Quando la critica all’Europa viene da persone che dovrebbero saperne più di me, almeno per il ruolo che ricoprono, alla tenerezza subentra l’irritazione. Questo articolo è per tutti quelli che ingenuamente o in malafede si ostinano a dire che l’europeizzazione va fermata. Ho da darvi sei notizie che spero vi facciano cambiare o, quantomeno, mettere l’anima in pace…

Quando sento qualcuno impegnato in una tirata anti-europeista provo un senso di tenerezza nei suoi confronti. Un po’ per la prevedibilità delle argomentazioni (le banche, le élite, la burocrazia, l’euro-bubble, ecc…), un po’ perché non mi capacito di come ci si possa non accorgere che il processo di integrazione europea è come un’auto in corsa senza autista: non la si può fermare. Poi certo, quando la critica “ingenua” all’Europa viene da persone che dovrebbero saperne più di me, almeno per il ruolo che ricoprono, alla tenerezza subentra l’irritazione. Questo articolo è quindi per tutti quelli che ingenuamente o in malafede si ostinano a dire che l’europeizzazione va fermata. Ho da darvi sei notizie che spero vi facciano cambiare idea o, quantomeno, mettere l’anima in pace.

Intanto una precisazione. “Europeizzazione dal basso” è un’espressione che riprende il concetto di globalization from below (o grassroots globalization) proposto dall’antropologo anglo-indiano Arjun Appadurai in un citatissimo articolo del 2000. Appadurai è un teorico dei flussi e delle interconnessioni culturali (per intenderci è capace di dedicare cinquanta pagine della sua monografia maggiore all’indianizzazione del cricket) e il suo approccio alla globalizzazione è sì critico, ma anche attento ai contro-movimenti della società rispetto alle forze strutturali. In un passaggio dell’articolo, si rivolge ai critici della globalizzazione con questa obiezione: “si sta manifestando una serie di forme sociali che contestano, interrogano e invertono gli sviluppi [della globalizzazione] creando trasferimenti di conoscenze e mobilitazioni sociali che procedono indipendentemente dalle azioni del capitale e dal sistema dello stato-nazione (e dai suoi affiliati internazionali)“.

Per postura intellettuale Appadurai è attento ai fenomeni socio-culturali quotidiani, agli scambi e alle interazioni (ai flussi direbbe lui) che sono costitutivi dell’esperienza della globalizzazione (potete tranquillamente sostituire “europeizzazione” a “globalizzazione”). Preso atto che il potere delle élite economico-burocratiche europee è molto forte e condiziona le nostre vite (europeizzazione “dall’alto”), in quali modi lo contestiamo, interroghiamo e invertiamo? Quali sono i flussi sociali nei quali si manifesta l’europeizzazione “dal basso”? Si tratta di una visione che sposta il fuoco dell’osservazione dalla dimensione economico e politico-amministrativa alla dimensione socio-culturale. I critici convinti potranno pure continuare a dire che l’iper-macchina burocratica avrà sempre la meglio, ma prima o poi dovranno prendere atto che gli “europei” in sei mosse stanno facendo e disfacendo il tessuto sociale dell’Europa.

Notizia #1. Le coppie miste stanno cambiando la cultura familiare europea
La mobilità sta profondamente cambiando la struttura delle famiglie europee, nelle Eurocities come le chiama Adrian Favell circolano persone da tutta Europa, gente oltre a lavorare si innamora, fa figli e mette su famiglia. Le coppie miste di origine comunitaria sono una configurazione familiare sempre più frequente, vivono a cavallo tra più nazioni e crescono figli per i quali l’identificazione nazionale è un tratto multiplo. Bambini per i quali è naturale prendere l’aereo per andare a trovare i nonni, giovani che sono cresciuti in contesti cosmopoliti e per i quali l’unico ancoraggio identitario possibile è l’essere europei e muoversi come hanno fatto i genitori nel posto dove si trovano meglio. Per questa generazione di “europei”, l’unione geografica, amministrativa e sociale dell’Europa è un elemento dato per scontato.

