Sono abbastanza vecchio da ricordarmi un mondo molto diverso da quello in cui mi trovo a vivere. Un mondo in cui noi ragazzi gestivamo da soli l’attività fisica giocando a pallone in strada o in oratorio senza bisogno che mamma ci accompagnasse e ci venisse a riprendere in palestra e in piscina. Dove tra pari imparavamo a stare al mondo con i relativi obblighi di buona convivenza. Se qualcuno se la prendeva con un ragazzo più debole e indifeso non si parlava di bullismo, semplicemente il torturatore non faceva una bella figura con il resto del gruppo (‘te la sai prendere con lui che non ti sa rispondere eh ?’) e veniva fatto smettere, se necessario anche con l’uso di una (moderata e sacrosanta) lezione fisica.
Qualsiasi adulto ci trovasse a rompere un vetro giocando a pallone si sentiva autorizzato a redarguirci e se mai mollarci uno scapaccione (con l’approvazione dei genitori). Delle ragazze avevamo ammirazione e timore e le guardavamo con un misto di desiderio e adorazione, conquistarne (anche solo un briciolo) di considerazione, se non di intimità, era qualcosa che ci rendeva felici per settimane. A scuola imparavamo a scrivere in buon italiano e a far di conto e consideravamo i (rari) intermezzi retorici (educazione civica, celebrazioni laiche e religiose) come semi vacanze.
Il carattere del ‘Laudator Temporis Acti’ , di chi esalta un passato mitico nei confronti di un presente squallido, è stato definito perfettamente circa duemila anni fa dal poeta Orazio, che attribuisce questa qualità agli anziani, considerandola uno dei tanti malanni da cui è affetta l’età senile. Insomma, è giustamente da considerare un vizio, di cui le righe che avete appena letto sono una sfacciata dimostrazione.
Solo che….solo che mi preoccupa vedere le nuove generazioni (e non solo) delegare la propria vita a qualcun altro: l’accorata richiesta da parte dei ragazzi (dove chi se lo può permettere è in terapia da uno psicologo o da uno psichiatra) di uno sportello psicologico in ogni scuola, è un brutto segno così come l’aumento dei suicidi (soprattutto maschili) in età giovanile. C’è sempre un ‘esperto’ che ne sa più di me della mia vita, sia esso l’allenatore di ginnastica, il dietologo, lo psicologo, il pedagogo che discetta sul bullismo e sulla violenza.
Potrebbe essere una meraviglia (pensate a quante parole si sono dette sulle magnifiche sorti della futura ‘società della conoscenza’) se non fosse che la ‘ragione degli effetti’ ci dica il contrario: la delega agli esperti produce (a seconda dei campi) obesità, depressione, violenza immotivata, problemi nei rapporti con l’altro sesso, ignoranza diffusa (sono anni che gran parte degli iscritti ai concorsi in magistratura non supera la prova scritta per manifesta incapacità di produrre un testo chiaro e conseguente).
Il problema è che questi esperti, della vita non sanno nulla e, anche se per esperienza personale ne sapessero, di solito preferiscono applicare ciò che hanno appreso in ambienti artificiali come convegni, aule di master, seminari. Le proposte che sentiamo per risolvere i problemi a cui ho accennato sono coincidenti con i veleni che li hanno provocate: a scuola si va per essere imboniti sulla morale delle cosiddette élite (non per imparare a pensare con la propria testa), l’attività fisica deve essere svolta in un ambiente controllato (non essere spontanea conseguenza della voglia di stare insieme), la violenza è sempre da rifiutare (non una normale attitudine umana che deve essere incanalata al bene).
Se tu lettore o lettrice sarai (almeno un pochino) in consonanza con queste argomentazioni e condividerai la mia preoccupazione che quello che si profila è la costruzione dell’uomo perfetto per un nuovo totalitarismo dell’assenso, scuserai certamente questo noioso vecchio barbogio.
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