Ezio Tarantelli così concludeva il suo ultimo saggio, scritto pochi giorni prima di essere ucciso dalle Br, venticinque anni fa. “L’utopia dei deboli non è, forse, la paura dei forti?”. Orbene, nel ricordo di questo grande economista, chiediamoci quale è oggi il posto dell’utopia nello scenario economico e sociale, quale è il posto di una fede razionale, capace di ritenere il possibile molto più ampio di quello che le convenienze o le pigrizie ci portano ad assumere.

La questione è tanto più importante in un momento come l’attuale in cui la ragione sembra cinicamente ridursi a mero calcolo, un calcolo che nulla si chiede sulla bontà e giustezza dei fini, un calcolo che ignora totalmente le contraddizioni che ha concorso a generare. Tra queste la disoccupazione, ieri come oggi.rn

Le contraddizioni possono essere risolte (o eluse) in nome della “forza” che seleziona i fini (l’occupazione non è più un obiettivo e il welfare una necessità; le ristrutturazioni devono avvenire sacrificando i deboli) oppure allargando i giochi dell’economia, della società, della politica. In questa direzione Tarantelli si è speso con non comune intelligenza e determinazione. In lui la forza della ragione era messa a servizio di un grande disegno riformistico.

L’obiettivo dell’occupazione, per Tarantelli, non può discendere né soltanto dal mercato né da velleitarie pianificazioni onnicomprensive. L’unica via per far fronte alle difficoltà, riprendere il controllo dell’inflazione e ridare prospettiva di sviluppo al sistema economico è quella della regolazione concertata tra i principali attori dell’economia e della società. La famosa proposta, riduttivamente definita in termini di predeterminazione dei punti di scala mobile – meglio sarebbe parlare di politica salariale di anticipo – evidenza il ruolo sociale politico e culturale di Ezio Tarantelli.

Nei primi anni ’80 di fronte all’aggravamento della crisi, caratterizzata da inflazione (oltre il 20%) e stagnazione, con il conseguente taglio della spesa pubblica, mentre Confindustria pone pesantemente sul tappeto il problema del costo del lavoro, la Cisl guidata da Carniti – facendo propria l’impostazione di Tarantelli – avanza la proposta di un patto con cui disinnescare, muovendo da tutte le indicizzazioni e quindi anche dalla scala mobile, i meccanismi dell’inflazione e avviare un progetto di rilancio rispetto al quale governo e parti sociali avrebbero dovuto assumere comportamenti coerenti.

La predeterminazione dei punti di scala mobile trova la sua applicazione nell’accordo Scotti, firmato unitariamente, nel gennaio 1983. E’ ancora la predeterminazione che sta alla base dell’accordo di S.Valentino di un anno dopo cui il sindacato arriva diviso. Seguirà poi il referendum promosso dal Partito Comunista con l’intento di reintrodurre i punti di contingenza tagliati. Tarantelli, poco prima di essere ucciso, stenderà – insieme ad altri intellettuali vicini al Centrosinistra – un appello per votare no. E i no risulteranno vincitori.

Il rientro dall’inflazione non è per Tarantelli fine a se stesso, ma contestuale al tema dell’occupazione. Questa grande questione caratterizza i suoi ultimi mesi di lavoro. Si colloca qui la proposta di creare una sorta di “scudo dei disoccupati”, quasi una moneta europea che serva a finanziare la lotta contro la disoccupazione in ciascuno dei paesi membri della CEE in proporzione al tasso dei senza lavoro, ciò attraverso il sostegno della domanda e degli investimenti. Diceva Ezio Tarantelli: “Salvando i disoccupati di oggi si salva alla lunga anche l’Europa di domani”. E’ questa l’eredità che impegnativamente Tarantelli ci lascia.

rn

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