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Prendo a prestito le parole con cui Sergio Romanoinizia il suo editoriale su Corsera del 12 Ottobre per svolgere alcune brevi considerazioni sulla crisi attuale e sui possibili scenari futuri. Scrive Romano “quando usciremo dal tunnel della crisi del credito e dalla recessione, scopriremo che molto denaro avrà cambiato di mano e che le regole del mercato saranno state profondamente cambiate”.

Si tratta di una buona sintesi di quanto decine di commentatori hanno scritto o detto in queste ultime settimane in cui la crisi, dopo essere stata sottovalutata e dopo essere stata considerata un “fisiologico fenomeno” della dinamica e dell’assestamento del Mercato (la maiuscola è voluta), è esplosa nella sua piena irruenza. Faccio solo notare che le tanto vituperate “autorità pubbliche che impongono regole eccessive” di fronte al manifestarsi di rischi di pandemie come la mucca pazza o la febbre aviaria, non sottovalutarono per nulla il rischio, presero misure immediate (non a crisi conclamata, come nel caso del sistema finanziario mondiale), prevennero ed evitarono il diffondersi della “paura” che è il moltiplicatore non razionale che caratterizza il mondo globale. Entrando nel merito del problema mi sembra di poter dire che non da oggi, ma da oltre un decennio molto denaro sta cambiando di mano. In tre direzioni:

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  • da occidente a oriente, l’enorme surplus della bilancia commerciale e delle riserve accumulate da Cina e in parte minore da India e da altri Paesi asiatici;
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  • dai Paesi cosiddetti progrediti, ad elevati consumi, verso i Paesi detentori di materie prime (petrolio, gas e altre materie richieste dalle moderne tecnologie),
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  • dalle classi “medie” verso le classi “alte” (fenomeno di concentrazione della ricchezza avvenuto in tutti i Paesi, progrediti, emergenti e in forte sviluppo, non ancora sviluppati).
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La crisi attuale ha accelerato enormemente questo passaggio poiché i rallies dei prezzi delle Borse e delle materie prime hanno colpito e colpiranno i risparmiatori “reali” (quelli che hanno visto andare in fumo i sacrifici di decine di anni di lavoro), i piccoli “speculatori”, gli “speculatori per caso”, ma non certo i “grandi speculatori” o i “grandi timonieri” della finanza e delle autorità finanziarie (società di rating in prima linea) che attribuivano i massimi rating e consigliavano di comprare o di non vendere titoli poche ore prima dei crolli di borsa o dei fallimenti (o pubblicizzazioni) di banche. Certamente anche molti di loro avranno contabilizzato perdite rispetto ai “valori di libro” e alla “capitalizzazione di borsa” dei titoli detenuti, ma hanno perso solo una ricchezza “virtualmente aumentata” nei mesi precedenti mentre sul piano reale avevano messo al sicuro ingenti patrimoni per sé, per i propri figli e discendenti con gli enormi e assurdi stipendi e bonus investiti in case, terreni, beni reali, magari in diversi Paesi per diversificare il rischio e usufruire di legislazioni fiscali favorevoli.
In secondo luogo, occorre sottolineare che si troveranno a vivere in un sistema (di mercato e di rapporti Stato-mercato) molto diverso, sia coloro che in passato sono stati costretti a vivere secondo le regole del mercato (nonché della potenza politica e della politica “senza senso”) imposta da qualcuno, sia coloro che hanno imposto le regole o l’assenza di regole (come Alain GREENSPAM, mitico capo della FED o George W. BUSH, tanto per citare due dei “potenti” che sono criticati anche da molti di coloro che li hanno sempre sostenuti o addirittura osannati), sia coloro che per anni hanno appoggiato e sostenuto il sistema che ora è in crisi strutturale, oltre che fisiologica, criticando (o distribuendo giudizi di incompetenza) a chi avanzava dubbi sulla sostenibilità del modello di liberismo globale non regolato.
A chi per anni e ancor oggi esalta e invoca la cultura del merito, è doveroso ricordare che il merito va valutato sempre nel medio e lungo periodo (mai nel breve). I successi di certe politiche per 10 o 15 anni, l’incremento di produttività ed elevati tassi di crescita del PIL sono ben poca cosa di fronte alle esigenze di “sostenibilità” di lungo periodo di sistemi economici e sociali. La cultura del merito, inoltre, richiede di distinguere bene la responsabilità di chi ha governato il sistema, di chi lo ha condiviso e ha cercato di convincere la gente a seguirlo, di chi ha dovuto subirne le conseguenze.
Basta leggere gli articoli e i libri degli ultimi dieci (cinque) anni per scoprire che coloro che hanno osannato e sostenuto il modello del “mercato libero” e il sistema attualmente in crisi sono più o meno gli stessi che si sono fatti paladini della cultura del merito, ma che ora non dimostrano di avere quello che si può chiamare il “senso del pudore” che dovrebbe consigliare loro di tacere e di non scrivere di queste cose per qualche tempo. E invece no, essi continuano imperterriti a spiegarci che il sistema era (ed è) giusto, ma è stata sbagliata l’applicazione (critiche al “mercato secondo il modello USA). La crisi attuale non deve portare alla demonizzazione del mercato, atteggiamento che non va certo riferito a chi cerca di porre il funzionamento dello stesso a regole che tutelano l’interesse generale; coloro che oggi difendono il “modello di libero mercato” che si è imposto dopo il periodo reaganiano, assomigliano molto a coloro che ai tempi della caduta dell’unione Sovietica si affannavano a distinguere tra l’idea del “socialismo”, che era giusta e, l’applicazione, sbagliata che ne avevano fatto i Paesi comunisti o del “socialismo reale”.
Cosa accadrà nel futuro non è dato a sapere ma una cosa è certa: una massa enorme di denaro e di ricchezza reale è oggi nelle mani di Paesi che non sono caratterizzati da sistemi di democrazia di tipo liberal-democratico (Cina o Russia, paesi del Golfo e nei quali governano Presidenti populisti e con poteri forti) e nelle mani di gruppi di persone molto più interessate a usare il denaro per imporre il proprio potere che non per innalzare la qualità di vita di milioni di persone.
Certamente anche questi Paesi o questi gruppi che aspirano a utilizzare il “potere del denaro e della ricchezza economica per imporre poteri di altro tipo” sono in parte colpiti dalla crisi finanziaria, dalla recessione e dalle tendenze protezionistiche che inevitabilmente si sono sprigionate e si rafforzeranno, ma ne usciranno meno indeboliti di USA ed Europa. E se saranno più forti, cercheranno di imporre le loro regole che, in buona parte, sono note. Dalla contrapposizione tra sistemi del “socialismo reale” e del “capitalismo liberista e finanziario” si andrà verso Paesi del social-capitalismo nei quali i Fondi Sovrani salveranno la finanza globale e l’arretramento delle libertà umane, civili, politiche e della qualità di vita porterà ad un nuovo equilibrio da cui ripartire? Speriamo di no ma è prevedibile almeno in un primo periodo e in parte sarà così e allora prepariamoci ad essere un po’ meno ricchi di beni materiali, di servizi e di beni di lusso e a diventare più ricchi di valori, di libertà interiori e di volontà di essere e non di apparire.
 
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