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Con l’elezione di Sergio Mattarella il pensiero cattolico-democratico, che tanti frutti ha dato al nostro Paese, si sostanzia nella più alta magistratura dello Stato. Segno di come questo filone culturale sia vivo nel paese e capace di contribuire allo sviluppo della società italiana. Dopo un ventennio di politica urlata, sale al Colle un uomo che appare l’opposto di quanto abbiamo malamente ascoltato in questi lunghi, interminabili, anni

E’ fatta, Sergio Mattarella è il nuovo Presidente della Repubblica Italiana. Egli è il dodicesimo Presidente, ma è anche il primo vero Presidente della seconda Repubblica.

Nonostante l’architettura istituzionale non sia toccata dalla riforma costituzionale, Mattarella è, nei fatti il primo Presidente di una Repubblica che, con mille incertezze, travagli e giorni bui, sta per portare in porto l’adeguamento della Costituzione formale e di quella materiale alle mutate necessità del tempo, senza per questo stravolgerne l’impianto.
Nei nove anni di presidenza di Napolitano le funzioni del Capo dello Stato si sono dilatate per sopperire alla diminuita autorevolezza politica del Parlamento e dei governi che si sono succeduti. Si è passati da una gestione “notarile” tipica del settennato di Gronchi, ad una molto più attiva e in qualche modo “direttiva” del novennato Napolitano.

Fino ad oggi infatti le prerogative del Presidente sono state definite “a fisarmonica”, nel senso che egli era chiamato a sopperire alle deficienze di indirizzo, bilanciamento e armonizzazione dei vari poteri dello Stato. “Re Giorgio”, come lo chiamano gli Inglesi in omaggio a Giorgio VI il sovrano vincitore della guerra, ha saputo interpretare questo ruolo in modo magistrale e perfetto.

Ma da oggi tutto cambia, perché cambia la Costituzione formale e materiale: monocameralismo e legge elettorale che prevede il premio di maggioranza alla lista, dunque un premier che guida governo e parlamento e che troverà nella sola figura del Capo dello Stato l’unico suo reale contropotere.

E’ a questo punto che le funzioni del Capo dello Stato cambieranno di nuovo: non più “notaio” o “sollecitatore” della politica, ma “arbitro “ quotidiano delle scelte di un forte potere esecutivo. Il bilanciamento dei poteri non avverrà più all’interno del Parlamento, nella dialettica tra partiti, ma solo tra le Istituzioni: premier, governo, parlamento da una parte e Presidenza della Repubblica dall’altra.

Con questa lettura Mattarella non sarà il dodicesimo Presidente, ma finalmente il primo di una seconda Repubblica che ha impiegato oltre venti anni per trovare finalmente il suo assetto definitivo. Renzi già si è accorto del mutamento che è in corso, tanto che nel discorso di presentazione della candidatura ai grandi elettori Pd ha avuto un passaggio molto eloquente a tale proposito “vogliamo un Presidente che sia capace di dire dei no anche a noi”.

Da dove deriva questa capacità di adattamento delle funzioni del Capo dello Stato?
I Padri costituenti stabilirono con l’articolo 90 l’irresponsabilità del Presidente della Repubblica riguardo agli “atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni” tanto che essi “devono essere controfirmati dai ministri proponenti che se ne assumono la responsabilità” (art 89).

Dunque, pur esercitando i poteri che derivano dall’articolo 87 (scioglie le Camere, autorizza a presentare DDL di iniziativa governativa, nomina i funzionari dello Stato, ha il comando delle Forze Armate, presiede il CSM, promulga le leggi, emana regolamenti e decreti aventi forza di legge, ecc.), il Presidente è irresponsabile di tutto questo: cioè non deve rendere conto a nessuno dei propri atti. Da qui deriva quel potere che a secondo delle circostanze, della sensibilità personale e del momento storico, il capo dello Stato esercita dilatandolo o restringendolo, oppure, da oggi in poi, di controllo quotidiano degli equilibri istituzionali di fronte alle possibili “tentazioni” di un Presidente del Consiglio rafforzato, di fatto eletto direttamente, e che controlla una unica camera.

Da questo punto di vista non sarebbe male se nel nuovo testo costituzionale, le funzioni di controllo e bilanciamento dei poteri affidate al Presidente fossero ampliate.

Tre considerazioni finali.

Il pensiero cattolico-democratico, che tanti frutti ha dato al nostro Paese, si sostanzia nella più alta magistratura dello Stato. Segno evidente come questo filone culturale sia vivo e radicato nel paese e che possa di nuovo contribuire allo sviluppo della società italiana.

Sergio Mattarella è siciliano doc come pure il presidente del Senato Piero Grasso. Mai era successo nella storia repubblicana che le prime due cariche dello Stato fossero ricoperte da siciliani. Questo non è solo il riconoscimento personale a due combattenti antimafia, ma sancisce che la lotta per l’affrancamento dalla servitù mafiosa è la lotta di tutto il popolo italiano e che essa è centrale per la vita democratica del paese; specialmente in questo momento che si scoprono forti infiltrazioni anche in regioni del Nord.

Dopo un ventennio di politica urlata, spesso becera e che di solito piegava le ragioni del diritto alla propria parte politica, sale alla più alta magistratura dello Stato un uomo che appare l’opposto di quanto abbiamo malamente ascoltato in questi lunghi, interminabili, anni. Gli italiani, rimasti in silenzio fino ad oggi, che la mattina si alzano e vanno a lavorare con onestà e rettitudine, orgogliosi e fieri del proprio lavoro, gli studenti che fanno le ore piccole sui libri, tutti coloro che svolgono diligentemente il loro dovere si sentiranno partecipi alla serietà e al rigore che ci indica la storia personale e familiare di Sergio Mattarella. Mi auguro che nani e ballerine vadano definitivamente in soffitta.

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