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La riforma sul federalismo varata dal governo permetterà di passare dalla spesa storica ai costi standard: oggi le Amministrazioni Pubbliche incassano dallo Stato quanto spendono e spesso ci si trova di fronte a spese diverse di fronte all’erogazione di uno stesso servizio.

L’impostazione di costi standard – ovvero i costi sostenuti in media da una buona Amministrazione in termini di efficienza e adeguatezza – inciderà sul grado di responsabilizzazione degli Enti Locali, costringendoli a razionalizzare le spese o, in caso di maggiori costi sostenuti, a farvi fronte attraverso la propria capacità contributiva.
Il federalismo fiscale avrà importanti ricadute anche e soprattutto sul sistema sanitario e l’applicazione dei costi standard rischierebbe di smantellare le garanzie sociali e il diritto alla salute con gravi conseguenze soprattutto per le fasce più fragili.
Secondo l’ultimo rapporto “Health Data 2008” realizzato dall’Ocse, la spesa sanitaria nei 30 Paesi più sviluppati del mondo è in frenata. Nel 2006 la crescita media in termini reali è stata di appena il 3,1% in più rispetto al 2005, il tasso più debole dal 1997, mentre la spesa complessiva media si è stabilizzata sul valore dell’8,9% del Pil: la stessa percentuale del 2005, con il settore pubblico a quota 6,5% del Pil. Guardando al trend dell’ultimo decennio, la spesa sanitaria è aumentata notevolmente tra il 2000 e il 2003 a un tasso medio del 6,2%. Poi dal 2003 la crescita ha iniziato a diminuire, segnando rialzi del 3,6% da un anno all’altro e registrando nel 2006 – ultimo anno di cui sono disponibili dati – un ulteriore rallentamento.
Il Paese dove la spesa sanitaria complessiva è più alta sono gli Stati Uniti, con il 15,3% del Pil: quasi il doppio della media Ocse, pari a 6.714 dollari di spesa all’anno pro capite. Seconda classificata la Svizzera, che ha speso 4.311 dollari pro capite, quasi come la Francia, seguita poi da Germania e Belgio. L’Italia si colloca al 15esimo posto, esattamente a metà, con una spesa in cure e medicinali pari al 9% del Pil: quindi poco sopra la media Ocse in termini di percentuale del prodotto interno lordo. In termini reali, in Italia la spesa pro capite è di 2.614 dollari contro i 2.824 della media Ocse. Nel nostro Paese vanno, inoltre, fatte debite considerazioni dovute alla spaccatura tra Nord e Centro-Sud: il sistema sanitario al Settentrione è probabilmente uno dei più efficienti al mondo; mentre nel Mezzogiorno si registra una delle peggiori performance dei paesi industrializzati. Come ha recentemente affermato il Ministro Sacconi, si subiscono le pecche di un sistema iniquo: chi vive nelle aree svantaggiate paga i servizi più volte, perché prende il treno della speranza verso le aree più efficienti e spesso paga ai privati prestazioni che il servizio pubblico fornisce ma delle quali non ci si fida. È intollerabile pensare che attualmente la spesa privata delle famiglie italiane in sanità, rappresenta il 2% del Pil.
A tal proposito, il Ministero del Welfare ha preparato una simulazione che porta a dire che se tutte le regioni avessero nella sanità i costi standard delle due amministrazioni più efficienti, Lombardia e Veneto, si risparmierebbero 4,5 miliardi di euro l’anno. Tali risorse resterebbero nel settore sanitario, ma potrebbero essere spese per lo sviluppo dei servizi, la ricerca e gli investimenti in tecnologia. Quest’ultimo elemento potrebbe rappresentare la chiave di volta per indirizzare il sistema sanitario italiano sulla via dell’efficienza e della sostenibilità. Grazie alle tecnologie informatiche, nel futuro modello sanitario oltre metà della spesa verrà destinata a servizi sociosanitari e assistenziali di tipo territoriale, che garantiranno la presa in carico della persona dal momento del concepimento, lungo tutto l’arco della vita. Il ministro Maurizio Sacconi anticipa anche i contenuti del prossimo patto sulla salute 2010-2012 tra Stato e regioni, che potrebbe essere basato su due tipi di risorse: una quota calcolata in base al numero degli abitanti di ciascuna regione e al costo standard per abitante delle regioni migliori; e un finanziamento aggiuntivo ma decrescente che in un tempo determinato sostenga le amministrazioni nel passaggio dalla spesa storica al costo standard solo se sono virtuose. Sarà un cambiamento che riguarderà tutti, dalla famiglia al medico di base, dagli ospedali sempre più specializzati alle strutture per la lunga assistenza, alle farmacie, al volontariato. Di fatto, è un’operazione di riconversione del Centro-Sud inefficiente. Ma con le regioni più efficienti che restano sulla buona strada.
 
 
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