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Il Papa, nell’enciclica Laudato si’, se ne esce con un’affermazione che non ci si aspetterebbe. Mentre parla di recuperare la profondità della vita, fa un affondo sull’architettura: se questa riflette lo spirito di un’epoca – argomenta – cosa dire allora di queste grandi megastrutture, di queste case in serie? Non esprimono forse lo spirito di una tecnica globalizzata? O una […]

Il Papa, nell’enciclica Laudato si’, se ne esce con un’affermazione che non ci si aspetterebbe. Mentre parla di recuperare la profondità della vita, fa un affondo sull’architettura: se questa riflette lo spirito di un’epoca – argomenta – cosa dire allora di queste grandi megastrutture, di queste case in serie? Non esprimono forse lo spirito di una tecnica globalizzata? O una novità tecnica che si traduce in una pesante noia? E più avanti il Pontefice riprende ancora il tema, quando afferma che va prestata attenzione alla bellezza, perché amarla ci aiuta ad uscire ad pragmatismo utilitaristico, cioè dalla pura razionalità strumentale. Insomma, la bellezza – ovvero un fatto, un dono dello spirito – non è un extra, un eccedenza della sostanza, ne è invece parte essenziale, perché è parte dell’esperienza umana. Sarà per questo che – ancora sulla Laudato si’ – si afferma che non c’è ecologia senza un’adeguata antropologia. Insomma, quando gli urbanisti, gli architetti e i progettisti progettano spazi come case, quartieri e città, non possono pensare di omettere il “cielo”. Perché così come si pensano gli allestimenti per i bisogni più materiali, non possono dimenticare che nell’uomo esiste anche una dimensione spirituale.

Ne parliamo in questo numero con diversi – e tutti interessanti – contributi. A partire dall’intensa riflessione di Carla Danani, dove si specifica la necessità dell’uomo, cioè della coscienza incarnata, di essere allocato da qualche parte. Ma non in uno spazio qualunque e anonimo. L’essere umano non occupa uno spazio: semmai abita polis e civitas, fatto che chiama in causa la costruzione di situazioni di giustizia o ingiustizia. Lo spazio da arredare non è semplicemente uno spazio bianco. Sembra continuare la stessa riflessione Giuseppe Milanesi, quando traduce la sua esperienza di architetto in considerazioni che chiamano in causa il fatto educativo: lo spirito che abita la disposizione dei mattoni, ovvero il senso di un’umanità che quando allestisce uno spazio, lo fa pensando allo spirito del tempo.

Ma non si tratta solo di chi gli spazi li progetta: c’è anche chi ha il compito di renderli parte della costruzione del bene comune. Ecco allora l’interessante esperienza di chi è direttamente chiamato in causa in quanto pubblico amministratore: il pezzo del sindaco di Cusano Milanino, Lorenzo Gaiani, ne è un esempio… classico. Sì, perché vogliamo anche presentare un esempio innovativo attraverso l’esperienza palermitana di Crowdfunding civico, ovvero il tentativo di allestire gli spazi a partire da percorsi di partecipazione dal basso (andate a vedere la loro pagina Facebook).

Una possibile sintesi dei molti interventi – che si completano con la tradizionale rassegna In rete – la intravediamo in due pezzi. Il primo di Lorenzo Caselli, dove la città assume la metafora di crocevia, di esseri umani anzitutto. Ma non solo: di periferie e centri, di ingiustizie e sistemi di welfare, di ordinari caos e laboratori in cui generare nuove geometrie di solidarietà: la sfida – conclude Lorenzo – è la cittadinanza senza confini. Il secondo di Fusco Girard, dove la città assume la forma circolare: un nuovo paradigma urbano fondato su 6R, 6 opportunità per umanizzare la città del XXI secolo attraverso un’idea di fondo: far crescere insieme uomo/natura con economia/ecologia, ovvero apprendere che la città non serve solo la razionalità strumentale ma anche una razionalità relazionale/multidimensionale.

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