Con altre persone interessate all’educazione dei giovani ha fondato una Associazione culturale SulleRegole. Una di queste è Elena Passerini, ex insegnate di storia e filosofia al liceo, esperta di educazione socio-affettiva, che ha collaborato con Daniele Novara, pedagogo ed esperto di nonviolenza.
Il libro è un dialogo tra i due autori sulla funzione delle regole nella convivenza civile e su come educare a una società in cui la dignità personale di ciascuno sia effettivamente promossa e realizzata.
Una forma originale di affrontare temi serissimi, soprattutto in Italia, dove l’educazione alle regole è spesso fraintesa come limitazione della libertà, mentre gli autori sono convinti che senza regole non viviamo e che solo se abbiamo un concetto sano di regole queste possono aiutarci a costruire effettivamente una società orizzontale.
Secoli di educazione alla convivenza in una “società verticale”, cioè gerarchicamente ordinata con dei privilegi a favore di coloro che sono in cima alla piramide, non ci aiutano a vedere la novità di una “società orizzontale”.
L’educazione dei figli, ecco la novità, che è propria dei genitori, come recita l’art. 30 della Costituzione della Repubblica Italiana: "E’ dovere e diritto dei genitori, mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio".
Così commenta Elena Passerini: "Un compito nuovissimo, non banale, del tutto diverso dal tradizionale ‘punire’, di importanza decisiva proprio per mettere le basi di una cittadinanza attiva, democratica, libera. Che sia un ‘lavoro’ quello dei genitori che educano i figli. Forse no, visto che nessuno li paga, e forse dovrebbero essere committenti di se stessi, secondo il modo di pensare diffuso. E invece il modo di pensare dei Costituenti riconosce ‘la Repubblica italiana fondata sul lavoro‘ come committente del lavoro educativo dei genitori. Anzi i Costituenti affermano che la Repubblica è fondata proprio su quel lavoro lì, cioè quello di essere e formare cittadini democratici, adulti, autonomi, capaci di prendere decisioni responsabili, consapevoli, informate, capaci di lavorare nel senso dell’art. 4, cioè di ‘svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società‘, dell’art. 41, ‘l’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana’, e dell’art. 3, cioè di ‘rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del paese" (pp. 25-26).
Il lavoro, ecco un’altra originalità degli autori, non è solo quello per cui si porta a casa almeno il necessario per vivere, ma è inteso in senso più ampio come impegno a vivere concretamente la vita democratica, a prendersene cura, ad esercitarla, per far crescere la libertà di tutti e di ciascuno, che è ancora una volta impegno per il bene comune.
La prima parte del libro è una riflessione di Elena Passerini su “Il potere dei genitori” e sviluppa una proposta positiva di come pensare le regole, non come divieti – come siamo educati a concepirle –, ma come regolatrici e costruttrici del convivere sociale.
La seconda parte è un dialogo serrato tra i due autori su “Educare cittadini responsabili e attivi” che approfondisce l’educazione alla libertà, aiuta a comprendere le differenze tra comandi e regole, tra sanzioni e punizioni, la questione del che fare con chi trasgredisce alle regole, la questione non banale del perdono civile.
Se è chiaro cosa non bisogna fare: vietato educare all’obbedienza e fare violenza sui bambini, non è ancora del tutto chiaro cosa e come praticare in positivo un’educazione alla libertà, visto che solo dalla approvazione della Costituzione questo è il lavoro fondamentale di tutti noi cittadini italiani. Pochi anni a fronte di secoli che hanno invece educato all’obbedienza e alla “società verticale”.
Certo è che ne come adulti ne dobbiamo parlare per poterci aiutare in questo lavoro fondamentale che il patto costituzionale ci invita a realizzare nel tempo.
Gherardo Colombo – Elena Passerini, Imparare la libertà. Il potere dei genitori come leva di democrazia, Salani Editore, Milano 2013.
Citazioni
"La storia dei bambini e delle bambine è lunga e anche piuttosto poco conosciuta e studiata, ma mi pare che spossa affermare che ben raramente è accaduto che i bambini, e a maggior ragione le bambine, siano stati/e educati/e dai loro genitori. Daniele Novara fa una rapida carrellata su questo tema. I bambini sono stati considerati innanzitutto come una risorsa delle famiglie contadine, dalle famiglie proletarie e in un senso un po’ diverso anche dalla famiglie borghesi e nobili. Le bambine sono state usate per costruire politiche di alleanze familiari, non solo a livelli regali. […] Si trattava di un’alleanza adulta orientata a inserire la nuova generazione in senso conformistico in una società gerarchica, piramidale, non certo di educare un cittadino autonomo, dotato del discernimento e delle competenze democratiche indispensabili nel funzionamento quotidiano di una società orizzontale. Questo secodo tipo di orientamento educativo, che non è certo nuovo, ma antichissimo, era, ed è tuttora, appannaggio di una minoranza, di una élite culturale" (pp. 24-25).
"La democrazia esiste, cioè non è solo qualcosa di scritto a parole, nelle leggi, ma esiste nella realtà, se e solo se i cittadini lavorano in questo senso, e io credo in particolare se e solo se i genitori esercitano il loro potere in senso democratico, cioè per costruire l’autonomia e la libertà dei figli, per permettere lo sviluppo delle loro potenzialità, e non al contrario per costruire la loro dipendenza, obbedienza e alienazione" (p. 31).