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Capacità di discernimento critico e soprattutto capacità d’intelligente mediazione dovrebbero alimentare lo stare in politica da cattolici. Lo stare in politica non può però essere collegato a visioni totalizzanti, integristiche e neppure esaurirsi nell’interesse immediato o tradursi in calcoli di convenienza di corto respiro. Certamente non va sottovalutato il fatto che essere portatori di una ispirazione cristiana significa molte volte andare controcorrente rispetto a logiche di potere e di mercificazione oggi prevalenti.

Significa però andare nella direzione delle esigenze più profonde e autentiche degli uomini e delle donne del nostro tempo, concorrendo a costruire – non imporre- una coscienza comune a partire da quanto unisce anche se questo non sempre corrisponde alla pienezza di ciò in cui crediamo e professiamo.rn

La situazione presente non è certo esaltante. Basta vedere come molti intendono e vivono la politica. Valgono l’utilità e gli interessi immediati. Il bene comune è un optional. Cresce la diffidenza e il fastidio nei confronti dei soggetti collettivi. Si guarda con indifferenza alle disuguaglianze sociali. Si diffonde sempre più un cultura egoistica. Il diverso è un nemico che insidia le nostre presunte sicurezze.

L’antipolitica prende il posto della politica. La semplificazione e la banalizzazione espropriano lo spazio del ragionamento e dell’approfondimento. Si punta sulle personalizzazioni esasperate, sulla delegittimazione dell’avversario, sul genericismo dei valori e dei programmi. Il tutto enfatizzato dal potere mediatico. In molti provvedimenti assunti o annunciati sono riscontrabili spinte verso un liberismo anarcoide fatto di individualismo e privatismo. In nome di un presunto decisionismo e efficientismo si vuole depotenziare il dialogo sociale e si dimostra non poca insofferenza verso il dibattito parlamentare e più in generale verso il confronto politico.

E i Cattolici in politica? La diaspora non può essere intesa come un banale e provvisorio incidente di percorso. E’ piuttosto punto di arrivo di un complesso movimento storico. Che implicazioni trarre da tutto ciò? Tra il richiamo all’identità da un lato e le logiche di schieramento dall’altro, i cattolici rischiano di cadere in una situazione di impasse e di registrare la progressiva marginalità della propria presenza. Certe impostazioni correnti mi sembrano comode scorciatoie. Ad esempio: i cattolici portano moderazione nello schieramento di sinistra e istanze di socialità in quello di destra. I cattolici divisi nell’ordinaria amministrazione della politica si ricompattano allorquando sono in gioco valori fondamentali. I cattolici di entrambi gli schieramenti si propongono o vengono assunti come fiduciari della Chiesa, come garanti di spazi e interessi ritenuti essenziali.

Non c’è nulla di disprezzabile, sia chiaro, nelle posizioni che ho sintetizzato. Ma sono ragionamenti fatti a bocce ferme, ancorate a una logica strettamente partisan. Se vogliamo uscire dalle secche dell’attuale dibattito politico dobbiamo confrontarci con le grandi questioni sulle quali si gioca il futuro del nostro paese e che non sono compiutamente definibili in termini di schema bipolare. Penso ai fondamenti etici di una buona società in cui vivere, penso alle regole di una democrazia compiuta anche in economia, penso alle garanzie per l’esercizio dei diritti di cittadinanza da parte di tutti compresi gli immigrati, penso alla funzionalità delle istituzioni, penso alla scuola.

Per i cattolici in politica da tempo sono venute meno molte certezze, molte reti di protezione. Potrebbe però aprirsi una stagione stimolante per coloro che senza mettere tra parentesi la propria fede o considerarla come fatto esclusivamente personale intendono impegnarsi responsabilmente con dedizione e competenza nella costruzione del bene comune. Si tratta di dimostrare nella prassi la validità, l’umana partecipabilità delle cose in cui si crede. Non necessariamente e non sempre i valori cristiani si tradurranno in leggi dello stato, la compresenza di verità e di opzioni diverse può comportare situazioni in cui si rivela opportuno accettare il male minore o meglio il bene realisticamente fattibile.

Sta dunque all’autonomia dei cristiani impegnati in politica assumersi la responsabilità per le mediazioni realizzate e per la parzialità delle soluzioni trovate, le uniche però concretamente possibili per fare andare avanti le cose e nel contempo lasciare aperta la porta per traguardi ulteriori più ricchi in umanità. Resta sempre attuale l’insegnamento sturziano secondo il quale l’azione politica dei cattolici non è finalizzata all’affermazione della forma cattolica della società o alla realizzazione immediata di valori cristiani, ma piuttosto alla creazione di condizioni generali valide per tutti e nel cui ambito i valori cristiani possono essere stimolo e fermento.

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