Con il servizio civile universale per tutti i giovani che decidono di svolgere volontariamente l’esperienza del servizio civile, lo Stato si impegna a garantire le condizioni e le risorse perché ciò possa avvenire realmente. In questi anni la richiesta è aumentata. Siamo riusciti a garantire a 50 mila giovani la possibilità di vivere questa esperienza. Si tratta di una scelta impegnativa. Infatti il servizio civile universale è su base volontaria e non obbligatoria. Si è deciso di convincere e motivare i giovani verso una scelta di questo tipo. Il sevizio civile su base volontaria è sicuramente una scelta più efficace. Il professor Alessandro Rosina, presentando alcuni dati del Rapporto Giovani, ha osservato come il 91% dei giovani italiani consideri il volontariato un’esperienza formativa importante. L’80,4% dichiara inoltre di essere “molto” o “abbastanza” d’accordo sul fatto che per tutti i giovani sia utile fare un’esperienza di impegno civico a favore della propria comunità, anche senza compenso in denaro.
Il governo si è preso l’impegno di allargare l’opportunità a tutti i giovani che chiedono di fare il servizio civile fino ad arrivare al servizio civile europeo affinché nasca un “corpo volontario della solidarietà”, utilizzando un’espressione di Juncker, ossia si realizzi un impegno volontario e associativo che abbia una base europea come elemento continuativo. In sostanza credo si debba dar vita ad un’esperienza in cui i giovani possano identificarsi, ad un percorso in cui il sevizio civile possa diventare un elemento costitutivo di un Europa che dia finalmente un orizzonte alle aspirazioni dei giovani.
In sostanza siamo convinti che si debbano creare le condizioni perché al servizio civile possano accedere anche i giovani che hanno meno opportunità e occasioni formative. Dai dati Isfol si evince quello che già pensavamo ossia che il servizio civile sceglie, seleziona, i giovani che hanno già delle opportunità in termini di competenze. Bisogna invece guardare anche ai NEET ossia quei giovani che non studiamo e non lavorano. Questo abbiamo incominciato a farlo selezionando 9 mila giovani attraverso il programma garanzia giovani. Con i decreti legge relativi alla “riforma del terzo settore e del Servizio Civile” vogliamo costruire un percorso dove i soggetti a cui guardiamo in modo preferenziale siano i giovani con meno opportunità.
L’indagine “Il Servizio Civile Nazionale fra cittadinanza attiva e occupabilità”, curata dall’ISFOL e presentata lo scorso 4 agosto costituisce un primo passo per conoscere l’universo costituito dai giovani volontari italiani. In quella occasione lei ha dichiarato che la ricerca non solo traccia l’identikit dei giovani in Servizio Civile, ma può fungere da guida nella predisposizione del decreto legislativo in applicazione della legge delega di riforma del terzo settore e del Servizio Civile”. In questo senso quali indicazioni Le sembrano più rilevanti?
La ricerca dell’ISFOL ci dice che i 2/3 dei giovani impegnati nel servizio civile indica come prima motivazione della propria scelta i motivi personali mentre 1/3 indica come prima scelta le motivazioni sociali. Quindi i giovani scelgono il servizio civile prima di tutto per acquisire nuove competenze, per rispondere a bisogni di tipo personale e poi anche per motivazioni di tipo sociale. Questo elemento va considerato nella realizzazione dei decreti attuativi della legge n. 106 del giugno 2016 e bisogna dedicare adeguata attenzione al tema delle competenze acquisite nel contesto dell’esperienza del servizio civile.
Il servizio civile universale quali opportunità può offrire anche nella prospettiva del lavoro? Come valorizzare questa esperienza evitando che si trasformi in un’occasione sprecata?
La scelta della legge richiamata è quella di un programma triennale. Una scelta che può consentire ai programmi di avere un profilo. Con un programma triennale è più facile fare degli investimenti nella dimensione formativa e progettuale. Questo anche per far sì che il contesto (gli enti) sia più efficiente e pronto ad accogliere i giovani e il loro impegno. La ricerca dell’ISFOL ha interessato i giovani impegnati nel servizio civile ma sarebbe necessario sentire anche quelli che hanno concluso questa esperienza per vedere se c’è una ricaduta anche di tipo professionale. La ricerca realizzata dalla FOCSIV “Servizio civile all’estero. Giovani, lavoro e cittadinanza attiva” ci segnala come i 600 giovani intervistasti abbiano trovato un lavoro in modo più rapido e con caratteristiche più congruenti rispetto alle proprie competenze.
Dall’osservatorio delle Acli, che accompagnano nel servizio civile all’estero centinaia di giovani italiani, ci sembra che questa esperienza possa essere considerata una sorta di “mobilità protetta” che rappresenta, accanto ad altri strumenti (es. Erasmus) una occasione per rafforzare il senso di appartenenza dei giovani all’Unione Europea e alla dimensione globale. A Suo avviso come viene percepito il tema della mobilità? Che ruolo può svolgere in questo ambito l’esperienza del servizio civile universale?
In relazione al bando relativo alla selezione di 50 volontari da impiegare in progetti di Servizio Civile Nazionale per l’attuazione del progetto IVO4ALL, da realizzarsi nei Paesi dell’Unione Europea, abbiamo avuto 700 domande. Questo dato segnala una domanda di mobilità importante che va colta. La legge prevede – laddove gli enti siano in grado – la possibilità di realizzare due mesi di servizio civile in un altro Paese dell’UE. Si tratta di stimolare questa mobilità positiva, di favorire esperienze di questo tipo capaci di arricchire anche le competenze linguistiche dei ragazzi.