidanze premature. Forti diseguaglianze generano dunque infelicità e disagi sociali che hanno costi economici (oltre che umani) molto elevati.
L’”illusione statistica” che abbiamo subito in questi ultimi anni (dove la virtù dei paesi si fondava sul PIL pro capite e sulla sua crescita) non ci ha aiutato a capire. Alcuni dati proposi da Fortis sul Sole 24 Ore di venerdi 9 Ottobre, in linea con quanto ho sottolineato più volte, sono particolarmente illuminanti.
Gli Stati Uniti hanno una ricchezza media pro capite leggermente superiore a quella italiana,se guardiamo però alla ricchezza mediana (ovvero il livello di ricchezza di chi si trova esattamente a metà nella classifica della ricchezza) l’Italia vale esattamente il doppio degli americani.
Tutto questo avrebbe dovuto far sorgere un campanello d’allarme e ci aiuta a comprendere lo sforzo d’indebitamento delle famiglie di quel paese necessario per non ridurre l’elevato livello di consumi interni, sforzo che ha poi portato agli eccessi dei subprime e alla crisi. Con un po’ più di potere d’acquisto e di benessere distribuito anche al 50 percento meno ricco, forse molti non sarebbero stati costretti ad indebitarsi per poter avere il loro pollo. Come ha detto in modo fulminante l’economista Reich non c’era bisogno di regole finanziarie internazionali mirabolanti. Bastava indebolire un po’ meno i sindacati ed impedire alle banche di fare ulteriori prestiti a chi era al di sopra di una soglia di sostenibilità tra rate del debito e reddito.
Potevamo arrivarci prima (e soprattutto prima della crisi), bastava prendere sul serio la critica di Trilussa e ragionare su qualche statistica in più.
Per guidare la macchina abbiamo sul cruscotto una serie di indicatori. Nessuno guarda solo quello della velocità ma si dà un’occhiata di volta in volta a quello dell’olio, dell’acqua non dimenticando ovviamente di controllare la direzione di crociera della macchina.
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