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L’attualità di Gandhi sta proprio nella speranza che quanto è accaduto una volta possa realizzarsi ancora, e ancora, e ancora, se qualcuno vuole seguire la strada dei suoi insegnamenti. Egli è stato un uomo umile, religioso, consapevole della forza dell’amore, della possibilità di praticare la non-violenza come metodo. La sua è stata una ricerca costante della verità, imparando anche dai propri errori…

Mohandas Karamchand Gandhi, nato a Porbandar il 2 ottobre 1986 e ucciso a Nuova Dehli il 30 gennaio del 1948, è considerato uno dei fondatori della non-violenza, soprattutto perché l’ha praticata concretamente in tutta la sua vita. E alla pratica, e ai suoi successi sia in Sud Africa che, in modo particolare, in India, non si può mai dare torto. È successo e quindi è possibile che succeda ancora.

La sua attualità sta proprio nella speranza che quanto è accaduto una volta possa realizzarsi ancora, e ancora, e ancora, se qualcuno vuole seguire la strada dei suoi insegnamenti. Gandhi è stato un uomo umile, religioso, consapevole della forza dell’amore, della possibilità di praticare la non-violenza come metodo.

La sua è stata una ricerca costante della verità, imparando anche dai propri errori:

«Le opinioni che mi sono formato e le conclusioni a cui sono giunto non sono definitive. Potrei modificarle in qualsiasi momento; non ho niente di nuovo da insegnare al mondo. La verità e la non-violenza sono antiche come le colline. Ho solo tentato di metterle in pratica su scala più vasta possibile. A volte ho sbagliato, ma ho imparato dai miei errori. La vita e i suoi problemi sono divenuti così per me il terreno su cui sperimentare nella pratica la verità e la non-violenza». («Harijan», 28 marzo 1936)

Spiegando la sua decisione di non subire più le ingiustizie inglesi, nel 1920 decise di intraprendere una nuova strada consapevole che:

«la ragione non è sufficiente ad assicurare cose di fondamentale importanza per gli uomini, che devono essere conquistate attraverso la sofferenza. La sofferenza è la legge dell’umanità, così come la guerra è la legge della giungla. Ma la sofferenza è infinitamente più potente della legge della giungla, ed è in grado di convertire l’avversario e di aprire le sue orecchie, altrimenti chiuse, alla voce della ragione. Nessuno probabilmente ha redatto più petizioni o difeso più cause perse di me, e posso dirvi che quando volete ottenere qualcosa di veramente importante non dovete solo soddisfare la ragione, ma toccare i cuori. L’appello della ragione è rivolto al cervello, ma il cuore si raggiunge solo attraverso la sofferenza. Essa dischiude la comprensione interiore dell’uomo. La sofferenza, e non la spada, è il simbolo della razza umana». («Young India», 5 novembre 1931)

Alla richiesta di definire la non-violenza Gandhi, ormai avanti nella sua esperienza umana e spirituale, ha provato a sintetizzarla così:

«Non credo dunque sia presuntuoso da parte mia voler tracciare sinteticamente le caratteristiche e le condizioni del successo della non-violenza.

Esse sono:

1) La non-violenza è la legge della razza umana ed è infinitamente più grande e più potente della forza bruta.

2) Essa non può essere di alcun aiuto a chi non possiede una fede profonda nel Dio dell’Amore.

3) La non-violenza offre la più completa difesa del rispetto di sé stesso e del senso dell’onore dell’uomo, ma non sempre garantisce la difesa della proprietà della terra e di altri beni mobili, sebbene la sua pratica continua si dimostri anche nella difesa di questi ultimi un baluardo migliore del possesso di uomini armati. La non-violenza, per la sua stessa natura, non è di nessun aiuto nella difesa dei guadagni illegittimi e delle azioni immorali.

4) Gli individui e le nazioni che vogliono praticare la non-violenza debbono essere pronti (le nazioni fino all’ultimo uomo) a sacrificare tutto tranne il loro onore. La non-violenza, dunque, è incompatibile con il possesso di paesi di altri popoli; vedi ad esempio l’imperialismo moderno, il quale deve chiaramente basarsi sulla forza per difendersi.

5) La non-violenza è un potere che può essere posseduto in egual misura da tutti – bambini, ragazzi, ragazze e uomini e donne adulti, posto che essi abbiano una fede profonda nel Dio dell’Amore e che quindi possiedano un uguale amore per tutto il genere umano. Quando la non-violenza viene accettata come legge di vita essa deve pervadere tutto l’essere e non venire applicata soltanto ad azioni isolate.

