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La percezione dell’agricoltura nella società è profondamente cambiata: considerata ieri arretrata, inquinante, fonte di spreco, è oggi rivalutata come custode dell’ambiente e delle tradizioni, fonte di prodotti naturali, di opportunità lavorative e di innovazione sociale. E la sensazione è che stia emergendo un nuovo sistema di welfare che coniuga sviluppo sociale, territoriale ed economico basandosi su valori diversi da quelli vigenti

La percezione dell’agricoltura nella società è oggi profondamente cambiata: considerata ieri arretrata, inquinante, fonte di spreco, è oggi rivalutata come custode dell’ambiente e delle tradizioni, fonte di prodotti naturali, di opportunità di lavoro e di innovazione sociale. Giocano in ciò la crescente coscienza ambientalista e gli insostenibili costi della PAC. Nel secondo dopoguerra l’autosufficienza alimentare costituiva il primo obiettivo della PAC, ma una volta raggiunto negli anni ’70 del secolo scorso si continuò a drogare la produzione con prezzi agricoli più alti di quelli mondiali generando crescenti eccedenze.

I costi ambientali di questa agricoltura basata su un massiccio uso della chimica e gli elevati costi finanziari portarono nel 2003 al definitivo disaccoppiamento degli aiuti dalla produzione. Contestualmente emergeva un nuovo approccio (“Agenda 2000”) che valorizzava il ruolo dell’azienda agricola nel territorio (multifunzionalità) dando vita alle politiche di sviluppo rurale, ulteriore aspetto della PAC (I°pilastro) da affiancare al sostegno delle produzioni (II° pilastro).

La crisi economica ha reso ancora più evidente la vetustà di una PAC che finanzia poche grandi aziende a coltivazione intensiva ed inquinante trascurando le vere esigenze della popolazione rurale che costituisce una fetta significativa della popolazione europea (delle 5 mila città europee solo mille sono classificabili fra le grandi).

Di qui l’emersione di approcci nuovi basati su valori alternativi a quelli meramente economici (equità, solidarietà) che danno vita ad una nuova forma di agricoltura “civica” capace di dare risposte non solo ai bisogni alimentari, ma anche ad altri bisogni quali la custodia dell’ambiente, il recupero delle tradizioni, la fornitura di servizi alla popolazione, la definizione di forme diverse di relazioni anche economiche (filiere corte). Tutte queste attività sono accomunate dallo scopo finale di migliorare la qualità della vita dei produttori come dei consumatori così da definire nuove ed innovative forme di relazione (reti civiche di innovazione sociale).

Una delle forme più evidenti di questa nuovo approccio è certamente l’Agricoltura Sociale (AS), variegato insieme di attività svolte all’interno di una azienda agricola che hanno in comune la caratteristica di essere dirette a soggetti deboli (disabili fisici e psichici, soggetti deboli come detenuti, tossicodipendenti, anziani non autosufficienti, migranti, …..).

Queste pratiche costituiscono ad un tempo una nuova opportunità di reddito per gli agricoltori (multifunzionalità), consentono ai soggetti beneficiari di usufruire dei beni relazionali tipici dell’agricoltura e delle tradizioni di solidarietà e accoglienza proprie delle aree rurali e rafforzano le reti di protezione sociale delle comunità locali consentendo forme diversificate e spesso più economiche di erogazione dei servizi sociali nell’attuale situazione di crisi che riduce fortemente le risorse finanziarie disponibili.

L’AS è quindi una pratica di innovazione sociale in grado di fornire servizi in risposta a bisogni insoddisfatti e di offrire percorsi innovativi che coinvolgono una pluralità di soggetti e costituisce quindi uno sforzo, ancora non ben definito e magmatico, di prefigurare nuove forme di welfare ridefinendo i valori di fondo de la società.

Essa è quindi uno dei diversi e contemporanei processi di ridefinizione dei valori base della società che hanno tutti una matrice comune e che finiscono quindi in qualche modo per convergere. Così, per quanto riguarda il cibo, la tendenza verso cibi sani e naturali in contrapposizione al “cibo spazzatura” (slow food contro fast food); nell’economia dell’azienda agricola la tendenza a valorizzare l’azienda multifunzionale contro il modello produttivistico; nel campo della salute la contrapposizione della medicina del caring che vede il paziente nel suo insieme (approccio olistico) alla tradizionale medicina del curing che affronta le singole patologie curandone gli effetti senza chiedersi come si siano sviluppate.
In tutti questi approcci c’è la ricerca del benessere dell’individuo in relazione all’ambiente e al territorio che lo circonda, la ricerca di rapporti nuovi fra le aree rurali e quelle urbane; il desiderio di offrire un sistema di protezione sociale decentrato nelle campagne.

La sensazione e che stia quindi emergendo un nuovo sistema di Welfare che coniuga sviluppo sociale, territoriale ed economico basandosi su valori diversi da quelli sinora vigenti, un sistema che cerca di coniugare diversi assetti di assistenza socio-sanitaria, nuove tipologie di mercati, nuovi percorsi residenziali, diverse e più sostenibili politiche dei trasporti. E’ una tendenza certamente da assecondare cui il settore agricolo può dare un significativo contributo.

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