Garantire una pubblica istruzione significa costruire un sistema scolastico-formativo che offra alle nuove generazioni pari opportunità, indipendentemente dalle differenze di partenza. Una buona scuola dovrebbe mirare prima di tutto all’uguaglianza. L’istruzione va infatti concepita come un bene pubblico, come un diritto da fruire appieno, per innovare rispetto alla propria storia familiare. Come un’opportunità per sviluppare le proprie capacità e competenze

Garantire una pubblica istruzione, secondo il mio punto di vista, significa costruire un sistema scolastico-formativo che garantisca alle nuove generazioni le pari opportunità, indipendentemente dalle differenze di partenza. Una “buona scuola”, ovvero, dovrebbe essere una scuola che mira all’uguaglianza. Cosa significa, però, essere trattati in modo uguale nell’istruzione? Storicamente, sono state proposte due differenti risposte a questa controversa questione.

1. Secondo il concetto di uguaglianza delle opportunità di accesso, ciascuno dispone in partenza delle stesse possibilità di raggiungere i benefici che l’istruzione offre: per tale motivo, non devono esistere barriere che ostacolano alcuni, né privilegi che favoriscono altri, oltre al fatto che non possono sussistere discriminazioni formali che escludono gli individui in base al genere, all’etnia o allo status dalle carriere scolastiche.

In questa prospettiva, gli esiti del percorso formativo dipenderanno dalle scelte, dall’impegno, dai meriti e dalle capacità mostrate dai singoli nell’ambito di un sistema educativo comune, che offre a ciascuno le stesse opportunità di sviluppare i propri talenti. Tale uguaglianza – definita “formale” per l’accento posto sulle procedure che garantiscono l’apertura a tutti del sistema di istruzione –, è stata teorizzata nell’ambito del pensiero liberale e meritocratico e trova una corrispondenza in sociologia nel paradigma funzionalista, secondo cui lo status ascritto assume minor importanza, mentre tutti possono essere protagonisti di una mobilità sociale ascendente attraverso un impegno individuale e una competizione che porta ai vertici della società i migliori, con più motivazioni, capacità e competenze. Non è detto, tuttavia, che un accesso formalmente uguale sia sufficiente a garantire un’effettiva uguaglianza delle opportunità, in quanto le barriere possono assumere la forma di aspettative e pregiudizi impliciti che ostacolano una determinata categoria nel percorso formativo.

2. Secondo la visione dell’uguaglianza degli esiti, invece, tutti dovrebbero avere le medesime possibilità di ottenere gli stessi risultati scolastici, indipendentemente dalle condizioni di partenza: tuttavia il sistema formativo spesso riproduce le disuguaglianze economiche, sociali e culturali, e l’istruzione viene considerata un “capitale” (Bourdieu, 1986), un patrimonio che dà accesso a ricompense e si accumula, nella logica di una sovrapponibilità tra posizione economica, sociale e culturale.

A fronte di questi nodi critici, questo approccio, sviluppato nella tradizione socialista, propone un’idea “sostanziale” d’uguaglianza che deve consentire l’accesso a posizioni uguali e in cui l’educazione può consentire l’emancipazione dei soggetti svantaggiati, favorendo l’affermazione dell’uguaglianza attraverso una radicale trasformazione dei rapporti economici e una nuova distribuzione di prestigio e potere. Tale concezione di uguaglianza, tuttavia, risulta essere ambigua e non è chiaro cosa può significare nel concreto: le persone dovrebbero avere le stesse risorse materiali e culturali? Com’è possibile giudicare quanto sia ugualitaria una particolare distribuzione di benefici? Tale uguaglianza è positiva oppure incide sulla libertà dei soggetti e provoca nuove ineguaglianze?

Senza dubbio, né la visione meritocratica né la concezione egalitaria consentono di comprendere del tutto le disuguaglianze nelle prestazioni scolastiche e di indirizzare adeguatamente le politiche di contrasto: le sfide rimangono quelle di rendere meno formale il principio meritocratico e d’offrire possibilità di successo a soggetti di bassa estrazione sociale.

Nel tentativo di superare tale dilemma, è stata avanzata più di recente un’idea relazionale di uguaglianza (Besozzi, 2006), che dipende ovvero non solo dalle risorse sociali distribuite in modo diseguale tra i soggetti e dall’offerta di istruzione, ma anche dalla capacità dei singoli di cogliere e utilizzare le chance educative a proprio favore, di realizzare scelte consapevoli e ponderate, d’elaborare un personale significato di uguaglianza nell’istruzione, d’impegnarsi per il raggiungimento di un obiettivo formativo considerato rilevante per il proprio progetto di vita e per una piena partecipazione sociale (Dahrendorf, 1981; Sen, 2001).

All’interno di questo scenario, l’istruzione può essere intesa, non tanto come un capitale cui è connessa una rendita economica, ma come un bene pubblico, ovvero un diritto da fruire appieno, per innovare rispetto alla propria storia familiare, un’opportunità per sviluppare le proprie capacità, per verificare ed esprimere capacità e competenze, un ambito in cui confrontarsi e abituarsi a una formazione continua (Santagati, 2010).

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