E’ una chiamata alle armi, quella di Edgar Morin, affinché la scuola, a tutti i livelli, non solo trasmetta saperi, ma insegni a vivere con sapienza il tempo che abitiamo e prepari i giovani a saper affrontare i cambiamenti futuri.
Il libro si conclude con un appello a rigenerare l’Eros, come passione creatrice che sposta il baricentro dalla tradizione e la innova, a volte anche con scarti laterali importanti, ma che permettono di affrontare con successo le nuove sfide della storia.
Oggi c’è una crisi multidimensionale dell’educazione: gli insegnanti non hanno più un ruolo riconosciuto nello spazio pubblico; internet e i media sviluppano un sapere non sempre controllabile nella sua autorevolezza, l’economia tecnocratica riduce gli spazi dell’umanesimo, la separazione delle discipline e il loro non dialogo.
Questa crisi educativa è legata strettamente alla crisi della civiltà di cui è una delle componenti assieme alla degradazione delle solidarietà tradizionali, al degrado dell’appartenenza a una nazione e all’umanità, un aumento dell’individualismo egocentrico e non responsabile, generalizzazione dei comportamenti incivili, assenza di legami, demoralizzazione e angoscia per il presente e il futuro. «Al cuore della crisi dell’insegnamento c’è la crisi dell’educazione. Al cuore della crisi dell’educazione ci sono i fallimenti nell’insegnamento a vivere» (p. 47)
Morin lamenta che nella scuola non c’è un insegnamento di cosa sia la conoscenza e chiede con forza di inserire nei programmi la conoscenza della conoscenza. La conoscenza è potente ma ha i suoi limiti di cui occorre avere consapevolezza, primo fra tutti le innumerevoli incertezze che il sapere scientifico ci pone continuamente sotto gli occhi: non sappiamo tutto e probabilmente non lo sapremo mai. Per questo quando si prendono delle decisioni sulla propria o altrui vita occorre tenerne conto praticando una «ecologia dell’azione» (p. 31).
Per l’autore ci sono due comprensioni: quella intellettuale e quella umanistica, che devono essere tenute insieme. Sono due facce della stessa medaglia e che si integrano a vicenda e che non possono escludere l’altra.
Il conoscere ci dovrebbe aiutare le informazioni in un contesto e in un insieme, altrimenti si possono commettere due errori: sovrastimare l’errore o sottostimare l’errore. In entrambi i casi le conseguenze possono essere pericolose per sé e per gli altri.
Nel capitolo sul conoscere Morin delinea una riforma del pensiero del conoscere che «è, in un anello ininterrotto, separare per analizzare e collegare per sintetizzare o complessificare» (p. 72).
Egli propone degli operatori di relianza (neologismo tra relier-collegare e alliance-alleanza): la nozione di sistema; la nozione di circolarità; la dialogica come presenza necessaria e complementare di processi o di istanze antagoniste; il principio ologrammatico per cui non solo una parte si trova nel tutto, ma il tutto si trova nella parte. Queste nozioni, integrate tra di loro, producono il “pensiero complesso” e Morin propone che diventino materia di insegnamento fin dalla scuola elementare, perché è a questo che serve la scuola. Parte importante della proposta è che i formatori si educhino a questo pensiero complesso con l’aiuto degli educati nella prassi quotidiana dell’educazione scolastica.
La riforma del pensiero complesso trova terreno favorevole in due grandi rivoluzioni scientifiche: la fisica quantistica e le scienze sistemiche; e terreno sfavorevole nelle strutture mentali, istituzionali e dal paradigma di disgiunzione e di riduzione.Il pensiero complesso e transdisciplinare incita all’etica della comprensione che l’uomo è una trinità di individuo-specie-società contemporaneamente.
«Ogni sviluppo veramente umano deve comportare lo sviluppo congiunto delle autonomie individuali, delle solidarietà comunitarie e della coscienza di appartenere alla specie umana. A partire da ciò si abbozzano le due grandi finalità etico-politiche del nuovo millennio: stabilire una relazione di controllo reciproco fra la società e gli individui attraverso la democrazia, portare a compimento l’umanità come comunità planetaria» (p. 102)
Edgar Morin, Insegnare a vivere. Manifesto per cambiare l’educazione, Raffaello Cortina Editore, Milano 2015
Citazioni
I comandamenti della comprensione
"La comprensione intellettuale richiede di apprendere nel contempo il testo e il contesto, l’essere e il suo ambiente. La comprensione umana richiede questa comprensione , ma anche e soprattutto di comprendere ciò che gli altri vivono.
La comprensione ci chiede di evitare la condanna perentoria, irrimediabile, come se noi stessi non avessimo mai conosciuto la debolezza né commesso errori.
La comprensione ci chiede innanzitutto di comprendere l’incomprensione.
Per superare le incomprensioni, bisogna passare a una metastruttura di pensiero complesso che comprenda le cause dell’incomprensione degli uni nei confronti degli altri.
La comprensione rifiuta il rifiuto, esclude l’esclusione. Rinchiudere nella nozione di traditore, bugiardo, bastardo ciò che è di pertinenza di un’intelligibilità complessa impedisce di riconoscere l’errore, il fuorviamento, il delirio ideologico, le derive.
Ci chiede di comprendere noi stessi, di riconoscere le nostre insufficienze, le nostre carenze, di sostituire la coscienza sufficiente con la coscienza della nostra insufficienza.
Ci chiede, nel conflitto delle idee, di argomentare, di confutare, invece di scomunicare e di anatemizzare.
Ci chiede di superare odio e disprezzo.
Ci chiede di resistere al taglione, alla vendetta, alla punizione, che sono inscritti così profondamente nelle nostre menti.
Ci chiede di resistere alla barbarie interiore e alla barbarie esteriore, specialmente durante i periodi di isteria collettiva" (pp. 55-56).
"Ormai, a costituire il problema da affrontare non solo gli errori di fatto (d’ignoranza), di pensiero (dogmatismo), ma l’errore di un pensiero parziale, l’errore del pensiero binario che vede solo o/o, incapace di combinare e/e, nonché, più profondamente, l’errore del pensiero riduttore e del pensiero disgiuntivo ciechi a ogni complessità" (p. 16).
"Vivere è aver bisogno, per agire, di conoscenze pertinenti che non siano né mutilate né mutilanti, che collochino ogni oggetto o evento nel suo contesto e nel suo complesso" (p. 17).
"Vivere è un’avventura che comporta in se stessa incertezze sempre rinnovate, con eventualmente crisi o catastrofi personali e/o collettive" (p. 18).
"Vivere è avere continuamente bisogno di comprendere e di essere compresi" (p. 19).
"Non si elimina l’incertezza, si negozia con essa" (p. 35).
"La paura di comprendere fa parte dell’incomprensione. Comprendere: questa parola fa subito sobbalzare coloro che hanno paura di comprendere per paura di perdonare" (p. 53).