La tesi di fondo riguarda non tanto i meccanismi economici, quanto l’antropologia che li ispira: antropologia riduzionista alla sola dimensione economica per il liberalismo dell’homo economicus, oppure antropologia che tiene conto della pluridimensionalità della persona l’economia civile. Civile proprio nel senso che ritiene la persona un cives, un cittadino che, oltre che consumare, ha relazioni vitali in altri ambiti: la famiglia, il lavoro, l’amicizia, la politica in quanto partecipazione al governo della cosa pubblica.
L’homo economicus vive una situazione di scissione interna tra l’uso delle risorse monetarie per scegliere la giusta combinazione di beni che servono per la vita e le sorgenti di senso che stanno alla base delle sue scelte
L’uomo è un cercatore di senso della propria vita: il lavoratore desidera un senso al proprio lavoro che non sia solo il portare a casa lo stipendio necessario e sufficiente per vivere. La gratuità delle relazioni è una parte significativa della vita di ciascuno e se è tale non cerca un fine economico ma un senso per decidere a chi dare tempo, risorse ed energie.
Nell’economia la merce più preziosa è la fiducia e questa è garantita non tanto dai contratti o dalle regolamentazioni istituzionali (banche centrali, borse, leggi, ecc.), quanto dai comportamenti personali che generano fiducia tramite il rispetto della controparte economica. La fiducia genera fiducia e tutti ci guadagnano, mentre se c’è sfiducia, vince forse il più forte ma il risultato globale, anche per il vincitore, è inferiore ai risultati generati se ci si fosse fidati reciprocamente.
Becchetti punteggia tutto il suo libro di citazioni di ricerche scientifiche e comportamenti quotidiani che vogliono avvalorare questa tesi. Egli è ben consapevole della fragilità umana e delle difficoltà a uscire dallo schema mentale dell’homo economicus, che nella sua semplificazione appare appagante, ma che nella realtà, proprio perché è una riduzione della persone, apre le porte allo sfruttamento e all’ingiustizia.
I sette capitoli del libro affrontano i principali temi economici: mercato come intreccio di persone e mercati, l’impresa, come calcolare il benessere di una nazione oltre al PIL, i pro e i contro della finanza, come sono gestite le politiche economiche, la fiducia e i beni relazionali, cosa possiamo fare: votare con il portafoglio.
L’autore porta per mano il lettore attraverso i suggestivi aspetti dell’economia, sostenuto da una competenza innegabile, ma anche da un’attenzione alla persona nella sua interezza.
Becchetti, nel capitolo finale, enuncia in modo tranchant (parole sue) le due caratteristiche dell’economia civile:
«La prima è che l’economia civile richiede prima di tutto di allargare la mente contro tre riduzionismi, tre visioni anguste di persona, impresa e valore, che limitano le potenzialità del sistema economico nella generazione di benessere e felicità sostenibile.
La seconda è che l’economia civile è il passaggio da un mondo a due mani (dove mercato e istituzioni risolvono i problemi) a un mondo a quattro mani in cui le prima due (mercato e istituzioni) da sole sono insufficienti e devono essere complementate nella loro azione dalle due mani aggiuntive della società civile che vota col portafoglio e delle imprese responsabili» (p. 120)
La speranza che questo accada è che il voto col portafoglio sta conquistando “fette di mercato” e sta contaminando il mercato normale.
«La soddisfazione e ricchezza di senso della vita sta nella sua generatività. E dunque felicità è essere parte della soluzione e non del problema. La buona notizia dell’economia civile, e del voto col portafoglio nell’era della rete, è che il cambiamento non sarà realizzato da pochi illuminati ma ha le potenzialità per essere un’avventura affascinante a cui tutti potremo partecipare» (p. 132).
Leonardo Becchetti, Capire l’economia in sette passi. Persone, mercati e benessere, Minimum fax, Roma 2016.
Citazioni
“Basta uscire un po’ dall’accademia e osservare la vita reale per accorgersi che il modello dell’homo economicus, ignorando che siamo essenzialmente “cercatori di senso”, si perde veramente troppo della realtà” (p. 20).
“In generale, e in particolare nell’applicazione alla scelta tra lavoro e tempo libero, il modello di stretta osservanza homoeconomicista commette l’errore di schiacciarci sul denaro come unica dimensione della felicità. Ignorando per esempio i risultati sui tanti fattori di soddisfazione non monetaria del lavoro (motivazioni ideali, sfide, apprendimento, autonomia, relazioni)” (p. 22).
“Sotto queste due condizioni (asimmetria informativa e incompletezza contrattuale), se negli incontri scorrerà la linfa della fiducia, della meritevolezza di fiducia e della cooperazione, si stringeranno alleanze e accordi e il risultato sarà super additivo (nella cooperazione uno più fa tre, perché mettere in comune le forze produce un esito superiore alla somma dei risultati che le due parti avrebbero ottenuto procedendo da sole)” (pp. 23-24).
“Le forme di mercato che conosciamo sono essenzialmente tre: concorrenza, oligopolio e monopolio” (p. 33).
“In estrema sintesi le imprese sono organizzazioni il cui contributo creativo per la società consiste nel produrre la torta del valore aggiunto che viene poi ripartita in fette tra i diversi portatori d’interesse (azionisti, lavoratori, consumatori, fornitori, comunità locali). Confondere questo contributo creativo con la massimizzazione del profitto vuol dire confondere la torta con la fetta dell’azionista” (p. 39).
“Se l’uomo è essenzialmente cercatore di senso più che homo economicus, scopre in moltissimi casi un senso più compiuto diverso da quello del massimo profitto. E a questo si dedica” (p. 40).
“Le tre proprietà fondamentali della moneta sono infatti quelle di essere mezzo di scambio (si cede il bene in cambio di moneta che può poi essere utilizzata per acquistare un altro bene anche a distanza di tempo), unità di conto (il problema della indivisibilità dei beni è superato perché i valori tra beni vengono tutti misurati in termini monetari e scambiato contro moneta) e fondo di valore (la moneta detenuta tra uno scambi e l’altro mantiene il suo valore)” (p. 66).
“In finanza, banca e moneta la fiducia è dunque la vera e più fondamentale risorsa invisibile da preservare” (p. 68).
“Possiamo guardare al capitale sociale come software e come hardware. L’hardware del capitale sociale sono le organizzazioni e le associazioni (legalmente riconosciute e non) formalmente strutturate che segnalano il grado di coesione di un determinato territorio. Dentro questi canali ufficiali (ma anche fuori) scorre la linfa del capitale sociale (il software) costituita essenzialmente da cinque elementi chiave: la fiducia, la meritevolezza di fiducia (che non è altro che il passivo della fiducia stessa), il senso civico, la disponibilità a pagare per i beni pubblici (morale fiscale inclusa) e la fiducia nelle istituzioni” (p. 100).
“Un vero essere umano è un essere altruista, premuroso, generoso, fiducioso, comunitario e amichevole. Allo stesso tempo, è il contrario di tutte queste virtù. Quali farà prevalere e quali invece verranno soppresse dipenderà dal mondo che lo circonda” (p. 113).