Poche parole sono maltrattate come la parola ‘valore’, più spesso usata al plurale ‘valori’.
La parola valore (come molti termini latini) ha un’origine bellica e indica il coraggio e la perizia in battaglia e, in senso più generale, tutte le ‘difese’ che aumentano le speranze di successo nel combattimento.
Questo senso originario è ancora percepibile in termini derivati come valido o valoroso, laddove è ormai molto offuscato nei generici riferimenti ai ‘valori’ che, nel gergo politico/giornalistico, si riducono spesso a un’esortazione a non compiere malversazioni. D’altronde virtù (altro termine latino, non a caso derivante da ‘vir’, uomo, ma ci torneremo..) come l’onestà, la fedeltà, la lealtà, sono dei valori in quanto forniscono a chi le possiede un vantaggio (troppo spesso taciuto) nelle battaglie della vita. In ogni caso avere dei valori era così importante che i romani chiudevano le loro lettere con l’augurio ‘vale’ (stai bene).
Un valore tipicamente maschile (ecco, ci siamo tornati, assumo comunque per scontato che il lettore di Benecomune non sia schiavo di certa vulgata corrente che identifica lo specifico maschile con la violenza, lo stupro e la smania di prevalere a tutti i costi) è una particolare versione dell’amicizia impastata di pudore dei sentimenti, poche parole, e scontata lealtà. Tale versione dell’amicizia non è generalizzabile al di fuori di una ristretta cerchia e spesso (anche se non sempre) richiede contiguità territoriale degli amici, e specifici ‘loci amoeni’ come le sedie di un bar lasciate sul marciapiede dopo l’orario di chiusura e comunque tempi e luoghi sottratti alla frenesia della vita. Se non si è mai fatta esperienza di tale amicizia, difficilmente potremo avere una crescita equilibrata. I cavalieri della tavola rotonda di Re Artù sono un famoso esempio letterario di tale amicizia cosi come i paladini di Francia e i ragazzi della Via Pal.
Chi può avvalersi (ancora la radice – val) di una cerchia di veri amici si difende dai falsi miti del successo, della ricchezza, della carriera in quanto abitante di un mondo in cui la scala delle cose importanti è totalmente diversa , tra l’altro parliamo di un mondo di uguali e liberi a cui si appartiene a pieno titolo. Questo aspetto ‘di prefigurazione della beatitudine’ e di difesa dal male della vera amicizia maschile è mirabilmente sintetizzato in quella che io considero una delle più belle canzoni di tutti i tempi: ‘La dura legge del gol’ di Max Pezzali, che all’ultima strofa recita appunto:
E’ la dura legge del gol
gli altri segneranno però
che spettacolo quando giochiamo noi
non molliamo mai
Loro stanno chiusi ma
cosa importa chi vincerà
perché in fondo lo squadrone siamo noi
A sottolineare proprio il superamento di slancio dei miti del mondo (gli altri segneranno) nell’ordine più alto dell’amicizia..che dire di più: andate subito ad ascoltare tutta la canzone su You Tube:
Vale