Il
Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP) è un accordo di libero scambio fra Stati Uniti e Unione Europea, in fase di negoziato.
L’obiettivo del trattato è la rimozione delle tariffe nella maggior parte dei settori e l’abbattimento delle barriere non tariffarie che ostacolano il commercio internazionale: differenze nei regolamenti e nelle procedure di omologazione. Attualmente, in molti casi, lo stesso prodotto dopo aver ricevuto approvazione per essere messo sul mercato in Europa deve percorrere un simile iter di approvazione per essere venduto negli Stati Uniti, anche se gli standards di sicurezza sono molto spesso simili.
L’eliminazione di questi costi e la crescita del commerce tra due aree economiche che costituiscono quasi la metà (circa’ il 45%) del Pil mondiale potrebbe portare enormi benefici per imprese, lavoratori e consumatori. E’ chiaro che i benefici del negoziato dipenderanno in ultima analisi dal tipo di accordo che verrà raggiunto e che alcuni settori, finora più protetti, potrebbero essere penalizzati dalla competizione internazionale, a partire dal settore agroalimentare nei paesi mediterranei.
Un recente
studio del Centre for Economic Policy Research stima che un trattato transatlantico tra Stati Uniti ed Europa che eliminasse le barriere non tariffarie potrebbe
portare vantaggi significativi per Europa (119 miliardi di euro all’anno)
e Stati Uniti (95 miliardi all’anno). Più o meno 545 euro in più per una famiglia di quattro persone in Europa. Nonostante molti temano che questo avere effetti negativi sul resto del mondo, le stime di questo studio suggeriscono che l’aumento del commercio tra Stati Uniti ed Europa avrebbe un effetto positive sul commercio mondiale e sul salario medio globale. Gran parte dei guadagni derivati dall’accordo (circa l’80%) sarebbe il frutto dell’abbattimento dei costi della burocrazia e della regolamentazione del commercio. In generale, l’accordo avrebbe un effetto diretto sull’attività economica sui salari, aumentando la produttività creando più opportunità sia per i lavoratori qualificati che per i lavoratori meno qualificati.
Secondo questo studio solo una piccola frazione di lavoratori (0.5% della forza lavoro europea) sarebbe costretta a cambiare lavoro o settore, mentre l’accordo avrebbe effetti trascurabili sull’inquinamento e sul consumo delle risorse naturali. Rispetto al resto dell’Europa, la maggiore specializzazione dell’export nei settori tradizionali del Made in Italy, maggiormente sensibili al prezzo e soggetti alle barriere non tariffarie, porterebbe ad un ulteriore maggiore beneficio in termini di export.
Questi i vantaggi sulla carta, non tutti però sono così ottimisti. Secondo l’ OFSE (un centro di ricerca austriaco)
a beneficiare dei maggiori scambi commerciali
sarebbero soprattutto le
multinazionali, a scapito delle piccole e medie imprese. Inoltre, in molti sottolineano i rischi di un’armonizzazione su temi dove la legislazione europea è più restrittiva di quella americana: norme sulla sicurezza alimentare, ma anche la legislazione sul lavoro. Va detto però che i negoziatori europei (in primis il commissario europeo al commercio De Gucht) hanno sempre ribadito di non avere alcuna intenzione di ridurre gli standard alimentari
Purtroppo finora in Europa non c’è stato un dibattito serio sul TTIP. La discussione in Italia ha spesso esaltato alcuni pregiudizi anti-mercato, sottovalutando gli importanti benefici che un trattato ambizioso potrebbe portare e confondendo la giusta tutela della sicurezza con un mero protezionismo commerciale, finendo spesso in una caccia alle streghe priva di valore scientifico. Questo non significa trascurare i possibili rischi connessi al trattato e la necessità di garantire uno sviluppo sostenibile dalla sicurezza alimentare all’ambiente. Ma rinunciare a priori a giocare una partita politica, tanto difficile, quanto fondamentale per la crescita sarebbe una grande sconfitta per tutti.
Servirà il bene comune? Per dirla con Marx – il cardinale tedesco Reinhard Marx, presidente della Comece – il TTIP “non è solo un’opportunità ma una responsabilità sociale”. Alla politica, e, per quanto ci riguarda, all’Europa spetta la responsabilità che dal trattato non traggano vantaggio solo le nazioni ricche a scapito dei paesi emergenti, o alcune lobbies industriali a scapito di altre. A tutti i noi il compito di incoraggiare un dibattito serio, aperto, lontano da pregiudizi ideologici e inutili caccie alle streghe.