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Se cerchiamo un comun denominatore nelle ultime encicliche della dottrina sociale della chiesa lo troviamo senz’altro nella sottolineatura martellante del principio della fraternità. Questa non è una velleità di anime pie ma il principio chiave che può rendere la vita sociale ed economica più generativa e capace di costruire bene comune. Per realizzare quest’obiettivo sta a noi costruire tappe realizzabili di un percorso di incarnazione del principio nella vita sociale ed economica di tutti i giorni…

Se cerchiamo un comun denominatore nelle ultime encicliche della dottrina sociale della chiesa lo troviamo senz’altro nella sottolineatura martellante del principio della fraternità.

Non si tratta di un caso perché la dottrina sociale della chiesa è da sempre la riflessione della comunità credente che parte dall’attualità delle questioni sociali più drammatiche dei tempi che si vivono sottolineandone i limiti e le direzioni più urgenti di progresso verso il bene comune. In questi duecento anni e più infatti il pensiero socialista e quello liberale si sono combattuti sposando rispettivamente i due principi dell’eguaglianza e della libertà mentre, per usare un’espressione del teologo Pierangelo Sequeri, la fraternità è rimasta in sacrestia. Dalla Caritas in Veritate in poi l’importanza del principio di fraternità e il limite della sua scarsa considerazione nella cultura dei nostri tempi è stata sottolineata più volte fino ad arrivare ad un’enciclica, l’ultima Fratelli Tutti, che è un vero è proprio manuale non solo teorico ma anche ricco di consigli operativi, in materia di fraternità.

Perché e come la mancanza del principio di fraternità si fa sentire nella nostra vita sociale ed economica? La questione è molto semplice. Siamo esseri relazionali e la soddisfazione e la ricchezza di senso del nostro vivere dipendono dalla qualità della nostra vita di relazioni e dalla nostra generatività, ovvero dalla capacità delle nostre vite di contribuire positivamente alla soddisfazione e ricchezza di senso delle vite di altri esseri umani. La generatività non è altro che un principio di fraternità non solo spaziale ma anche intertemporale perché se siamo generativi creiamo le premesse per migliorare la vita non solo presente ma anche futura (ed è per questo che la transizione ecologica ha a che fare e come con il principio di fraternità).

Chi pensa che la fraternità sia qualcosa di accessorio o aspirazione velleitaria di anime pie non ha capito il segreto della fecondità della vita sociale ed economica che ha molto a che fare con essa. Parafrasando possiamo essere Messi o Cristiano Ronaldo ma se scendiamo in campo da soli non vinceremo mai nessuna partita. La vita (non solo quella sociale ma anche quella professionale ed economica) è uno sport di squadra e l’arte delle relazioni è la soft skill fondamentale che può decretare il successo o il fallimento dei nostri sforzi. Nella vita infatti partecipiamo continuamente a giochi di squadra (gruppi di studio, gruppi di lavoro in azienda, consorzi di imprese, costruzione o partecipazione a vita associativa) dove la questione più importante è mettere assieme esperienze, competenze e punti di vista non sovrapponibili ma complementari di diversi individui.

La teoria dei giochi ha individuato la tipologia di dilemmi sociali che spiega molto bene cosa succede quando il principio di fraternità manca e gli ingredienti di informazioni imperfette ed assenza di protezioni legali che possono garantirci da qualunque rischio di abuso della controparte producono la paralisi della sfiducia e il dilemma del fallimento del coordinamento. E’ per questo che il Nobel per l’economia Amarthya Sen (nella foto) definisce l’homo economicus, per assunzione del tutto privo di fraternità e unicamente attratto dalla crescita delle proprie dotazioni monetarie e materiali, un “idiota sociale”, ovvero un individuo non capace di quella superiore razionalità sociale che gli consente di trarre il massimo beneficio dalle relazioni e dai rapporti interpersonali. A ben vedere è proprio la fraternità che risolve il fallimento del coordinamento degli homines economici. Attraverso la logica del dono che genera gratitudine e stimola reciprocità si costruiscono progressivamente relazioni fraterne che diventano un vaccino contro il rischio del tradimento della fiducia che diventa via via più costoso man mano che la relazione cresce.

Più che soffermarci ancora a lungo sul principio ci interessa capire quali passi in avanti possiamo fare a partire da dove ci troviamo oggi per portare il principio di fraternità al centro della nostra cultura e della nostra vita politica, economica e sociale.

