In un recente workingpaper del Fondo Monetario Internazionale Laeven e Valencia calcolano l’impatto delle crisi finanziarie sulle finanze pubbliche in un aumento del rapporto debito/PIL, a seguito della crisi del 2007, di 70 punti percentuali in Islanda e Irlanda e superiore ai 20 punti percentuali in Grecia, Germania, Regno Unito, Belgio e Olanda. Sebbene l’impatto in Italia sia stato più contenuto (8%) i rischi rimangono elevatissimi, dati i livelli del nostro debito pubblico e nessun elemento garantisce che una futura crisi non possa colpirci in modo più significativo.
Altri lavori come quelli di Moss della Harvard Business School, sottolineano la stretta correlazione tra deregolamentazione dei mercati finanziari, verificarsi di crisi bancarie-finanziarie ed aumenti della diseguaglianza. Le crisi infatti producono sempre impatti asimmetrici perché pagate dalle finanze pubbliche a scapito dei più deboli, mentre molto spesso chi le provoca dispone di comode scialuppe di salvataggio (come i paracadute d’oro di liquidazioni miliardarie che non si negano a nessuno, a meno di conclamati comportamenti fraudolenti).
Dobbiamo decidere se vogliamo evitare il permanere di questa spada di Damocle sulle nostre teste oppure no. Non è semplicissimo intervenire perché il sistema finanziario è sempre più complesso ed interconnesso e la finanza ufficiale e la finanza ombra sono due facce di una stessa medaglia. Quello che è certo è che, come sottolineano gli autorevoli rapporti Vickers e Liikanen degli esperti inglesi e dell’Unione europea,
il sonno dei regolatori e dell’opinione pubblica ha prodotto dei mostri, delle banche troppo grandi per fallire e troppo complesse per essere regolate. Lo scoppio della crisi fu un’occasione irripetibile per intervenire anche con un’operazione antitrust per ridimensionare e riformare questi colossi, ma una drastica riforma della finanza che avrebbe dovuto accompagnare i salvataggi non fu fatta.
Come campagna 005 riteniamo si possa e si debba intervenire in quattro direzioni principali: i) una tassa sulle transazioni finanziarie; ii) la separazione tra banca commerciale e banca d’affari per evitare che le banche facciano “ludopatia a scrocco ai danni (e all’insaputa) dei contribuenti”, ovvero usino i soldi che Draghi presta loro per fare credito all’economia reale in operazioni di trading proprietario che mettono a rischio la loro stessa sopravvivenza; iii) la riforma dei salari e dei sistemi d’incentivo di manager e trader (che spingono questi ultimi ad eccessive prese di rischio aumentando i rischi delle crisi); iv) un impegno efficace contro l’elusione fiscale.
La tassa sulle transazioni finanziarie è essenzialmente una
tassa sulla velocità delle transazioni (paga di più chi ne fa tante in poco tempo)
sotto l’ipotesi che la velocità approssima piuttosto bene il movente speculativo delle stesse. La teoria e i risultati empirici dimostrano che è possibile applicare tasse di questo tipo anche in perimetri geografici limitati. Gli effetti di queste tasse sono una riduzione delle transazioni speculative (il trading ad alta frequenza non è più conveniente) con conseguenti riduzioni di volatilità e di volumi.
Con opportuni accorgimenti (esenzione dei money maker, eventuale esenzione per titoli a bassa capitalizzazione) è possibile contenere gli effetti negativi della diminuzione delle transazioni sulla liquidità e i conseguenti effetti di aumento di volatilità. Il progetto di cooperazione rafforzata a 11 dell’Unione Europea è un buon progetto che prevede un’aliquota modesta (5 per 10000) e l’applicazione congiunta del principio di nazionalità dell’asset e di residenza dell’intermediario, che dovrebbe ridurre l’elusione e consentire di realizzare introiti significativi senza produrre effetti negativi su liquidità e volatilità. Sta esentando di fatto i traders ad alta frequenza che aprono e chiudono posizioni nel corso dello stesso giorno. Si tratta di un’architettura ben diversa da quella troppo blanda posta in essere dalle Tobin tax italiana e francese, che prevedono l’esenzione per i titoli pubblici e tassano soltanto i saldi di fine giornata esentando di fatto i traders ad alta frequenza che aprono e chiudono posizioni nel corso dello stesso giorno.
Nel racconto evangelico il giovane ricco va via triste perché aveva molte ricchezze ed aveva rifiutato l’invito di metterle a disposizione. La finanza di oggi ci offre mille bellissime opportunità di trasformare i nostri risparmi in strumento d’inclusione degli ultimi e di trasformazione sociale. Tra l’euro che finisce nella slot machine della speculazione ad alta frequenza (con i rischi per tutti di cui abbiamo parlato) e l’euro che finanzia fondi di garanzia per piccole imprese, per il microcredito, che diventa capitale sociale di banche etiche o che vota col portafoglio in fondi etici d’investimento, c’è una differenza enorme e passa tutta la generatività e fertilità della nostra vita. Quando ci lamentiamo della finanza che non funziona dobbiamo sempre ricordarci che il voto col portafoglio dei nostri risparmi e il nostro impegno dal basso nelle campagne per la riforma della finanza può fare molto per cambiare le cose.