Storie Paralimpiche
Giada Rossi
Parlano soprattutto le molteplici storie di atleti paralimpici che grazie all’attività sportiva, e spinti certamente dal crederci sempre e mollare mai, hanno reagito alle avversità del destino rovesciandole come un calzino. Eccolo un esempio nostrano lampante. A illuminarci è Giada Rossi, la 22enne azzurra di Poincicco di Zoppola, in provincia di Pordenone, che si sta preparando alle Paralimpiadi di Rio nel tennistavolo. “Non rimpiango nulla del prima. Il 2 agosto 2008 ho avuto l’incidente (sulla piscina di casa, ndr), lo stesso giorno mi era arrivata la lettera per la convocazione nella rappresentativa regionale di volley. Ma ora sono in Nazionale. E poi alla fine mi sento come tutti, è la società che ti vede in modo diverso solo perché hai un problema fisico”.
Giannino Piazza
Qui c’è di mezzo lo sport davvero per tutti, quello che scavalca in un colpo solo medaglie e barriere. Al punto da cambiare la parabola “Gli ultimi saranno i primi” in un nuovo slogan: “Gli ultimi sono già primi con l’esserci”. Qui esce allo scoperto, ad esempio, Giannino Piazza. La maglia nera del Giro d’Italia handbike è la sua maglia rosa: “Tutte le volte che parto per una gara è come se avessi già vinto. L’importante è prendere il via, poi vada come vada. Certo, questo non significa che io non ce la metta tutta”. Il 46enne di Calcinato (Bs) è spastico per un problema prenatale. Da circa 5 anni e mezzo vive in una casa famiglia a Orzinuovi, nel bresciano, che ospita 11 persone con disabilità. Certo, spastico al Giro d’Italia: e perché no? Lui l’ha fortemente voluto e ci è felicemente arrivato. Non se ne sta chiuso, esce lungo quella strada maestra che porta all’inclusione. E non “solo” (si fa per dire): fa pure capire che ogni traguardo non è precluso.
Luca Mazzone
Sentite l’azzurro di handbyke Luca Mazzone: “Il nuoto mi ha dato la libertà di andare in acqua. E gli devo molto. La bicicletta mi ha dato la libertà di andare ovunque”.
Conclusioni
Lo sport inclusivo a 360°, contribuisce a realizzare una società migliore. Perché mostrare che non c’è disabilità che tenga fa capire che la diversità non dev’essere fonte di pregiudizio ma di arricchimento reciproco. Uno non è migliore di un altro, è solo diverso.
Può essere inclusivo anche lo sport integrato. Perché è vero che ascoltare testimonianze come quelle di Giada, Giannino e Luca aiuta a capire che “si può”, e vedere immagini o video di gare lo fa rimanere ancora più impresso. Ma la frontiera successiva è il toccare con mano. Provare, anche per un attimo, cosa significhi gestire certe situazioni in assenza di qualcosa che – è umanamente comprensibile – riteniamo “normale” come avere gli arti, la vista ecc… Provare, ad esempio, a giocare tutti a basket in carrozzina farebbe capire in modo incisivo quante abilità hanno le persone cosiddette “con disabilità”, rovesciando così la prospettiva.
Integrazione, inclusione, formazione: un trittico con la “T” maiuscola che anche noi della redazione di incodaalgruppo (incodaalgruppo.gazzetta.it), blog della Gazzetta dello Sport, e di Paralimpici (gazzetta.it/Paralimpici), abbiamo la fortuna di ricevere nel nostro cammino raccontando storie di vita e annunciando eventi.