Gli elettori romani, prima che premiare Alemanno, hanno voluto dare un segnale inequivoco. Chi si illudeva che Roma fosse per il centrosinistra "cosa nostra" dopo 15 anni e’ stato smentito da un elettorato che ha semplicemente espresso una domanda di cambiamento. E ha sbagliato chi ha chiesto a Rutelli di continuare la dinastia romana del centrosinistra certo che l’elettorato non avrebbe mai consegnato la capitale alla destra.
Non so se esista in Europa un caso simile, di una capitale riconsegnata dopo 15 anni al vincitore di tre lustri prima. Gli elettori, votando, astenendosi o dando – in forma simmetrica e contraria a quella suggerita da Andreotti (che aveva dichiarato di votare per Rutelli al comune e per il candidato del centrodestra alla Provincia) – il voto disgiunto, hanno suggellato questo esito elettorale.
Sulla vittoria di Alemanno ha certamente pesato l’effetto-trascinamento delle recenti elezioni politiche e la voglia di sicurezza, ordine e cambiamento.
Hanno pesato pure l’indignazione e la paura per i recenti stupri.
Ma occorre con lucidità guardare alle proporzioni di questo risultato elettorale.
I numeri sono particolarmente eloquenti.
I rapporti di forza tra Rutelli e Alemanno sono il capovolgimento di quelli del 1993 tra Rutelli e Fini.
Rutelli ha preso nel 2008 la percentuale di voti che Fini conquistò nel lontano 1993 e cioè il 46 per cento.
Alemanno ha ottenuto il 28 aprile il 53 per cento dei voti dei romani, la stessa percentuale con cui Rutelli sconfisse Fini nel 1993, prima dell’inizio del ventennio berlusconiano (1994-2013).
Veltroni solo due anni fa, nel 2006 ottenne il voto di ben 921mila romani.
Rutelli nel 2008 ha ottenuto il voto da parte di 676mila romani.
In soli due anni e’ fuggito il consenso di oltre 250mila elettori.
Un dato tanto macroscopico invita a riflessoni profonde.
Aveva senso la boria con cui Rutelli prima del ballottaggio sottolineava l’imprendibile distacco nel voto del 13 aprile di ben 83mila voti?
Alemanno nel 2006 contro Veltroni ha preso 556 mila voti. Solo due anni dopo ben 783mila. Quasi 230mila voti in più.
Sono numeri che parlano. E indicano che l’elettorato non voleva subire la continuazione della stessa dinastia che aveva governato Roma per 15 anni.
D’altro canto vi sono situazioni speculari. Il centro sinistra ha conquistato Vicenza e tenuto Udine (dopo la pesante sconfitta di Illy nelle regionali del Friuli) perche’ ha saputo ascoltare gli elettori.
Rutelli ha dichiarato stupito che al suo bottino elettorale mancano 55mila voti di sinistra. Sono i voti in più rispetto a Rutelli che ha preso in citta’ Zingaretti, vincitore per il centro sinistra nella Provincia di Roma.
Ma il distacco di 7 punti tra Alemanno e Rutelli rende questi voti inutili ma significativi.
Manifestano un malessere nell’elettorato del centro-sinistra.
Ma esprimono anche una voglia di "rupture" e discontinuita’ che si e’ incarnato, dopo il sindaco postcomunista, nella vittoria del sindaco postfascista.
Un ultimo elemento va considerato. La vocazione al suicidio della Sinistra Arcobaleno. Non contenta di essere sparita in Parlamento pare essersi vendicata come le mogli che tagliano ai mariti gli attributi, negando (se si esamina con cura il risultato nei municipi) il consenso al candidato di centro-sinistra.
E l’infelice battuta di Rosi Bindi sul colpevole accenno di Rutelli alle allenaze "di nuovo conio" ne espime altrettanto chiaramente lo spirito.
La politica e’ fatta di sconfitte e di vittorie.
E spesso dalle sconfitte si trovano le energie per rigenerarsi.
Ma per rinascere, prima, occorre riflettere.