Il primo decisivo passo avanti è inserire la misura della fraternità e della generatività negli indicatori di benessere multidimensionale che orientano strategie e politiche. Possiamo avere reddito, salute ed istruzione ma senza qualità di vita di relazioni e generatività non siamo felici e la nostra vita è insoddisfacente e povera di senso. Se non impariamo a costruire indicatori di benessere che incorporano principi di fraternità e generatività non avremo misure di benessere multidimensionale capaci di orientarci nella direzione corretta e tale da creare le premesse per società che rendano possibile la fioritura della vita individuale. Abbiamo iniziato a percorrere questa strada con il rapporto per il ben vivere delle provincie italiane costruito assieme ad Avvenire e a Federcasse con Next e la Scuola di Economia Civile in occasione del festival nazionale dell’economia civile. Questi indicatori devono diventare capaci di orientare priorità e definire la qualità dei progetti nelle scelte della programmazione dei prossimi anni su partite essenziali come la programmazione europea 21-27 e il Next Generation EU.

Il percorso di fraternità può e deve incidere non solo nella formulazione degli obiettivi delle scelte di policy ma anche nei processi di costruzione delle stesse. La partecipazione e la costruzione di reti di portatori d’interesse sono la via fondamentale per incarnare la fraternità nei processi decisionali.

Un tema decisivo affinché la fraternità possa veramente contribuire a costruire un nuovo paradigma culturale ed economico è il suo incontro/scontro con il principio di concorrenza che è un pilastro a cui il sistema capitalista non può assolutamente rinunciare. Come si può conciliare l’aspirazione alla fraternità con la concorrenza ? Proviamo a spiegarlo con una metafora sportiva. Le partite di calcio o le competizioni sportive in generale fanno parte della qualità e della bellezza del nostro vivere. I valori della sana competizione sportiva ci stimolano a migliorare le nostre capacità ed a confrontarci con quelle degli altri. Nelle gare sportive però ci sono regole ferree. In una partita di calcio ci sono regole, c’è un arbitro chiamato a farle rispettare. Queste regole impediscono che a vincere sia la squadra che pur di farlo mette in atto comportamenti scorretti (mettendo per esempio a rischio l’incolumità degli avversari). Le regole fanno sì che la competizione sia sana e avvenga in un contesto di fraternità (bella la tradizione del rugby del terzo tempo dove alla fine di una partita gli avversari si salutano scambiandosi il segno di mano).

La concorrenza economica nell’era della globalizzazione assomiglia molto di più ad una competizione sportiva povera di regole (o almeno di quelle che sarebbero fondamentali per garantire che la gara si sviluppi in un contesto di dignità del lavoro e sostenibilità ambientale). Non ci sono regole abbastanza forti ed arbitri in grado di applicarle. La corsa al ribasso sulle regole diventa allora la strategia vincente per imporsi e un’impresa che, a parità di altre qualità, trova il modo per evadere il fisco, non pagare il costo della sostenibilità ambientale e pagare meno possibile il lavoro ha partita vinta. Ed è anche questo che contribuisce alla cattiva nomea della concorrenza nell’opinione di molti. La rivincita del principio di fraternità vuol dire alzare l’asticella affinché la competizione tra imprese non possa prescindere da responsabilità sociale, fiscale e ambientale.

Un primo banco di prova sul quale la fraternità può prendersi la rivincita è quello della border carbon tax. L’Unione Europea prevede che essa potrà alimentare dal 2023 la raccolta di risorse necessarie per finanziare il piano Next Generation EU. Concretamente essa significa una protezione contro il dumping sociale ed ambientale perché imprese che vogliono esportare sul mercato dell’UE i proprio prodotti devono rispettare i nostri standard ambientali o altrimenti pagare una imposta maggiorata al consumo. L’elezione del nuovo presidente USA Joe Biden è un’occasione formidabile affinché la border carbon tax possa diventare un’iniziativa comune di due aree economiche mondiali che fanno da sole il 40% del mercato del pianeta. E la sua affermazione potrebbe finalmente iniziare a costruire regole del gioco di qualità che impediscano la vittoria di chi gioca scorretto abbassando il proprio prezzo a costo di creare effetti ambientali negativi che poi tutti paghiamo.

La fraternità non è una velleità di anime pie ma il principio chiave che può rendere la vita sociale ed economica più fertile e capace di costruire bene comune. Per realizzare quest’obiettivo sta a noi costruire tappe realizzabili di un percorso di incarnazione del principio nella vita sociale ed economica di tutti i giorni.

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