Il libro di Piero Graglia, professore ordinario del dipartimento di studi internazionali dell’Università Statale di Milano, intitolato L’Unione europea. Uno sguardo oltre la siepe dei nazionalismi risorgenti, è un sintetico e puntuale sussidio di accesso al funzionamento delle istituzioni dell’UE. L’intenzione dichiarata a partire dal titolo è quella di offrire al lettore una conoscenza degli organismi che muovono le politiche europee, per sottrarle ai pregiudizi alimentati da alcune narrazioni portate avanti da nazionalismi fuorvianti.
Con un linguaggio accessibile e un carattere discorsivo vengono trattati i valori fondamentali, le istituzioni nell’attualità e nella loro evoluzione storica e alcuni nodi non ancora sciolti che rappresentano le prossime sfide.
A complemento della pubblicazione ci sono l’introduzione di Emiliano Manfredonia, Presidente nazionale delle ACLI e una conclusione di Matteo Bracciali, Vicepresidente e Segretario generale FAI.
Questo testo, riassumendo le ragioni fondative dell’Unione europea, fa «un servizio molto utile in un contesto dove c’è troppa poca conoscenza del funzionamento e dell’importanza dell’UE. […] Le vicende politiche di questi anni, a partire dalla cosiddetta Brexit, hanno dimostrato che l’Europa non è scontata, ma che nello stesso tempo è necessaria e deve tornare ad essere popolare» (Introduzione, pp. 7-9).
Rivolgendosi a lettori raggiunti da una molteplicità di messaggi mediatici, l’autore cerca di fare chiarezza e offrire chiavi di lettura con uno sguardo attento ai cittadini europei e italiani. Molte delle questioni che vengono trattate «in Europa» ci riguardano direttamente, anche quando non sempre c’è una percezione diretta di quanto avviene a Strasburgo, a Bruxelles e in altri territori dell’Unione o la consapevolezza della rilevanza dei processi che si sviluppano in quelle istituzioni. Per quanto riguarda queste ultime viene descritto il loro funzionamento con dovizia di particolari, sottolineandone i pregi e gli aspetti critici.
È interessante notare «come l’Unione europea rappresenti nel suo insieme un’“anomalia” del diritto internazionale. I trattati istitutivi delle comunità hanno, infatti, determinato la nascita di un soggetto che, pur essendo sorto per accordo volontario tra Stati sovrani, ha nel tempo acquisito competenze e poteri inediti rispetto a quelli delle tradizionali organizzazioni internazionali» (pp. 53-54). La base del funzionamento di questa costruzione è il «diritto comunitario», cioè l’insieme delle leggi, delle disposizioni che disciplinano il funzionamento dell’Unione europea, di cui la Corte di giustizia è garante.
In un itinerario che passa attraverso la Commissione, chi fa la politica estera, la distinzione tra Consiglio (dei ministri europei) e Consiglio europeo (capi di Stato o di governo), il ruolo del Parlamento, della BCE e la burocrazia, viene messa in mostra la politica dell’evoluzione nella collaborazione tra Stati verso un’innovativa forma di patto federativo.
«Nel corso dell’ultimo decennio l’Unione europea ha assunto responsabilità e compiti che non sono precisamente indicati all’interno dei trattati. Questo fatto è diretta conseguenza dell’essere l’Unione un soggetto in continua evoluzione, che spesso sopravanza le decisioni e le intenzioni che maturano all’interno del suo organo propositivo principale, la Commissione europea, e di altre istituzioni. Di fronte alle crisi decisive e importanti, la storia dell’integrazione europea ci mostra che prima le Comunità e poi l’Unione hanno sempre reagito in maniera proattiva; che si trattasse di crisi economiche ed energetiche come quelle degli anni Settanta, o di crisi del tutto nuove, come ad esempio la pandemia di Covid-19, c’è sempre stata una reazione originale, piena di inventiva e tale da indurre delle modifiche permanenti al sistema dell’integrazione» (pp. 62-63).
Un esempio emblematico del rapporto tra sfide e progressioni riguarda il «Next Generation EU» dove la novità è che «per la prima volta nella storia dell’integrazione europea l’Unione è stata in grado di emettere debito pubblico, presentandosi quindi come un attore “sovrano”, responsabile delle risorse che reperisce e distribuisce, estremamente intraprendente e attivo. A chi dice che l’Unione europea non può affrontare problemi globali come il cambiamento climatico andrebbe risposto che l’aspetto interessante dell’Unione come attore sovranazionale è che spesso i metodi per risolvere i problemi li inventa al di fuori degli schemi consueti, dimostrando un’intraprendenza e una capacità di adattamento – è di moda in questo periodo usare la parola “resilienza” – incomparabilmente più efficaci dell’azione di qualsiasi Stato europeo» (pp. 66-67).
Se ci si vuole addentrare nella nascita e nel vivo di questi meccanismi decisionali con le dinamiche politiche che li animano, questo libro è consigliato per potersi introdurre e orientare nel panorama politico-istituzionale europeo.
«Il consiglio che darei a qualsiasi giovane che vuole conoscere e partecipare, senza essere oggetto bensì aspirando a diventare soggetto dei processi decisionali, è quello di informarsi e studiare a fondo il sistema dell’Unione europea, perché, in fondo, il pessimo cittadino non è una categoria dello spirito, bensì è la diretta conseguenza di disinteresse, disinformazione, ignoranza; senza dimenticare che il pessimo cittadino disinformato fa comodo a chi detiene quegli strumenti per avere il controllo di processi decisionali spesso liquidati come “incomprensibili”»(pp. 75-76).
Si può partire da questo libro e dalla bibliografia indicata in appendice.
Piero Graglia, L’Unione europea. Uno sguardo oltre la siepe dei nazionalismi risorgenti, Moltefedi, Centro Formazione e Lavoro A. Grandi, Bergamo 2024, pp. 93, euro 10,00.