6) È un profondo errore supporre che questa legge sia applicabile per gli individui e non lo sia per le masse dell’umanità»

(«Harijan», 5 settembre 1936)

Gandhi ha poi voluto specificare cosa intendesse per satyagraha (insistenza per la verità):

«Il termine satyagraha è stato coniato da me in Sud Africa per definire la forza che in quel paese gli indiani utilizzarono per ben otto anni, e fu coniato con lo scopo di distinguere tale forza dal movimento che allora si andava sviluppando in Inghilterra e in Sud Africa con il nome di Resistenza Passiva.

Il suo significato profondo è l’adesione alla verità, e dunque la forza della verità. L’ho definito anche forza dell’amore o forza dell’anima.

Nell’applicazione del satyagraha ho scoperto fin dai primi momenti che la ricerca della verità non ammette l’uso della violenza contro l’avversario, ma che questo deve essere distolto dall’errore con la pazienza e la comprensione.

Infatti, ciò che sembra la verità ad uno può sembrare un errore ad un altro. E pazienza significa disposizione a soffrire. Dunque, il senso della dottrina è la difesa della verità attuata non infliggendo sofferenze all’avversario ma a sé stessi. […]

Per questo satyagraha per la maggior parte della gente significa Disobbedienza Civile o Resistenza Civile. È civile perché non è criminale».  («Young India», 14 gennaio 1920)

«Una lunga esperienza mi ha convinto che non vi è altro Dio che la Verità. E se ogni pagina di questo libro non fa intendere al lettore che il solo mezzo per la realizzazione della Verità è l’ahimsa, dovrò giudicare vana tutta la fatica spesa nello scrivere quest’opera. […] Ma in base a tutta la mia esperienza posso dire con certezza questo, che una visione perfetta della verità può derivare soltanto da una completa realizzazione dell’ahimsa. Finché un uomo non si pone di propria spontanea volontà ultimo tra i suoi simili, per lui non c’è salvezza. L’ahimsa è il culmine dell’umiltà». (Dall’Autobiografia)

Gandhi ha anche scritto due lettere a Hitler (il 23 luglio 1939 e il 24 dicembre 1940) chiamandolo «Caro amico» e chiedendogli di non proseguire sulla via nella violenza. Non abbiamo testimonianza se Hitler gli abbia risposto o meno.

Dalle parole e dalla pratica di Gandhi della non-violenza possiamo quindi trarre alcuni insegnamenti fondamentali:

  • la ricerca della verità in ogni situazione storica a partire dalla propria condizione personale e di popolo;
  • l’amore come legge universale che è più forte della forza e della violenza;
  • la sofferenza subita come modo per arrivare al cuore di colui che impone con la forza un dominio ingiusto;
  • che tutti gli uomini e le donne, a qualunque età, possono praticare la non-violenza;
  • che ci si può e ci si deve difendere anche con la forza, soprattutto se rivolta contro terzi, ma che la non-violenza è sempre superiore alla violenza;
  • che tutti gli uomini si possono convertire alla fondamentale legge dell’amore.

Senza una conversione personale e di popolo alla legge dell’amore e della verità, che si sia credenti oppure no, non è possibile praticare la non-violenza e nemmeno chiedere ad altri di praticarla.

La non-violenza è un cammino di purificazione del proprio cuore da qualsiasi risentimento nei confronti dell’altro, in particolare di colui che infligge violenza.

Per tutti questi motivi Gandhi è stato motivo di ispirazione per altre persone e in altre lotte non-violente: negli Stati Uniti da Martin Luther King per i diritti dei neri e la fine della segregazione razziale, da Mandela in Sud Africa per la fine del regime di apartheid, per esempio, ma non solo. E può essere ancora oggi di ispirazione per chiunque ami la verità e sia disposto a mettersi in gioco in prima persona.

 

Per approfondire:

  1. K. Gandhi, Autobiografia (varie edizioni)
  2. K. Gandhi, Teoria e pratica della non violenza, Einaudi, Torino 1973 e 1996 (con un saggio introduttivo di Giuliano Pontara)
  3. K. Gandhi, Antiche come le Montagne (varie edizioni)

Mahatma Gandhi – Lev Tolstoj, Più forte degli uomini. Lettere 1909-1910. Con Lettera a un indù di Tolstoj e Lettere a Hitler di Gandhi, Bordeaux, Roma 2023

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