Il tema della povertà ha nel nostro paese una lunga narrazione che ha inizio, almeno nell’Italia unita, con un viaggio. Nel 1902 l’allora presidente del Consiglio Giuseppe Zanardelli si recò nella regione più povera del tempo: la Basilicata. Al termine della visita, constatò che la miseria non era un fattore di destabilizzazione sociale, ma una condizione di deprivazione materiale derivante dall’arretratezza e dal mancato sviluppo territoriale. Rientrato a Roma, si adoperò da subito per dare risposta alle tante invocazioni di aiuto rivoltegli dalla popolazione lucana.
Ho iniziato il mio editoriale con questa evocazione storica perché l’introduzione del reddito di inclusione anche nel nostro Paese è un evento di portata storica, che ha visto finalmente il mondo politico fare la sua parte, come avvenne ad inizio secolo grazie alla lungimiranza di Zanardelli.
Si apre quindi una nuova fase. Con la pubblicazione del decreto legislativo n.147 del 15 settembre 2017, l’Italia ha per la prima volta nella sua storia una legge sulla povertà. Il Reddito di Inclusione (REI) è una misura unica nazionale di contrasto alla povertà, che è possibile richiedere dal scorso 1 dicembre: sostituisce il Sia (sostegno per l’inclusione attiva) e l’Asdi (Assegno di disoccupazione).
Come osserva Roberto Rossini, Presidente nazionale delle Acli e portavoce dell’Alleanza contro la povertà, “quella del REI è una misura rivoluzionaria per parecchi motivi. Ed è anche una misura moderna e contemporanea. Prima di tutto perché è strutturale e quindi è duratura. Questo è un fatto che nell’ambito della lotta alla povertà non è così scontato. La seconda ragione è che questa misura non si limita solo a curare le conseguenze della povertà ma si occupa anche delle cause che la provocano”.
Per questo motivo la redazione del nostro sito ha voluto dedicare il focus del mese di dicembre 2017 all’introduzione del Reddito di Inclusione (REI) chiedendo ad esperti e uomini politici di rispondere ad alcune domande: Il REI, per come è stato pensato, favorisce un incontro tra politiche attive del lavoro e politiche di welfare. In che modo? Con quali obiettivi? In che senso può favorire lo sviluppo di sistemi di welfare più equi e adeguati ai contesti territoriali? Quale ruolo può giocare il terzo settore? Quale ruolo strategico può avere la Rete della protezione e dell’inclusione sociale introdotta dal decreto legislativo n. 147? Quali misure possono accompagnare l’introduzione del REI per consentire una sostanziale riduzione delle situazioni di disuguaglianza presenti nei diversi contesti territoriali?
Iniziamo con Roberto Rossini (Presidente nazionale delle Acli e portavoce dell’Alleanza contro la povertà in Italia) che osserva come “l’Alleanza contro la povertà in Italia non si è limitata ad elaborare e a proporre un piano strutturale e universale rivolto a chi versa in condizioni d’indigenza ma, attraverso un dialogo costante e costruttivo con le forze politiche e le istituzioni competenti, ha raggiunto l’obiettivo di rendere il tema della lotta alla povertà una questione prioritaria per il Paese”.
Proseguiamo con Danilo Catania (Ricercatore dell’Iref) che sottolinea come “per il bene del neonato REI c’è bisogno di uno scambio di dati e di informazioni tra i diversi soggetti interessati”.
Liliana Leone (Ricercatrice del CEVAS – Centro di ricerca e valutazione nel sociale) osserva come “la valutazione dell’implementazione del SIA, realizzata dall’Alleanza contro la povertà in Italia, intendeva sostenere un dibattito informato sulle politiche di contrasto della povertà e poneva al centro dell’attenzione l’adeguatezza dei processi di rafforzamento amministrativo e di infrastrutturazione dei servizi degli Ambiti Territoriali Sociali (ATS); prerequisito essenziale per una efficace azione della misura di contrasto della povertà“.
Maurizio Ferrera (Professore ordinario di Teoria e Politiche dello Stato Sociale, Università degli studi di Milano) sostiene come “l’introduzione del Rei rappresenti un importante punto di svolta per lo stato sociale italiano. La lotta alla povertà va condotta su più fronti. Lavoro e welfare innanzitutto. E poi istruzione, formazione, conciliazione, servizi per le famiglie, incentivi alla creazione di nuovi mercati“.
Cristiano Gori (Professore associato di politica sociale presso l’Università di Trento e Ideatore e Coordinatore scientifico dell’Alleanza contro la Povertà in Italia) dopo aver sottolineato l’importanza dell’approvazione della legge sul Rei, ricordando il grande lavoro dell’Allenza contro la povertà in Italia e delle Acli, sottolinea come “il concentrarsi sulla dimensione attuativa è una sfida enorme, ma è anche al tempo stesso il passaggio obbligato perché una grande riforma come questa riesca a radicarsi“.
Antonio Decaro (Presidente dell’ANCI) sottolinea come “il Rei, oltre a segnare di fatto l’abbandono delle politiche di welfare meramente assistenziali, avvia la realizzazione di un’integrazione operativa e a rete tra i servizi socioassistenziali, i servizi per l’impiego e tutti gli altri servizi territoriali”
L’ onorevole Annamaria Parente (PD) osserva come “una legge non basta a rendere la carità un’azione politica. Per fare della carità la forma politica di contrasto alla povertà, essa deve essere vissuta come innovazione sociale per superare le difficoltà sui territori”.
L’onorevole Mario Marazziti (DES-CD), dopo avere ricostruito l’iter parlamentare che ha portato all’approvazione della legge che introduce il Rei, osserva: “è la prima volta nella storia dell’Italia repubblicana che c’è una misura universalistica di lotta alla povertà assoluta, con un sostegno in denaro e, assieme, percorsi che dovranno essere personalizzati di inclusione sociale, riattivando i centri per il lavoro e il sostegno e l’assistenza sociale nei comuni, nei quartieri”.
L’onorevole Maurizio Sacconi (AP-CpE-NCD) dopo aver presentato alcune riserve sul Rei afferma che “in ogni caso il terzo settore ha un ruolo insostituibile perché è il solo a poter garantire il calore relazionale”.
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