C’è la tentazione di rimanere inermi davanti ai conflitti che feriscono la nostra terra. I fronti di guerra aperti nel mondo sono 31, come si può leggere su War’s human cost. Global trend pubblicato sul sito del Unhcr: Iraq, Siria, Darfur, Repubblica Democratica del Congo, Ucraina per ricordarne alcuni.
Non possiamo correre il rischio di abituarci alle immagini inquietanti che scorrono quotidianamente i media. Ci sono morti, feriti, città devastate, monumenti storici millenari distrutti, che provano l’assurdità della violenza. C’è la tragedia dei bambini soldato: solo nella Repubblica Centro Africana Save the children stima il coinvolgimento di circa 10 mila bambini soldato.
“Siamo entrati nella Terza guerra mondiale, solo che si combatte a pezzetti, a capitoli” ha osservato l’anno scorso Papa Francesco. Lo scenario non è migliorato, purtroppo.
Sulle coste europee del Mediterraneo assistiamo allo sbarco di profughi in esilio; a volte vediamo gommoni con persone abbandonate a se stesse soccorsi in mare, altre volte relitti. “Solo nel 2014 il numero degli sfollati ammontava a oltre 33 milioni, concentrati soprattutto in Africa (12,5 milioni) e Asia (13,1 milioni). Questo numero sale a 51 milioni se si aggiungono le persone rifugiate e quelle che hanno fatto richiesta di asilo politico” si legge in L’atlante delle disuguaglianze, prodotto dalle Acli.
Di fronte alla sofferenza non ci si può tirare indietro. Siamo chiamati a gesti di pace per dare speranza, per rispondere al male con il bene. Per diffondere una cultura di pace vanno unite formazione e testimonianza.
Durante l’Angelus di Domenica 6 settembre 2015 Papa Francesco ha lanciato un appello che per il Giubileo della Misericordia ogni parrocchia accolga una famiglia di profughi. Un gesto per testimoniare la possibilità di umanizzare le relazioni, per diffondere uno stile di accoglienza nel dialogo.
Un dialogo da imparare perché nel dialogo è la prima soluzione del conflitto come scrive Johan Galtung “Il dialogo riguarda gli individui, non le categorie. De-umanizziamo il Tu personale, vedendo quell’individuo come rappresentante di una categoria, di un Esso impersonale. La risposta sta nell’avere molti dialoghi Io-Tu, per essere aperti sia a ciò che hanno in comune gli individui, ma anche alle differenze individuali” (Affrontare il conflitto. Trascendere e trasformare, 2014).
Per stimolare iniziative formative l’Istituto Toniolo propone un approfondimento su “I nuovi volti della guerra. Quali sfide per il diritto internazionale della pace?”, che si svolgerà venerdì 9 ottobre a Roma. Essere costruttori di pace significa anche capire le cause, i poteri e gli interessi dietro i conflitti per non essere complici e avere l’opportunità di smascherarli e denunciarli.