Secondo l’OCSE anche la partecipazione alla formazione terziaria,universitaria e non, in Italia è più bassa della media, il 47% di immatricolati di una classe di età (56% nel 2005), contro la media OCSE 76% e la media UE 21 70%. La differenza la fa non solo il calo delle immatricolazioni italiane, ma anche l’assenza di un sistema di formazione terziaria non universitaria. La Germania arriva al 75% (53% istruzione universitaria + 22% istruzione terziaria non universitaria. Sono da considerare anche i risultati: l’obiettivo italiano è il 26% di laureati nelle classi di età 30-34 anni per il 2020, mentre lo standard europeo, alla portata di molti altri Paesi, sarà il 40%.
Raggiungere le migliori medie internazionali di anni di frequenza formativa significherebbe già dimezzare la disoccupazione giovanile 15-24 anni. Raggiungerle soprattutto rafforzando ed estendendo la formazione professionale, in particolare nei percorsi più work-based e nelle funzioni di gestione della transizione scuola/lavoro, aiuterebbe anche a gestire meglio le criticità che seguono il passaggio dalla terza media al ciclo superiore; questo darebbe margini più ampi per recuperare l’abbandono scolastico e per migliorare quelle competenze di base per le quali i nostri quindicenni risultano ultimi nelle rilevazioni OCSE.
Per tutte queste ragioni c’è bisogno di una forte formazione professionale integrata sia nel sistema formativo generale sia nei settori economici, anche luogo di educazione e di istruzione generale e di esperienza professionale, strumento di gestione della transizione scuola/lavoro.
Il primo passo è rilanciare e rafforzare l’IeFP, presente solo nelle Regioni del Nord nella versione originale, mentre altrove è gestito quasi solo in forma scolastica dagli Istituti Professionali. In generale l’Istruzione Professionale deve essere ristrutturata, assimilandone una parte all’Istruzione Tecnica, di cui oggi è cugina povera, e integrando il resto in un nuovo sistema di formazione professionale cogestito da Stato e Regioni. I percorsi IeFP devono potersi sviluppare fino alla maturità professionale, come già previsto a Bolzano e integrare maggiori elementi di sistema duale.
Infine c’è bisogno di istituire una sorta di master professionale di specializzazione e/o riqualificazione per rafforzare o riorientare le carriere professionali di giovani adulti occupati e disoccupati (si pensi soprattutto ai giovani senza lavoro delle classi di età fino a 34 anni.
Non si dice niente di particolarmente nuovo; bisogna solo decidere di dotare il nostro Paese della formazione professionale di cui ha bisogno per essere competitivo, a costi inferiori di quanto si paga la sua assenza. Al riguardo si tratta anche di equilibrare gli investimenti tra misure occupazionali (servizi per il lavoro, incentivi all’assunzione) e formazione, oggi squilibrati a favore delle prime, a causa della sottovalutazione della qualificazione professionale come chiave di accesso all’impiego. L’esperienza di altri Paesi, soprattutto quella del sistema duale, sembra dimostrare che la formazione professionale è il miglior collocatore; basti pensare alla Germania, dove due terzi degli allievi vengono assunti dopo la qualifica dall’impresa che li ha ospitati in formazione.