La politica italiana rispecchia e rappresenta un Paese che appare come un susseguirsi di furbeschi accaparramenti e calcoli sfuggenti che neanche l’essenziale rispetto delle leggi riesce più ad arginare. Siamo, direi, in caduta libera!
Le politiche di accoglienza dei migranti, la crisi Europea, i corpi intermedi, la scuola e la famiglia, i fenomeni corruttivi che hanno generato un sotto-sviluppo che sembra inarrestabile… l’elenco è solo approssimativo!
Abbiamo perso la consapevolezza della nostra identità. Non sappiamo più chi siamo e in che cosa – ancora – crediamo. Siamo quantomeno “timidi” nel seguire, perseguire ed indicare un’etica e un percorso di costruzione del bene da compiere assieme.
Le definizioni e le analisi prodotte per decifrare queste situazioni sono tutte utili ed interessanti, ma non sembrano sufficienti per trovare una soluzione: ancora troppo lontana. Si continuano, in tante sedi diverse, ad ascoltare valutazioni di tutti i tipi e per tutti i gusti, ma siamo ben lungi dalla scoperta di un orizzonte per cui valga la pena spendersi per cambiare. Nessuno sembra saper infondere il coraggio necessario per cercare strade nuove. Forse nessuno ci crede sino in fondo e i discorsi rimangono tali. Non convincono e tantomeno convertono.
Ci siamo adattati, abbassando l’asticella, per rimandare (disperatamente) il momento in cui questo sistema avrebbe annoverato anche noi tra gli scarti che produce.
In questa situazione di oggettiva confusione si inserisce il messaggio e la testimonianza di Papa Francesco, estremamente lucido e consapevole delle ragioni che hanno prodotto tutto questo. Una tridimensionalità di analisi che stupisce per quanto appare logica, innegabile ed immanente.
Le soluzioni, ci ricorda, esistono ma non possono prescindere dalla nostra conversione e dal rapporto che tale dimensione realizza con la realtà che ci circonda. La relazione con il mondo determina la nostra identità di cristiani. Costruire, quindi, artificiosamente distanze o favorire contrapposizioni tra queste dimensioni, non aiuta, anzi, facilita la definizione di identità deboli e quindi incoerenti. Abbiamo bisogno di convertirci alla realtà.
In questa dinamica non poteva non essere centrale il tema del lavoro che ha, per il Papa, un valore molto più ampio di quanto in genere gli viene attribuito. E’ nel lavoro che costruiamo quell’identità a cui Papa Francesco si riferisce come caratteristica peculiare dell’essere cristiano oggi.
La centralità della persona non è una semplice enunciazione di principio, ma un obiettivo per cui impegnarsi, per il quale spendersi con coraggio: lottare!
Questo non è più il tempo delle enunciazioni, ma delle persone, delle famiglie, dei giovani, dei poveri. Promuovere ogni persona, costruire futuro diventa la nostra missione. “Il lavoro” ha ricordato Papa Francesco a Torino “è fondamentale …… ed è necessario che l’intera società, in tutte le sue componenti, collabori, perché esso ci sia per tutti e sia un lavoro degno dell’uomo e della donna”. Appello simile e con gli stessi toni, in queste ore, è rivolto per la soluzione della crisi greca.
E’ dal lavoro che si riparte, allora, per declinare un umanesimo rinnovato, coerente e vivo. Non la solita forma un po’ vuota, diciamocelo, ma la vita delle persone come valore primario e finalmente ispirazione per un’identità contagiosa.
Papa Francesco è, per noi, una grande “fatica” e quindi una straordinaria opportunità. Lasciamoci convertire…