Notizia #2: I lavoratori si muovono in un mercato senza frontiere
Il mercato del lavoro nazionale per molti lavoratori non ha più molto senso: siano essi professionisti high skilled o lavoratori con qualifiche più basse sono consapevoli che fuori dalla nazione di origine si possono trovare numerose opportunità occupazionali. Si può decidere di andare a lavorare all’estero per sempre, riprogrammando anche il progetto di vita; si può fare una scelta temporanea più o meno lunga e, successivamente, far fruttare l’esperienza fatta nel mercato nazionale; oppure, si può essere lavoratori circolari e, sistematicamente andare a lavorare per periodi definiti in un altro paese (un tempo si sarebbe detto “andare a fare la stagione”); infine, ci sono anche i pendolari trans-nazionali persone che il venerdì pomeriggio saltano su un aereo e tornano a casa. Il lavoro nello spazio comunitario è senza confini, per queste persone tirare su muri e reintrodurre confini è semplicemente impensabile.

Notizia #3. Internet ha creato uno spazio comune europeo virtuale
La mobilità fisica e spaziale non è l’unica forma di integrazione europea, internet permette la mobilità virtuale e nuove forme d’interconnessione tra persone quasi in tempo reale. Gli scambi intra-europei via web sono di vario genere: posso decidere di acquistare un telefono in Germania, condividere informazioni su un forum svedese, mantenere amicizie in Francia via chat o what’s up, giocare online con avversari polacchi, partecipare a una rete di attivisti sociali dislocati in Europa. Il tutto facilitato da connessioni dati sempre più potenti e dalla possibilità di usare un inglese basico conosciuto ormai da milioni di europei. Inoltre, spesso dalle relazioni online nascono anche interazioni in presenza che rafforzano questi circuiti di comunicazione.

Notizia #4. L’UE ha offerto opportunità di mobilità sociale per tutti
Per molti cittadini l’Europa ha rappresentato anche una grande opportunità di mobilità sociale. L’allargamento a est è stato dai più considerato in termini negativi poiché ha messo assieme paesi con livelli di ricchezza e sviluppo molto differenti. Eppure, assumendo il punto di vista dei cittadini dei paesi entranti, la possibilità di muoversi liberamente nello spazio comune ha messo in moto percorsi di ascesa sociale anche molto rapidi. I giovani laureati dell’Est Europa hanno potuto spendere i propri titoli di studio in un mercato del lavoro più ampio, accedendo a impieghi ben più remunerativi di quelli che avrebbero trovato in patria.

Notizia #5. Nelle città europee si diffondono culture ibride e si fa esperienza di multi-culturalismo quotidiano
Le migrazioni extra-europee verso l’UE, per quanto di recente sempre più osteggiate, hanno nei decenni passati messo in moto processi di ibridazione culturale molto potenti. Contrariamente alla tesi dello scontro tra culture, il multi-culturalismo europeo ha prodotto frutti spuri, ma per questo meglio resistenti al conflitto. Al netto delle radicalizzazioni pur presenti, ad esempio, occorre ammettere che l’islam europeo è un soggetto sociale plurale e sostanzialmente capace di interagire con altre tradizioni. Nella grandi città, come nei piccoli centri, le migrazioni hanno ridato vita ad aree abbandonate, creando giorno dopo giorno culture locali peculiari e mescolamenti sociali inediti.

Notizia #6. I movimenti sociali possono organizzarsi e mobilitarsi su scala continentale
La società civile si organizza sempre più spesso secondo schemi multi-livello, l’aggregazione su scala continentale di gruppi di interesse e pressione è uno dei pochi fenomeni effettivamente favoriti dalla modalità di funzionamento dell’UE. Il metodo aperto del coordinamento permette ai soggetti sociali organizzati di fare azioni di lobbying o di agire da semplici “cani da guardia”, salvaguardando gli interessi di ampi strati della popolazione europea. Allo stesso tempo, soprattutto grazie ad internet, le mobilitazioni sociali possono rapidamente assumere rilievo internazionale, convogliando su un singolo territorio supporto proveniente anche da molto lontano.

Queste sei notizie di raccontano di come sta cambiando il volto dell’Europa, i processi in atto possono anche essere contradditori, suscitare preoccupazione o avere episodiche conseguenze negative , tuttavia a sessanta anni dalla firma dei trattati di Roma, forse è il caso di smetterla di questionare su Europa-Sì/Europa-No e iniziare finalmente a pensare come “dal basso” influenzare quello che viene dall’alto. Siamo noi che costruiamo l’Europa, lo volete capire?

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